Sentenza storica a Perugia: la vittima di stupro è credibile anche dopo anni

Sei anni fa è stata violentata da suo zio, ma spaventata dal fatto che qualcuno potesse subire la sua stessa sorte l'ha denunciato. I giudici hanno condannato il mostro

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Viviamo in una società dove la colpevolizzazione della vittima, per quanto aberrante e ingiusta, avviene ogni giorno nelle aule dei tribunali, tra le strade e le chiacchiere dell’opinione pubblica. Dove la narrazione si distorce e sposta l’attenzione sull’intenzionalità, perché è scavando in quella che è possibile, semmai, assolvere il carnefice. Un’epoca, la nostra, che trova nella donna ingenua, provocatrice, frivola e ammaliatrice, l’imputata perfetta per giustificare ogni male, anche il più ingiustificabile.

E in uno scenario così sconcertante ecco che quella sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Perugia diventa il faro in mezzo al buio, un simbolo che riaccende la speranza e che, finalmente, sostiene il diritto a denunciare una violenza sessuale anche dopo anni dai fatti. Ecco cos’è accaduto.

Violentata dallo zio, lo denuncia dopo anni

Correva l’anno 2018 e una ragazza veniva violentata più volte da un uomo molto vicino a lei. Si trattava di uno zio acquisito e come le peggiori storie dell’orrore, anche in questa, il mostro era in famiglia. A raccontare la vicenda, dopo la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Perugia, è stata l’edizione umbra de Il Messaggero.

Nonostante i ripetuti abusi, la ragazza aveva scelto di non parlare, di non denunciare. Lo aveva fatto perché consapevole che quella terribile verità avrebbe distrutto la vita delle persone coinvolte e l’equilibrio dell’intera famiglia. Aveva scelto di portare il peso di quel fardello da sola, e così avrebbe continuato se non fosse che la sorella minore rischiava di subire la sua stessa sorte. Così la giovane ha deciso di denunciare lo zio affidando alla giustizia le sue speranze.

Ma in Italia, è doveroso ricordare, il limite massimo per la denuncia di stupro è di 12 mesi. Trascorso questo tempo, infatti, la violenza non è più considerata un reato perseguibile. Si annullano, invece, i limiti di tempo nel caso in cui le vittime sono minorenni o la violenza è stata messa in atto da un convivente.

La Sentenza della Corte d’Appello di Perugia

Dopo la denuncia, l’uomo è stato condannato per violenza sessuale con sentenza di primo grado. Il 40enne ha deciso comunque di fare ricorso in appello, dichiarandosi estraneo ai fatti e puntando sulla poca attendibilità quella denuncia arrivata a distanza di anni attribuendola all’immaginazione della nipote acquisita.

I giudici di secondo grado, però, hanno confermato la condanna dichiarando che “L’attendibilità della persona offesa dal delitto di violenza sessuale non è compromessa dal decorso di tanti anni dal momento in cui erano iniziate le condotte illecite al momento della denuncia dei fatti”.

“Nel caso di specie, la Corte d’appello confermava la sentenza di condanna dell’imputato del delitto di violenza sessuale, commesso a danno della nipote della sua compagna, la quale aveva denunciato i fatti soltanto sei anni dopo l’inizio delle violenze”si legge sulla sentenza riportata dell’ultimo notiziario penale Procura Generale e Corte di Appello di Perugia – “La Corte riteneva che il decorso di tale termine non fosse indicativo dell’insussistenza delle condotte contestate, asseritamente frutto dell’immaginazione della persona offesa, quanto piuttosto della volontà della ragazza di non sconvolgere gli equilibri familiari; desiderio che era stato poi superato dal timore che l’imputato potesse commettere le stesse condotte nei confronti della sorella minore della vittima e che l’aveva condotta alla divulgazione dei fatti”.