Come riconoscere e affrontare il tumore dell’endometrio

Si tratta di una tipologia di tumore che si sviluppa più frequentemente con l’inizio della menopausa. Quali sono i sintomi per riconoscerlo e quali le attenzioni cui apportare al nostro stile di vita.

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Attenzione alle perdite di sangue dopo la menopausa, o comunque quando non sono “regolate” dal ciclo mestruale nel corso della vita fertile. Se si presentano, bisogna parlarne con il ginecologo: potrebbero essere un segnale d’allarme da non sottovalutare, in particolare nella fascia d’età tra i 50 e i 70. A volte, infatti, possono indicare la presenza di un tumore dell’endometrio, tipico della post-menopausa e più comune di quanto si creda, tanto da essere la quarta causa di tumore nelle donne.

Puntiamo su prevenzione e diagnosi precoce

Attenzione alle abitudini. È questa la prima regola di prevenzione in oncologia, e certo il tumore endometriale, che trae origine dalla parte più interna della mucosa dell’organo, non si sottrae a questa indicazione. In particolare, pare che obesità e sovrappeso aumentino i rischi di svilupparlo, per cui un’alimentazione sana (attenzione soprattutto ai grassi saturi e all’eccesso di carni rosse, oltre che ai troppi zuccheri semplici, alle troppe calorie e alla scarsità di fibre) ed una regolare attività fisica sono fattori preventivi fondamentali. Per il resto, anche la situazione ormonale potrebbe giocare un ruolo e va segnalata al medico, soprattutto se le mestruazioni sono giunte molto presto, se la menopausa è tardiva e se non ci sono state gravidanze. Attenzione particolare va poi prestata ai possibili fattori ereditari o addirittura genetici, come la sindrome di Lynch (molto nota per la correlazione con un maggior rischio di tumore al colon) aumenta significativamente il pericolo di sviluppare questa forma. In questo senso, ovviamente quando ci sono stati casi di malattia in famiglia o comunque se ci sono rischi specifici, è importante “mirare” direttamente la situazione con visite periodiche e controlli con l’ecografia transvaginale, per identificare presto eventuali lesioni. Sul fronte dei segni e dei sintomi, oltre alla perdita anomala di sangue tipica delle prime fasi di malattia quando il quadro avanza possono manifestarsi anche dolori nel basso addome e alla parte bassa della schiena e soprattutto il rigonfiamento dei linfonodi, le classiche “ghiandole”, in corrispondenza dell’inguine, che possono determinare anche gonfiore alle gambe.

Le cure? Su misura

In questo modo si può ipotizzare la presenza di una lesione potenzialmente “temibile”. Ed è a questo punto che lo specialista procede con uno specifico esame endoscopico, chiamato isteroscopia, che consente non solo di visualizzare direttamente dall’interno la mucosa dell’organo ma anche di prelevare piccoli campioni di tessuto che possono poi essere esaminati. Se il test si rivela positivo, poi, il curante può prescrivere specifici esami radiologici per valutare bene la situazione locale e a distanza, definendo l’ideale percorso di cura per ogni donna in base alle sue condizioni e alla diffusione della malattia. In genere nelle fasi iniziali e non solo si procede ad un intervento chirurgico di asportazione dell’utero, che si associa quasi sempre anche all’asportazione delle ovaie, delle tube e delle ghiandole linfatiche più prossime all’area. Poi, caso per caso, si può pensare anche a trattamenti di supporto, per ridurre i rischi che il tumore si ripresenti, che vanno da una radioterapia a volte anche molto localizzata fino alla chemioterapia mirata. Se invece, come purtroppo può accadere, la lesione viene riconosciuta quando è già in fase avanzata, il trattamento viene studiato utilizzando le diverse armi nelle mani dello specialista. Non va poi dimenticato che, nelle forme meno gravi con tumore che cresce lentamente, anche il trattamento con ormoni può avere significato. Una volta espletate queste terapie inizia poi il percorso di monitoraggio e controllo della lesione, secondo tappe ed esami che vanno individuati caso per caso, per dare la risposta ottimale ad ogni donna.