Le statistiche parlano chiaro. Ogni anno nel mondo un bambino su dieci nasce prematuro, affrontando fin da subito rischi per il neurosviluppo. Si stima che questi piccoli siano a maggior rischio di autismo, ADHD, disturbi della coordinazione motoria o disabilità intellettiva. L’intervento precoce è fondamentale per gestire al meglio la situazione.
Lo ricordano in occasione della Giornata Mondiale della Prematurità, che si celebra il 17 novembre, gli esperti della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SINPIA. Gli studiosi sottolineano anche il valore dei un ambiente adeguato e della relazione genitore-bambino come strumenti di protezione e promozione del neurosviluppo per i piccoli nati troppo presto.
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Neurosviluppo e prematurità
In Italia, secondo il Rapporto CeDAP 2025 la percentuale dei parti pretermine è pari al 6,24% del totale delle nascite, cioè circa 23.600 neonati ogni anno. Di questi, il 5,82% nasce molto pretermine (28-31 settimane) e il 3,38% estremamente pretermine (22-27 settimane). In termini generali, i bambini nati prima del termine affrontano il mondo esterno prima che i loro organi, in particolare il cervello, abbiano completato il processo di maturazione.
Grazie ai progressi dell’assistenza ostetrica e neonatale, la sopravvivenza è oggi notevolmente aumentata e le lesioni cerebrali più gravi, come la leucomalacia periventricolare severa, sono sempre più rare. Una percentuale significativa dei nati molto o estremamente pretermine resta a rischio di uno sviluppo neuropsichico non del tutto favorevole.
“Anche in assenza di lesioni cerebrali strutturali e visibili – spiega Elisa Fazzi, Presidente SINPIA – il cervello del pretermine si sviluppa in un ambiente molto diverso da quello naturale dell’utero materno, proprio nel momento della massima crescita delle sinapsi e delle connessioni neuronali. Questa condizione di dismaturità può determinare un “danno invisibile”, base di possibili disturbi del neurosviluppo. Le conseguenze emergono nei primi anni di vita sotto forma di difficoltà cognitive, sensoriali, attentive, di regolazione emotiva e nelle competenze sociali e comunicative”.
Puntare sulla protezione immediata
Grazie alla ricerca si sono esplorate strategie di neuroprotezione precoce, volte a sostenere il cervello del neonato nelle prime settimane di vita. Tra queste anche uno studio multicentrico italiano, ancora in corso, condotto da Policlinico San Matteo e IRCCS Fondazione Mondino di Pavia e dagli Spedali Civili di Brescia, ha proposto l’utilizzo della melatonina come sostanza protettiva contro lo stress ossidativo, cui i pretermine sono particolarmente esposti.
Ma, accanto alla vulnerabilità, le evidenze scientifiche confermano anche una straordinaria resilienza del cervello in via di maturazione. “La plasticità cerebrale – sottolinea la presidente Fazzi – è la grande risorsa dei bambini nati pretermine: il loro cervello è capace di modificarsi in base all’esperienza e di riorganizzarsi soprattutto se supportato da un ambiente favorevole e interventi precoci adeguati, rivolti anche a sostegno della famiglia. Questo ci spinge a considerare l’ambiente e le cure non solo come un contesto di sostegno, ma come una vera e propria “terapia” per promuovere il neurosviluppo”.
“Rafforzare le interazioni madre bambino – interviene Simona Orcesi, Professore ordinario di Neuropsichiatria Infantile, Università di Pavia, IRCCS Fondazione Mondino e membro direttivo SINPIA- esercita un effetto protettivo sullo sviluppo, come suggerito da uno studio dell’Università di Pavia che ha mostrato come i pretermine siano in grado, già a poche settimane di vita, di riconoscere e rispondere al sorriso dell’adulto guardando solo gli occhi, anche se il resto del volto è nascosto dalla mascherina, dimostrando che i nati pretermine possiedono la capacità innata di mettersi in relazione con gli altri. L’ambiente extrauterino, se ben orientato, può diventare un’opportunità di crescita e un vero fattore protettivo per lo sviluppo del cervello”.
Cosa comporta la prematurità
A prescindere dai meccanismi che possono contribuire ad accelerare il primo vagito, occorre comunque ricordare che se il piccolo è fortemente prematuro ed anticipa molto la nascita il team di specialisti, coadiuvati dalle tecnologie, deve tenere sotto controllo diverse parti del corpo, non ancora perfettamente formate.
In primo luogo occorre tenere sotto controllo il rischio di infezioni oltre all’apparato respiratorio e ai polmoni: se si anticipa molto il parto, infatti, il loro sviluppo è assai indietro. Da considerare è soprattutto la cosiddetta sindrome da distress respiratorio, legata alla carenza di una sostanza chiamata surfactante.
Questo composto ha il compito di mantenere aperti gli alveoli polmonari, unità operative del sistema respiratorio dove avvengono gli scambi tra aria e sangue, e quando questi non si aprono a sufficienza la respirazione diventa difficile per cui è necessario mantenere i bimbi incubati.
Non solo. Nel piccolo particolarmente prematuro i vasi sanguigni, le pareti delle arterie sono sottilissime e questo aumenta di molto il rischio di andare incontro ad emorragie, in particolare a carico del cervello in formazione. Il controllo delle emorragie cerebrali, che a volte possono essere responsabili di deficit neurologici a distanza di tempo, viene effettuato con speciali ecografie ripetute regolarmente.
Occorre anche prestare attenzione al cuore: all’interno dell’utero il feto sfrutta l’ossigeno che arriva con il sangue materno e quindi non ha bisogno dei polmoni. La sua conformazione circolatoria prevede quindi un particolare passaggio, chiamato dotto di Botallo, che normalmente si chiude quando il neonato a termine comincia a respirare nel mondo. Nei prematuri questo meccanismo a volte non si verifica. Infine, altri apparati possono risentire dell’eccessiva “premura” dei neonati, come l’occhio.