Si torna all’ora solare. Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre, alle 3, le lancette dell’orologio retrocedono di un’ora. Praticamente il contrario di quanto abbiamo vissuto in primavera. Dormiremo (quella notte) un’ora di più. E le ore di luce, invece che mantenersi più a lungo la sera, tenderanno a rendere più chiaro il mattino nel periodo autunno-inverno.
Ma per chi è particolarmente sensibile ai mutamenti, questa sorta di “piccolo jet-lag potrà dare qualche fastidio in termini di ritmi del sonno? Si potranno riprodurre quelle condizioni che in primavera hanno portato alcune persone ad avere bisogno di piccoli “aiutini” per cadere tra le braccia di Morfeo? Insomma, sentiremo il bisogno di “sincronizzare” i nostri bioritmi che le lancette dell’orologio? Ecco la risposta che viene da una ricerca italiana sul tema.
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In autunno meglio che in primavera
Il ritorno all’ora solare in autunno sembra avere conseguenze più contenute e talvolta persino favorevoli, con un temporaneo aumento delle ore di sonno. Quindi, per chi teme di dover soffrire d’insonnia, siamo di fronte ad una buona notizia.
Ad offrire questa speranza ai soggetti particolarmente sensibili è una revisione sistematica, cioè un’analisi che raccoglie e valuta in maniera critica tutti gli studi disponibili su un determinato argomento, pubblicata sulla rivista Sleep Medicine Reviews.
A realizzare questo studio un gruppo di ricercatori guidato dal Centro di Medicina del Sonno dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, in collaborazione con Università di Pavia, Fondazione Mondino, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università Uninettuno e Università di Genova. Gli studiosi hanno hanno esaminato 27 studi condotti in diversi Paesi, mettendo in luce un quadro articolato.
Le conseguenze del passaggio primaverile all’ora legale appaiono più nette: riduzione della durata del sonno, maggiore frammentazione e incremento della sonnolenza diurna. Gli effetti risultano particolarmente marcati negli individui con cronotipo serale, i cosiddetti “gufi”, che tendono a coricarsi tardi e a soffrire di più lo spostamento dell’orologio sociale. Al contrario, il ritorno all’ora solare in autunno sembra avere conseguenze più contenute e talvolta persino favorevoli, con un temporaneo aumento delle ore di sonno.
“La nostra revisione – dice Andrea Romigi, neurologo del Neuromed – mostra come i cambi stagionali dell’orologio incidano sulla qualità del riposo, soprattutto in primavera. Si tratta di effetti in genere transitori, ma che, se ripetuti ogni anno, possono contribuire a un disallineamento tra i ritmi biologici e quelli sociali. Capire questi meccanismi è essenziale per orientare politiche sanitarie e sociali più rispettose della fisiologia del sonno”.
La risposta è sempre soggettiva
Attenzione. Anche se in autunno con il ritorno all’ora solare gli “sconquassi” sui bioritmi del sonno paiono essere meno significativi, le ricerche in tutto il mondo dicono che i cambi stagionali, in particolare quello primaverile, hanno effetti misurabili sul sonno e sulla vigilanza.
La mancanza di studi basati su polisonnografia, la tecnica di riferimento per analizzare il sonno, rende ancora più importante promuovere indagini future più ampie e standardizzate, capaci di chiarire meglio anche le conseguenze a lungo termine. Gli autori sottolineano che gli studi finora condotti presentano alcune limitazioni: campioni ridotti, metodologie differenti e strumenti di rilevazione non sempre comparabili.
Nonostante ciò, la revisione permette di individuare tendenze comuni e fornisce una base solida per orientare nuove ricerche. In prospettiva, questo tipo di indagini potrà offrire un supporto concreto a decisioni di politica pubblica che tengano conto non solo di criteri economici e organizzativi, ma anche della salute e del benessere delle persone.