Un anno fa, più o meno di questi tempi, la scienza cominciava a conoscere l’infezione da virus Sars-CoV-2, ovvero Covid-19. Allora, si parlava soprattutto di una forma di polmonite interstiziale, diffusa nelle forme più gravi alla totalità degli organi respiratori. Poi, piano piano, si è capito che il virus può “attaccare” anche altri organi e apparati, direttamente o indirettamente attraverso l’intensa reazione infiammatoria che può indurre in alcuni casi, ed anche il sistema nervoso, purtroppo, può essere interessato dal processo patologico, con sintomi e segni che a volte appaiono estremamente “lontani” dall’infezione virale.
Così, per alcune persone, una volta superata l’infezione, si può andare incontro anche a mal di testa che si mantiene nel tempo e soprattutto vertigini, con la fastidiosa sensazione della testa che “gira” e le conseguenti difficoltà a mantenere la posizione del corpo nello spazio. Normalmente, attraverso i “segnalatori” di posizione che si trovano nella parte più interna dell’orecchio vicino al cervello giungono infatti i segnali che, decodificati da cervello e cervelletto, “ordinano” ai muscoli e ai tendini di qualche parte del corpo di contrarsi o rilassarsi per controllare la posizione senza che si crei la sensazione vertiginosa. A volte può accadere che l’infezione e le sue conseguenze alterino questo meccanismo di regolazione.
Vertigini e acufeni nel post-Covid
Una serie di studi scientifici dimostra che la comparsa di vertigini non è un fenomeno infrequente nella classica sindrome che si accompagna all’infezione acuta da virus Sars-CoV-2 e che il fastidio si manifesta soprattutto nei casi più seri e di lunga durata.
In questo senso vanno diverse osservazioni, a partire dalla recente ricerca dell’Università di Manchester che riporta come in circa sette persone su cento compaiano vertigini, estremamente fastidiose da sopportare, e che in quasi il 15 per cento dei casi compaia invece la percezione di rumori, fischi o simili che “nascono” senza motivo all’interno dell’orecchio, i cosiddetti acufeni.
È vero che i dati sono stati rilevati con questionari di autovalutazione, quindi potrebbero essere legati a percezioni eccessive da parte dei soggetti intervistati, e non attraverso test specifici. Ma in ogni caso si tratta di osservazioni che fanno riflettere, anche perché seguono altri studi che indicano un coinvolgimento delle strutture dedicate al mantenimento e all’adattamento della posizione del corpo nello spazio.
Una ricerca condotta all’Università Northwstern, apparsa su Annals of Clinical and Translational Neurology, dimostra in questo senso che i sintomi di natura neurologica sono frequenti nei soggetti che giungono al ricovero ospedaliero per l’infezione da Sars-CoV-2, tanto da interessare quasi quattro malati su cinque, e che le vertigini rappresentano uno dei problemi maggiormente percepiti.
Soprattutto, stando ai risultati di questo studio si rileva che il problema può permanere anche dopo l’infezione è stata curata e la persona si è negativizzata al test, a riprova del coinvolgimento che si può avere per il sistema nervoso e l’orecchio.
Su questa linea va anche un’analisi svolta di una popolazione di oltre 3500 persone che hanno affrontato l’infezione da virus Sars-CoV-2, che dimostra innanzitutto due realtà: in moltissimi casi i disturbi si mantengono ben oltre la guarigione effettiva sul fronte dell’infezione vera e propria, tanto da far parlare di Long-Covid, e che insieme a stanchezza, mal di testa e difficoltà a sostenere gli sforzi anche le vertigini possono far parte (in percentuale minore rispetto ai sintomi citati) del corteo di fastidi.
L’impatto sul sistema nervoso di Covid-19
Le complicazioni neurologiche, di cui le vertigini fanno parte, sono quindi un’eventualità da considerare quando ci si ammala di Covid-19. Lo conferma Carlo Ferrarese, Direttore del Centro di Neuroscienze di Milano, Università di Milano–Bicocca e Direttore della Clinica Neurologica, Ospedale San Gerardo di Monza, che fondamentalmente ricorda come i sintomi a carico del sistema nervoso riportati fin dai primi studi sul campo siano riassumibili in tre categorie:
“Espressioni neurologiche da coinvolgimento del sistema nervoso centrale come cefalea, vertigini, disturbi dello stato di coscienza (confusione, delirium, fino al coma), encefaliti da infezione diretta del virus o su base autoimmune, manifestazioni epilettiche, disturbi motori e sensitivi, spesso legati a ictus ischemici o emorragici; sintomi di compromissione del sistema nervoso periferico come perdita o distorsione del senso dell’olfatto (anosmia, iposmia, cacosmia), del gusto (ageusia, disgeusia), sofferenza diretta o su base immuno-mediata dei nervi periferici (neuralgie, sindrome di Guillan-Barrè); sintomi da danno muscolare scheletrico, che si manifestano con mialgie intense, spesso correlate a rialzo di enzimi liberati dal muscolo (CPK), espressione di danno muscolare diretto – spiega l’esperto -. Molti lavori sono stati prodotti nei mesi successivi in tutto il mondo, sia segnalazioni di singole casistiche, che studi multicentrici con numerosi casi, che hanno confermato, anche se con percentuali variabili nei diversi studi, queste prime segnalazioni”.
Insomma: le vertigini, come molti altri problemi a carico del sistema nervoso, possono far parte del corteo delle sequele dell’infezione.
“Negli ambulatori post-Covid attivati nei centri più colpiti nella prima fase sono emersi vari problemi quali astenia protratta, disturbi di concentrazione, a volte disturbi di memoria, che potrebbero essere collegati a piccoli danni vascolari o infiammatori del sistema nervoso, sia centrale che periferico, con ripercussioni a distanza – fa sapere Ferrarese -. Questa sintomatologia spesso viene trascurata, mentre andrebbe accuratamente studiata, anche con adeguate indagini strumentali, e monitorata nel tempo”.
In Italia, nel mese di marzo dello scorso anno l’Università di Milano-Bicocca, l’Università di Milano e l’Istituto Auxologico di Milano hanno disegnato uno studio multicentrico, chiamato NEUROCOVID, con l’obiettivo di documentare tutte le possibili manifestazioni neurologiche all’esordio, durante o dopo l’infezione Covid-19, e di metterle in relazione alla gravità dell’infezione, alle alterazioni dei parametri respiratori, circolatori, dei valori ematici, nonché ai dati antropometrici, alle abitudini, agli stili di vita, alla presenza di altre patologie e alle terapie assunte dai pazienti.
Lo studio è stato patrocinato dalla Società Italiana di Neurologia ed ha visto la partecipazione di 50 Neurologie italiane, distribuite nelle varie regioni, con la partecipazione anche di San Marino.