Andare a fare l’elenco dei benefici legati all’allattamento materno, sia per il neonato che per la mamma, è sicuramente un’opera importante. Tanti e soprattutto estremamente ampi nei loro effetti sono i benefici legati a questa pratica. anche e soprattutto per quando si considerano contesti con elevati tassi di mortalità infantile. Ovviamente, in questo senso, esistono popolazioni per le quali la valutazione dei benefici dell’allattamento al seno va effettuata considerando eventuali patologie presenti. Ad esempio, quando si parla di HIV, occorre trovare risposte specifiche, andando oltre le conoscenze disponibili.
L’iniziativa Women Against Viruses in Europe (WAVE) sottolinea la necessità di studi sulle pratiche di allattamento al seno per le donne sieropositive. Con oltre venti milioni di donne e ragazze che vivono con l’HIV a livello globale e più di un milione di parti all’anno, dare priorità a questo tema è fondamentale. Risposte in più potranno venire dallo studio “LACTA”, mirato proprio a definire quanto e come possa essere importante il supporto all’allattamento al seno per mamme HIV-positive. Lo studio sarà condotto da Stefania Bernardi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e sarà realizzato grazie al finanziamento del Fellowship Program, bando di concorso nazionale promosso dall’ azienda biofarmaceutica Gilead Sciences in Italia.
Cosa bisogna scoprire
Il potenziale di trasmissione verticale, cioè da madre a figlie, del virus HIV durante l’allattamento rappresenta ancora un argomento da approfondire. In questo senso lo studio PROMISE ha evidenziato bassi tassi di trasmissione dell’infezione in donne HIV-positive che rispettano la regolare assunzione della terapia antiretrovirale. Ma va detto che persiste un piccolo rischio residuo, nonostante questo rischio sia ancora più basso quando la madre ha una carica virale non rilevabile. Pertanto, il concetto di “HIV non rilevabile = HIV non trasmissibile (U=U)” non può ancora essere applicato all’allattamento al seno.
Lo studio mira ad accompagnare nell’allattamento al seno donne con infezione da HIV in terapia antiretrovirale con confermata soppressione virologica. L’iniziativa andrà avanti per un anno, con due parole chiave fondamentali: indicare la consapevolezza di malattia e soprattutto segnalare quanto e come si possa avere un allattamento in sicurezza. Il tutto, partendo da una valutazione dei bisogni (sempre considerando donne che seguono con regolarità il trattamento antiretrovirale) per definire una Brochure informativa per le neo mamme con Infezione da HIV che desiderano allattare.
All’interno si possono trovare informazioni sul valore dell’allattamento e sulle modalità possibili. Prima di iniziare la ricerca si procederà all’esecuzione di un questionario dedicato da somministrare in sede di counselling prenatale per valutare consapevolezza e bisogni reali in una coorte di gravide con infezione da HIV, senza alcun segno di virus nel sangue, cioè aviremiche.
L’obiettivo finale della ricerca, oltre a migliorare l’assistenza alla coppia mamma-bambino con problematica HIV, è permettere una presa in carico di donne in gravidanza con HIV e coordinare la collaborazione tra ginecologi, infettivologi dell’adulto e pediatri infettivologi anche durante l’allattamento per favorire la cura ottimale delle pazienti e la prevenzione della trasmissione dell’Infezione nei bambini.
Perché allattare fa bene
Un tempo si diceva che il latte è il primo alimento. Ed è proprio così. Nel latte materno ci sono sia i nutrienti che i liquidi di cui il corpo del neonato necessita. Ma limitare la funzione del latte a questo sarebbero riduttivo, visto che aiuta a limitare il rischio di infezioni e crea l’ambiente per la prevenzione di fenomeni destinati ad emergere in futuro come allergia, asma, diabete, patologie cardiovascolari.
Per la madre, l’allattamento è associato ad un calo del rischio di sviluppare alcuni tumori, come quelli del seno o dell’endometrio, oltre che si patologie legate al metabolismo. Oltre a favorire il calo di peso dopo la gravidanza, influisce anche sul benessere del sangue. Infine, per la la donna che porge il seno al bebè esisterebbe una sorta di protezione ulteriore nei confronti delle principali patologie cardiovascolari, come infarto o ictus. Il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari in termini generali calerebbe mediamente dell’11%.
Osservando, sempre in media, per oltre dieci anni cosa accade, nelle donne che allattano risulta ridotto del 14% il rischio di sviluppare una patologia delle arterie coronariche, si riduce del 17% la possibilità di andare incontro a morte per patologie di cuore ed arterie, scende del 12% il rischio di subire un ictus cerebrale. Il tutto, ovviamente, in confronto a puerpere che non hanno allattato.
A snocciolare questi dati è una grande metanalisi, ovvero una sorta di “compendio” di otto grandi studi sull’argomento condotti in tutto il mondo, curata da un’equipe che ha coinvolto esperti dell’Università di Innsbruck, dell’Università di Bristol, dell’Imperial College di Londra e dell’Università di Cork, coordinata da Peter Willeit, pubblicata su Journal of the American Heart Association.