Social network: le nuove generazioni in bilico tra realtà e apparenza

Quanto pesa dover apparire perfetti a tutti i costi? I ragazzi sono sempre più immersi in una realtà virtuale distorta, che li rende sempre più infelici

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Sonia Surico

Content Editor e Storyteller

Laureata in Scienze della Comunicazione e con un Master in Seo Copywriting. Per lei, scrivere è un viaggio che unisce emozioni e conoscenza.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescita esponenziale dell’utilizzo dei social network da parte delle nuove generazioni, tanto che circa l’80% di ragazzi al di sotto dei 14 anni ha un profilo social.

Uno tra i più popolari è senza dubbio Instagram, la piattaforma basata principalmente sulle immagini che, come scopo principale, ha quello di condividere fotografie accattivanti di sé stessi e del proprio stile di vita. Il profilo personale non è altro che un vero e proprio specchio digitale, una vetrina in cui giovani adolescenti si espongono in attesa di ricevere l’approvazione di chi li segue attraverso un like, un commento o una condivisione.

Sappiamo bene come, soprattutto durante l’adolescenza, l’opinione che gli altri hanno di noi incide fortemente sulla nostra autostima, influenzando così l’idea che costruiamo di noi stessi e il nostro benessere psicologico negli aspetti della vita più importanti come la scuola, il lavoro e le relazioni.

Le ricerche effettuate sull’uso dei social da parte delle nuove generazioni hanno evidenziato come Instagram possa influenzare significativamente il modo in cui gli adolescenti vedono sé stessi, la percezione che hanno del loro corpo e di come siano più propensi a essere insoddisfatti del loro aspetto.

Secondo un’indagine del Wall Street Journal, studi approfonditi di Facebook hanno rilevato come Instagram abbia effetti dannosi su milioni di giovani utenti. Dai documenti emerge la correlazione tra il suo l’utilizzo e l’aumento di ansia e depressione in particolar modo tra le ragazze, a causa del costante confronto sociale incentrato fortemente sul corpo che produce un effetto tossico per la psiche delle giovani donne, aumentando il senso di inadeguatezza, il rischio di disordini alimentari e di sintomatologie depressive.

Inoltre, dall’inchiesta risulta che tra le ragazze che hanno avuto pensieri suicidi, il 6% delle statunitensi e il 13% delle britanniche hanno dato in parte la responsabilità proprio a Instagram, nel quale vengono esposti continuamente contenuti “perfetti”, che possono influenzare negativamente il lato emotivo.

Tuttavia, nonostante Facebook sappia bene quanto Instagram possa diventare dannoso per la salute mentale delle ragazze adolescenti, ben poco è stato fatto per trovare una soluzione a riguardo. Al contrario, la società ha pubblicamente minimizzato la questione, affermando di essere impegnata a comprendere i risvolti negativi causati dall’eccessiva attenzione all’aspetto estetico e all’apparenza.

In concreto, però, più del 40% degli utenti non ha più di 22 anni. Una quota che, secondo il Wall Street Journal, fa guadagnare a Instagram circa 100 miliardi di dollari annui. Insomma, un dannoso meccanismo di confronto che però, fino a questo momento, non è stato fermato.

La felicità “ritoccata” dei social

I giovani che navigano su Instagram devono confrontarsi tutti i giorni con una carrellata di volti e corpi perfetti, immagini manipolate che seguono modelli di bellezza irrealistici e irraggiungibili. E se la tendenza è quella di apparire impeccabili, ecco che i social fanno la loro parte mettendo a disposizione i cosiddetti “filtri”: effetti grafici che modificano la fotografia reale “migliorando” l’estetica e modificando persino tratti distintivi del volto che magari non sono abbastanza in linea con gli standard di bellezza ideali.

Gli adolescenti (e non solo) che hanno un profilo social spesso preferiscono la propria identità digitale a quella reale, a tal punto che è stato coniato un nuovo termine: “Dismorfia da Snapchat”, ovvero la tendenza a ricorrere a interventi di chirurgia estetica pur di somigliare all’immagine di sé stessi modificata dai filtri.

In fin dei conti, i social sono diventati un vero e proprio palcoscenico sul quale “esibirsi”, mostrando la parte migliore di sé. Costruiamo il nostro “io” secondo un’idea di perfezione percepita perché veniamo ricompensati tramite simpatici segnali come like, cuori e notifiche varie, confondendoli con la verità. In realtà si tratta di una popolarità finta, fragile e a breve termine che lascia dentro un senso di vuoto ancora più grande.

Ogni giorno, infatti, veniamo bombardati da post di persone apparentemente felici, che magari viaggiano nei posti più belli del mondo, da frasi motivazionali di individui che pretendono di dare lezioni agli altri auto-definendosi come esempi da seguire. La continua ostentazione di bellezza e felicità distoglie dalla realtà e conduce a un’immagine distorta di chi si è davvero. Inoltre, il continuo confronto con questi modelli perfetti innesca atteggiamenti di competizione, diminuendo l’autostima e aumentando la sensazione di vittimismo.

La percezione di appagamento momentaneo data da un like o da un commento ricevuto, attiva una vera e propria dipendenza, soprattutto in soggetti maggiormente vulnerabili come gli adolescenti. Infatti, il sentirsi desiderati, cercati e apprezzati dopo aver pubblicato un post, ha una diretta conseguenza sul senso di vuoto e solitudine che si prova quando invece questa conferma non c’è. Questo non fa altro che generare il bisogno di riprovare a tutti i costi quella sensazione di appagamento personale e di pubblicare nuovamente qualcos’altro di altrettanto accattivante che possa piacere agli altri.

Un social più consapevole e più “umano”

La domanda è: cosa si può fare? Si dice che prima o poi ci adatteremo e impareremo a vivere con questi dispositivi proprio come abbiamo fatto con tutto il resto. Fino a quando le aziende digitali e le istituzioni non attueranno un vero cambiamento, progettando una tecnologia più umana che non abbia l’unico scopo di tenere gli utenti incollati a uno schermo per trarne profitto, sarà necessario prendere davvero consapevolezza del funzionamento di questi strumenti, dei rischi che comportano insieme alla loro indiscutibile utilità. Infatti, posto che demonizzare queste piattaforme o vietarne l’utilizzo non risolverebbe molto, quello che possiamo fare è guidare gli adolescenti verso un’autonomia di pensiero, promuovendo un vero e proprio cambiamento culturale per educarli a utilizzare i social in modo sicuro.

Inoltre, creiamo relazioni solide in famiglia, offrendo un sistema di valori diversi dall’apparenza e dalla popolarità. Ricordiamo ai ragazzi che ciò che conta è il contenuto non la superficie, incoraggiamoli a essere sé stessi, nonostante i giudizi degli altri.

Organizziamo insieme a loro momenti in cui il telefono non serve. Forse, lontano dai social network, si accorgeranno che fuori da quello schermo c’è una vita senza filtri, imperfetta e piena di meravigliosi difetti, che sono quelli che ci accomunano davvero. Infine, cerchiamo di dar loro il buon esempio, mentre proviamo a cambiare le cose.