Manovra 2024, cosa cambia per le donne: le scelte di Meloni per le italiane

Non ci sono sorrisi in serbo per le donne in questa Legge di Bilancio 2024: il governo Meloni va a caccia di liquidità e lo fa anche a scapito delle italiane

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista, redattore e copywriter. Ha accumulato esperienze in numerose redazioni, scoprendo la SEO senza perdere il suo tocco personale

Approvata la Legge di Bilancio, quasi allo scadere delle tempistiche previste dalla legge. Una Manovra 2024 che prevede investimenti per 28 miliardi di euro. Incassati 200 sì e 112 no, così come 3 astenuti, ma soprattutto numerose polemiche da parte dell’opposizione.

L’ampio documento merita d’essere letto e analizzato con scrupolo, ma di seguito ci concentriamo su un solo aspetto, quello degli interventi inerenti esclusivamente alla sfera femminile. Non la famiglia, sia chiaro. Parliamo di donne. Tutte, anche chi non ha la “massima aspirazione” (della parlamentare di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni), che si ritroverà però a pagare l’Iva al 10%, e non più al 5% sui pannolini dei figli nati per il bene del Paese, così come sul latte in polvere. Inoltre, essendo donna e con il privilegio di un ciclo mestruale, l’aumento riguarderà anche gli assorbenti.

Opzione Donna: addio pensione o quasi

Il prepensionamento garantito alle lavoratrici in condizioni di fragilità, che tutti conosciamo come Opzione Donna, continuerà a non essere una realtà concreta per tante. Volge lo sguardo a caregiver, soggetti in possesso di invalidità civile di almeno il 74%, dipendenti o licenziate da imprese in crisi.

La Manovra 2024 proroga la misura per il 2024 ma il requisito anagrafico viene modificato. Si passa dai 60 ai 61 anni. Ciò che vuol dire? In pratica non ci sarà spazio per nuovi accessi, eccezion fatta per quelle lavoratrici che nel 2023 hanno già raggiunto il requisito contributivo di 35 anni. È però possibile ottenere uno sconto di un anno per ciascun figlio, entro un massimo di due anni.

Violenza sulle donne: tutele e assunzioni

L’emendamento delle opposizioni ha ottenuto l’ok, il che ha comportato un applauso in commissione. Prevede una somma di 40 milioni di euro, da destinare a misure di varia natura contro la violenza di genere.

Si ipotizza l’aumento dei fondi per il reddito di libertà, indirizzato a quelle donne che hanno vissuto situazioni di violenza. Garantiti, inoltre, maggiori finanziamenti per i centri antiviolenza. Una cifra che però appare decisamente minima per poter far fronte in maniera adeguata alla purtroppo crescente richiesta di tutela e assistenza. Ecco come verrà suddiviso questo “tesoretto”:

  • 4 milioni di euro – Dovranno coprire gli anni 2024, 2025 e 2026, attuando con tali somme le misure previste dall’articolo 26 bis del Decreto Legge del 25 agosto 2020;
  • 5 milioni di euro – Dovranno coprire gli anni 2024, 2025 e 2026. Fondi da usare per attuare il Piano Strategico Nazionale sulla Violenza Maschile contro le Donne 2021-2023. Si mira a rafforzare la rete di servizi privati e pubblici di prevenzione, assistenza e sostegno;
  • 3 milioni di euro – Cifra garantita ogni anno, a partire dal 2024, al fine di rafforzare la prevenzione della violenza sulle donne e, in generale, la violenza domestica. Si mira a rendere permanenti iniziative formative intraprese con gli operatori di polizia e altre professionalità;
  • 20 milioni di euro – Cifra da utilizzare nel periodo 2024-2026 per l’acquisto di immobili da destinare a case rifugio per donne vittime di violenza.

La Legge di Bilancio 2024 prevede inoltre uno sgravio contributivo garantito alle aziende che operano nuove assunzioni di soggetti rientranti in questa categoria fragile. Destinati a tale scopo 12,5 milioni di euro. Fondi che mirano a incentivare i datori di lavoro privati nel corso del triennio 2024-2026.

Lo sgravio prevede l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, con l’unica eccezione dell’Inail. La misura copre il 100% di quanto dovuto, fino a un tetto massimo di 8mila euro annui:

  • esonero di dodici mesi dalla data di assunzione, in caso di contratto a tempo determinato;
  • esonero di diciotto mesi dalla data di assunzione, in caso di contratto a termine;
  • esonero di ventiquattro mesi dalla data di assunzione, in caso di contratto a tempo indeterminato.

Si tratta però di una misura da analizzare nel profondo. Per quanto venga proposta come iniziativa a vantaggio delle donne vittime di violenza, che hanno necessità, magari, di riconquistare un’indipendenza economica, è rivolta a una platea molto ampia. All’elenco si aggiungono le beneficiarie del reddito di libertà, le disoccupate e, si legge, le donne. Dinanzi al decreto attuativo, si avrà maggior comprensione delle varie differenziazioni in termini di sgravi, a seconda della categoria di riferimento. Al momento, però, sembra minimo il vantaggio garantito.