Aerofagia: sintomi, cause e cura

L'aerofagia è un disturbo caratterizzato dall'ingestione eccessiva di aria, che si traduce in gonfiore, eruttazioni frequenti e disagio addominale

Foto di Ivan Shashkin

Ivan Shashkin

Medico

Medico appassionato di immunologia ed ematologia con interesse e esperienza in ambito di ricerca.

Pubblicato: 27 Aprile 2024 16:02

In medicina si definisce “aerofagia” la tendenza di alcuni pazienti a deglutire una quantità eccessiva di aria durante i pasti, riempiendo le vie digestive di aria che poi si deve liberare tramite eruttazioni, borborigmi e flatulenze e che dà origine a fenomeni di meteorismo e a crampi addominali dolorosi.

Deglutire aria insieme al cibo è un fatto assolutamente normale, che fa parte della forma non patologica di deglutizione del cibo. L’aria entra insieme al cibo, ai liquidi o anche solo per la deglutizione della saliva.

Circa il 70% dell’aria presente nell’intestino proviene dalla deglutizioneil 20% viene portata dai vasi sanguigni mentre il 10% è legata a fenomeni di fermentazione batterica degli alimenti ingeriti e digeriti dallo stomaco. Per riassorbire questi gas il corpo umano può contare sul meccanismo del riassorbimento ematico oppure può eliminare l’aria in eccesso dagli unici due canali disponibili che si collegano con l’esterno: la bocca e l’ano.

Da ciò ne consegue che l’aerofagia origina gonfiori addominali, meteorismo e flatulenze ma anche dolori nel retro dello sterno che possono essere facilmente confusi con un profondo senso di oppressione toracica che può essere erroneamente interpretato come un attacco cardiaco.

L’altra causa dell’aerofagia può identificarsi nella sintomatologia psicosomatica degli stati ansiosi, che portano chi ne soffre a respirare troppo e con una frequenza più elevata del normale.

Quali sono i sintomi dell’aerofagia

I disturbi della sfera psichica, ma anche lesioni dell’apparato digerente (come ulcera peptica, ulcera gastroduodenale e le colecistopatie). Quando non è fisiologica, l’aerofagia assume caratteri patologici che derivano da lesioni organiche o da modificazioni ormonali, come nel caso della gravidanza in cui il feto esercita una pressione meccanica.

Può anche essere associata a patologie come la sinusite cronica, per via della deglutizione della saliva o alla sindrome del colon irritabile, la presenza di protesi dentarie non adeguate, la sindrome associata alla secchezza delle fauci (la xerostomia) e la scialorrea, il disturbo legato alla sovrapproduzione di saliva, presente anche in gravidanza.

Anche scorrette abitudini alimentari come la tachifagia (l’abitudine a mangiare troppo velocemente), l’abuso di bevande gassate, l’uso di chewing gum e l’assunzione frequente di bicarbonato come calmante della acidità di stomaco. Inoltre, bere attraverso una cannuccia o parlare mentre si mangia possono causare l’ingestione di aria in eccesso. Esistono anche cibi ad alto contenuto di carboidrati fermentabili, come legumi, crucifere (cavoli, broccoli, cavolfiori), cipolle e latticini, che possono causare la produzione eccessiva di gas durante la digestione.

Rimedi naturali e terapie farmacologiche dell’aerofagia

Il trattamento medico dell’aerofagia dipende dalla diagnosi delle cause che l’hanno originata. Se l’accumulo di aria addominale deriva da un modo scorretto di mangiare si tratta di tachifagia.

Se deriva da pasti troppo abbondanti e ricchi di sostanze dall’alto potere fermentativo, identificati come alimenti ricchi di Fodmap; oppure da zuccheri a catena corta che fermentano nell’intestino provocando più gas del normale, la terapia potrà basarsi sull’ausilio di rimedi fitoterapici. Tra questi ci sono preparati erboristici a base di melissa, menta, coriandolo, cumino, trifoglio fibrino e cenere di equiseto.

Al contempo sarà fondamentale rivedere la propria alimentazione inserendo nella dieta cibi semplici e digeribili e riducendo sensibilmente quelli che tendono a fermentare a lungo nello stomaco (alcuni tipi di frutta e verdura, formaggi a pasta molle, alimenti e bevande in cui è presente il lattosio, cibi ricchi di glutine). È fondamentale rivalutare il ruolo di una masticazione lenta e prolungata, eccezionale e sottovalutata alleata dei processi digestivi.

Dal punto di vista farmacologica, gli unici farmaci che possono essere utili sono quelli in grado di placare gli stati d’ansia che stanno alla base della tendenza a inghiottire troppa aria. Gli ansiolitici e i tranquillanti possono alleviare le cause che provocano l’aerofagia, in abbinamento a un percorso psicoterapeutico che possa andare all’origine dei fenomeni ansiosi e agire alla base delle cause della sintomatologia.

La visita dallo specialista

Il primo specialista da contattare in caso di aerofagia è senz’altro il gastroenterologo che, tramite la visita e l’esame obiettivo, sarà in grado di capire se l’origine dei sintomi è organico e meccanico e deriva da patologie a carico di stomaco e intestino, è dovuto all’alimentazione, oppure è psicosomatico e deriva quindi da un malessere psicologico. Questa valutazione permetterà al paziente di orientarsi.

Nel primo caso, alla visita potrebbero seguire degli accertamenti diagnostici come le analisi del sangue, delle feci e delle urine e il breath test. Quest’ultimo serve per valutare l’intolleranza alimentare al lattosio (l’unica intolleranza, insieme a quella per il glutine, che abbia un test medico affidabile per essere identificata). L’intolleranza al lattosio e altre intolleranze alimentari possono causare gonfiore, gas e disturbi intestinali dopo aver consumato alimenti contenenti questi ingredienti ma non è sempre facile identificarli ed escluderli.

L’esame per la celiachia per valutare la presenza di una intolleranza verso il glutine, o eventuali radiografie ed endoscopie. A seguire potrebbe essere necessaria una visita dietologica per identificare stili alimentari potenzialmente scorretti e abitudini da modificare nell’approccio al cibo.

Infine, escluse tutte le cause organiche e comportamentali, potrebbe essere necessario rivolgersi a uno psicoterapeuta o a uno psichiatra per una terapia farmacologica che tenga a basa la condizione ansiosa del paziente.

Fonti bibliografiche: