Lombalgia, perché nasce, come si presenta, come si previene e si cura

La lombalgia è la forma più comune di mal di schiena: che cosa provoca il dolore e come evitare che diventi cronico

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Il dolore è classico. Nasce verso il fondo della schiena, si lega spesso ad una sofferenza causata dall’eccessiva tensione dei muscoli con conseguente contrattura ma può avere tante origini diverse. Basti pensare al classico “colpo della strega” che ci blocca, con una quasi totale impotenza a piegare la  schiena dopo un trauma.

Detto che quasi tutti, nella vita, esploriamo il dolore che si concentra nella zona lombare – da questa localizzazione vengono i termini lombaggine o lombalgia – occorre ricordare che spesso prevenzione e buone abitudini possono limitare i rischi. E che le cure su misura, caso per caso, possono aiutarci a stare meglio.

Come è fatta la colonna vertebrale

Normalmente le vertebre sono 33. Sette si trovano nella zona del collo, e formano il tratto cervicale. Dodici sono invece le vertebre toraciche, e cinque quelle lombari. Infine l’osso sacro e il coccige, una sorta di “coda” dell’essere umano, sono formati dalle ultime nove vertebre. Questo complesso sistema osseo è mantenuto in posizione si può muovere grazie ad un sistema estremamente complesso di muscoli, legamenti e tendini.

Le vertebre sono “costruite” naturalmente per rispondere alle necessità dell’organismo. Sono attraversate dal midollo spinale, una specie di prolungamento del sistema nervoso centrale, da cui si dipartono i nervi periferici e che riceve i segnali nervosi in arrivo dalla periferia del corpo. E quindi hanno un grande “buco” al centro.

Da ogni vertebra si dipartono degli “uncini, che si chiamano processi uncinati. Su di essi si connettono i muscoli che permettono ai gruppi di vertebre di piegarsi in avanti e di ruotare, seppur solo parzialmente. Infine, tra una vertebra e l’altra, fino alla colonna lombare si trovano dischi di cartilagine elastica. Che hanno il compito di funzionare da “filtri” per consentire l’assorbimento dei traumi, e quindi evitare che questi si scarichino direttamente sulle vertebre, fratturandole. In generale, quasi un quarto della lunghezza totale della colonna è dato da questi dischi di separazione.

Va infine ricordato che la spina dorsale è fisiologicamente curva se viene guardata da lato. Le zone lombare e cervicale hanno una curvatura in avanti (in lordosi) mentre la zona toracica presenta una lieve curvatura fisiologica posteriore. Questa forma ad “S” rende la colonna più flessibile e le permette di svolgere una funzione simile alle sospensioni di una macchina. Guardando la colonna vertebrale da dietro o dal davanti, la colonna deve invece risultare diritta e sulla linea mediana. Deviazioni dalla linea mediana vengono definite come scoliosi.

Come si diagnostica e si affronta la lombalgia

Il mal di schiena è molto democratico. Basta uno sforzo intenso, una cattiva posizione mantenuta per diverse ore o piuttosto l’avanzare dell’osteoporosi per ritrovarsi con quella lombalgia che proprio non vuol saperne di passare.  In qualche caso alla base della lombalgia che spesso si manifesta con un dolore nella parte bassa della schiena che  a volte si irradia verso una gamba o più raramente a entrambi gli arti inferiori ci possono essere problemi più seri. Ad esempio un’artrosi, una “listesi” delle vertebre ovvero uno scivolamento con spostamento in avanti di uno o più dei mattoncini che formano la spina dorsale, un restringimento del canale vertebrale (comune soprattutto negli anziani o magari un’ernia del disco.

Prima di parlare di ernia, in ogni caso va ricordato che le alterazioni del disco non sono tutte uguali. A volte questa sottile patina gelatinosa si deteriora, in altri casi invece il disco aumenta di volume ed esce dalla sua sede naturale, a volte si rompe e va a infilarsi nel canale vertebrale. Ciò che più conta, tuttavia, è ricordare che non sempre è necessario il bisturi.

Quale che sia l’origine del problema, all’inizio il trattamento dell’attacco di lombalgia è sempre lo stesso. La prima cura è il riposo, mantenendo a casa la  posizione spontanea di minor dolore. Alcuni preferiscono rimanere coricati, altri rimangono a lungo seduti o in piedi.

Il medico può poi consigliare farmaci antidolorifici come ed antiinfiammatori, comprendendo anche derivati del cortisone. Attenzione però: questa terapia va protratta per il minimo indispensabile per  controllare la fase acuta del dolore, che può durare da pochi giorni a  due-tre  settimane nella maggior parte dei casi. In questa fase, secondo gli esperti, non è necessario nemmeno ricorrere ad esami diagnostici particolarmente raffinati. Il primo controllo da fare è la semplice radiografia, della colonna lombare che permette di evidenziare le cause più comuni del colore, come l’artrosi, la scoliosi, lo scivolamento delle vertebre o anche le possibili fratture che possono presentarsi negli anziani con osteoporosi.

Cosa fare quando si sospetta una lombalgia da ernia del disco

In caso di lombalgia che si mantiene nel tempo, e non di un classico sintomo passeggero, deve sempre essere il medico a definire l’ipotesi diagnostica e il successivo trattamento. Ricordate che quando gli attacchi dolorosi si ripetono a breve distanza di tempo o i fastidi persistono dopo 2-3 settimane il curante può indicare un esame più specifico per studiare la spina dorsale, come una risonanza magnetica.

Dopo questo controllo, se la lombalgia non interessa le strutture nervose, e in ogni caso, dopo la fase di riposo si possono prevedere insieme al fisiatra terapie diverse, che comprendono anche l’ozonoterapia e le classiche manipolazione, da evitare se si è dimostrata una listesi vertebrale. Sul fronte dell’attività fisica vanno bene la ginnastica vertebrale, il nuoto e la camminata veloce.

La possibile indicazione all’intervento per ernia discale si ha quando esista un chiaro interessamento delle strutture nervose e in caso di lombosciatalgia. I segnali d’allarme da cogliere sono essenzialmente tre: il dolore che scende lungo la gamba, la presenza di formicolii, bruciori e perdita di sensibilità e il deficit di forza e movimento dei muscoli della gamba.

Ricordiamo che la funzione principale del disco intervertebrale è quella di consentire, insieme alle articolazioni, il movimento della colonna,  e ridurre le componenti di scivolamento reciproco tra le vertebre. Si parla di ernia del disco si verifica quando la parte gelatinosa trapassa la parte posteriore/laterale dell’anello fibroso e fuoriesce causando diversi tipi di sintomi. E non è sempre necessario l’intervento chirurgico: in diversi casi l’ernia si tiene controllata con fisioterapia, farmaci e stili di vita più attenti. In questi casi, però i problemi possono tornare a distanza di tempo.

Che differenza c’è tra lombalgia, artrosi e osteoporosi

La lombalgia rappresenta la forma più comune di mal di schiena e può colpire circa otto persone su dieci nel corso della vita. Il dolore si manifesta nella parte inferiore della schiena e nella maggior parte dei casi è legato ad un’eccessiva tensione dei muscoli che corrono lungo la colonna vertebrale, legata a cattive posizioni o a sforzi intensi. In alcuni casi, soprattutto nei giovani adulti, una lombalgia cronica può far pensare alla presenza di un’ernia del disco mentre negli anziani può anche indicare una grave forma di artrosi o osteoporosi.

L’artrosi, appunto, è una delle malattie più diffuse negli anziani. È legata ad un riassorbimento della cartilagine che sta tra le articolazioni e porta a modificazioni della componente ossea che si legano spesso a dolore. La colonna vertebrale è una delle sedi in cui la malattia si manifesta più  frequentemente, così come avviene per l’osteoporosi.

Quest’ultima interessa soprattutto le donne e può intaccare le vertebre inducendo una progressiva rarefazione dell’osso. In pratica si realizza una sorta di “alterazione” del normale meccanismo attraverso cui avviene il ricambio di tessuto osseo, con gli osteoclasti (cellule che distruggono osso), più attivi degli osteoblasti che invece debbono apporre nuovo tessuto. Col tempo l’osteoporosi può dare origine a microfratture e dolori localizzati all’area delle vertebre interessate dal processo. Infine, non va dimenticato che la colonna vertebrale può diventare sede di patologie infiammatorie come le artriti, a partire da quella reumatoide per giungere fino a quelle legata alla psoriasi. In questi casi il dolore appare indipendente dalla posizione assunta e sono necessari esami specifici del sangue per riconoscere la patologia di base.

Perché siamo “predestinati” alla lombalgia

La vita moderna, i lavori in ufficio e le posture viziate che manteniamo per ore ed ore sono forse i principali responsabili dei dolori del fondoschiena, quelli che caratterizzano la classica lombaggine o lombalgia. Ma anche l’evoluzione ha un suo peso. Per questo i dolori, stando ad una ricerca condotta dagli antropologi dell’Università di New York pubblicata su PNAS Nexus, sarebbero il frutto della civiltà più recente. Nonostante una curvatura lombare simile in partenza a quella dell’uomo di Neanderthal, quindi, oggi siamo più esposti a lombalgia proprio per le posizioni che assumiamo e reiteriamo per mesi e anni.

Per valutare l’impatto della postura sulle curvature della colonna vertebrale gli esperti americani hanno realizzato una sorta di confronto che si perde nella notte dei tempi per arrivare fino ad oggi. Hanno infatti preso in esame le colonne vertebrali degli uomini di Neanderthal, studiando specificamente la curvatura del fondoschiena con quella di persone più vicine a noi, vissute nell’epoca preindustriale e con quella di persone della nostra epoca.

La grande differenza sulla fisiologica curva della schiena, che praticamente non sembra essere evidente nelle persone del 1700 in confronto all’uomo di Neanderthal, è poi diventata progressivamente una costante con peggioramento della situazione. oggi questo si traduce nella presenza in molte persone della lombalgia con il dolore localizzato alla parte inferiore della schiena stessa. In particolare, stando allo studio, pare proprio che in questo “viaggio nel tempo” del mal di schiena incidano molto le posizioni di lavoro noiose e comunque stabili, che faciliterebbero la comparsa del dolore.

Combattere la lombalgia agendo sul muscolo multifido

Il muscolo multifido corre lungo la colonna vertebrale partendo dal basso, per giungere fino alla radice del collo. E può diventare l’obiettivo di trattamenti riabilitativi mirati, a partire dal Pilates, per contrastare la lombalgia. A dirlo è uno studio coordinato da Irina Kliziene, della Facoltà di Scienze sociali, scienze umane e arte dell’Università di Kaunas (KTU), pubblicato su Clinical Biomechanics.

La ricerca punta a migliorare, attraverso esercizi specifici da fare ogni giorno, la stabilità del fondoschiena, ovvero della zona lombare. Questo obiettivo si può raggiungere con il rafforzamento dei muscoli profondi, come appunto il multifido, che è stato uno dei parametri misurati per valutare il valore degli esercizi proposti. Il percorso di esercizi proposti dagli scienziati lituani propone diversi esercizi, sia statici che dinamici, da ripetersi da 8 a 16 volte.

È importante ricordare che la posizione assunta negli esercizi statici va mantenuta per diversi secondi, così si stimolano i muscoli da interessate. Il dato importante che emerge dallo studio è che, grazie a questo training di stabilizzazione lombare, a quattro settimane dall’inizio degli esercizi mirati la sezione trasversa del muscolo multifido è apparsa più ampia, a riprova dell’effetto del trattamento.

Come segnalano i ricercatori lituani nel loro studio, che ha messo a confronto due popolazioni femminili con questo metodo o con semplici esercizi di rafforzamento dei muscoli rilevando appunto i vantaggi dell’approccio mirato ai muscoli profondi, ”il sistema nervoso centrale umano usa diverse strategie, come la preparazione per mantenere la postura, l’adeguamento preliminare alla postura, la correzione degli errori della postura, che devono essere corretti da specifici esercizi di stabilizzazione”.

Il “Sit Stand” per prevenire la lombalgia

Le proviamo tutte, per fronteggiare quel dolore alla schiena che crea fastidio e disagio, soprattutto se lavoriamo o studiamo da seduti. Certo, ci aiutano la passeggiate ogni ora per rimettere in moto i muscoli oppure gli esercizi da seduti per ridare tono alle articolazioni che si rattrappiscono quando rimangono a lungo nella stessa posizione. Ma in ogni caso, per fronteggiare il dolore quando si rimane a lungo seduti in ufficio o a scuola si può puntare sul rimanere in piedi anche quando si dovrebbe stare seduti. Ovvero sul “Sit Stand”. La posizione ideale da tenere quando si sta a lungo in ufficio dovrebbe essere assicurata da una sorta di sedia che si comporta come uno sgabello. È alta – va misurata alle dimensioni di chi deve prendere posto – e deve consentire di appoggiarsi su una scrivania altrettanto elevata, con un arredamento su misura per chi lavora.

La soluzione, mirata per offrire la possibilità di mantenere una posizione quanto più ergonomica possibile durante l’orario di lavoro, sarebbe da sola in grado di assicurare un incremento del numero di movimenti di chi lavora, con un aumento di quasi un terzo, che si trasforma in un maggior numero di posizioni assunte e conseguente maggior mobilità per le articolazioni e i muscoli costretti a rimanere nella stessa posizione per ora. A proporre questa ipotesi è una ricerca che prende in esame gli studi sul tema, condotta dalla Cochrane Library.

L’indagine mostra che  chi usa sedie dell’altezza di uno sgabello adatte a scrivanie più alte di quelle standard riducono la sedentarietà di più di un’ora al giorno. Addirittura i movimenti di chi sceglie (o si trova organizzato per poter selezionare) questa posizione consentirebbe di aumentare i movimenti da 84 a 116 minuti al giorno. Ultima raccomandazione: sempre secondo l’indagine, se si fanno piccole pause organizzata ogni mezz’ora si potrebbe veder più che quadruplicato il tempo destinato al movimento, che passerebbe da 15 a 66 minuti.

Quale postura per prevenire la lombalgia al lavoro?

Rimanere a lungo nella stessa posizione, magari se sedie poco comode, potrebbe favorire la comparsa di dolori lombari (ed anche cervicali) che spesso nascono dalla tensione muscolare e non da vere e proprie lesioni. Quando la schiena rimane per lungo tempo nella medesima posizione, soprattutto seduta, senza che i muscoli che corrono lungo la spina dorsale si rilassino a dovere, lo spasmo che si crea è capace di bloccare la zona lombare della colonna, dando luogo alla temutissima lombalgia.

Come comportarsi? Conviene identificare un piano di lavoro non più profondo di 50-55 centimetri e ad altezza adeguata, che consenta di mantenere il gomito ad angolo retto e di appoggiare gli avambracci per scaricare le spalle e la colonna vertebrale. E se possibile è indicato appoggiare i piedi su un rialzo, alternandoli, evitando di lasciarvi dominare dalla forza di gravità.

I consigli per giocare d’anticipo sulla lombalgia

In base alla posizione del corpo nello spazio, sarebbe sempre importante cercare di identificare posture che consentano di limitare i rischi che compaia lombalgia. In questo senso, da seduti il bacino andrebbe portato indietro sulla sedia ed occorre appoggiarsi bene allo schienale per scaricare le forze che gravitano sulla colonna vertebrale. Occorre anche rispettare la curva della parte bassa della schiena, che non dovrebbe toccare direttamente lo schienale.

Quando ci troviamo in piedi, bisogna evitare la stessa posizione a lungo. Quando ci si trova di fronte alla necessità di questa postura, conviene appoggiare il bacino ad un muro. E soprattutto ricordate di cambiare frequentemente il piede d’appoggio, per evitare sovraccarichi su un lato.  Quando ci si trova a letto, può essere utile innanzitutto scegliere bene il materasso. Poi occorre sempre utilizzare cuscini da mettere sotto le gambe, la pancia o la schiena per mantenere una posizione che dia meno dolore. Particolare attenzione, infine, va fatta se si prevede uno sforzo fisico.

Ricordate che per sollevare un peso bisogna “caricare” sulle gambe risparmiando la schiena. Quindi occorre piegare le gambe e tenere la schiena diritta, evitando di piegarla e senza allontanare dal corpo il peso che state sollevando.

Lo stress peggiora la lombalgia?

Oltre alle cattive posizioni, ai movimenti bruschi e agli altri elementi che mettono a rischio la schiena incide anche lo stress “cronico”, ovvero protratto nel tempo. La tensione induce un’alterazione nel rapporto tra muscoli e tendini in prossimità delle vertebre e, inducendo una riduzione dei livelli del cortisolo (un ormone) nel sangue, provoca una minore resistenza al dolore. Insomma: a volte il mal di schiena è figlio anche del nostro stato emotivo e lo conferma uno studio recentemente condotto all’Università di Calgary, in Canada. La ricerca, che ha esaminato poco meno di diecimila adulti senza problemi alla schiena di cui poco più del quattro per cento depressi ha dimostrato che il rischio di andare incontro a forti algie nei due anni successivi era triplicato nei depressi.

Non solo anziani, chi rischia di più la lombalgia da giovane

Come segnala una scheda dalla IASP (Associazione Internazionale Studio del Dolore), riadattata in italiano dall’AISD (Associazione Italiana Studio del Dolore), anche i giovanissimi rischiano la lombalgia. Questa può presentarsi in 3-4 bambini/adolescenti su 10 in qualsiasi momento della loro crescita in questa fascia d’età.  Un terzo o la metà di loro avrà un dolore che persiste oltre i 3 mesi, si verifica su base regolare o influisce su importanti attività quotidiane, come la scuola e la partecipazione ad attività fisiche.

Il dolore alla colonna vertebrale durante la giovinezza può coesistere con dolore agli arti superiori e inferiori. Se ci cerca chi rischia di più, le ricerche mostrano che genere femminile, altezza maggiore, fumo, livelli di attività bassi o eccessivi, presenza di dolore alla colonna vertebrale nei genitori e cattiva salute mentale possono essere associati a un aumento del rischio di mal di schiena in bambini/adolescenti. Attenzione però: contano anche altri elementi esterni. Pensate ad esempio al ruolo potenzialmente negativo della sedentarietà in posizione seduta e del tempo che si passa al computer.

Fonti bibliografiche

Lombalgia, Humanitas

P. J.Moley, Lombalgia, 2022, Manuale MSD

AISD