La maternità surrogata è sempre più vicina a diventare “reato universale”

La proposta arriverà in Aula il 19 giugno e potrebbe diventare legge: così la maternità surrogata sarà considerata un reato universale

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Si affittano le case e i negozi, le auto e i furgoni, gli abiti e persino le borse di lusso. Ma non le persone, men che meno i bambini. Un affermazione, questa, che non avrebbe neanche bisogno di essere replicata dato che, nonostante i tanti difetti che caratterizzano la nostra società, sappiamo tutti riconoscere e celebrare il valore della vita umana. E allora perché c’è chi parla di utero in affitto?

Una premessa è doverosa per fare chiarezza: nessuno affitta niente agli altri. Quello che qualcuno definisce “utero in affitto”, in realtà non è altro che una poco velata connotazione negativa nei confronti della maternità surrogata, conosciuta anche con il nome di gestazione per altri, e spesso abbreviata in GPA, che prevede l’attivazione di una procedura in cui una donna provvede alla gestazione per conto di un’altra persona, o di una coppia, che di conseguenza acquisirà la responsabilità genitoriale nei confronti del bambino dopo il parto.

Una pratica, questa della GPA, che in Italia è completamente vietata e punibile con una reclusione che va dai tre mesi ai due anni e con multe piuttosto salate, ma che comunque era consentita, almeno fino a questo momento, ai cittadini italiani all’estero dove invece la procedura è legale. Parliamo al passato perché è recente la notizia di un disegno di legge, che potrebbe entrare in vigore già a partire dal prossimo mese, e che renderebbe la maternità surrogata un reato universale. Ecco cosa sta succedendo.

La maternità surrogata in Italia e nel mondo

Lo scenario che si apre davanti a noi, quando parliamo di surrogazione di maternità, è molto ampio e variegato e differisce sia dal punto di vista geografico che da quello culturale e ideologico. Che cos’è la GPA lo abbiamo già detto, si tratta di una forma di procreazione assistita che prevede il coinvolgimento di una madre surrogata che diventa, appunto, la gestante per conto di quelli che, all’effettivo, saranno i genitori legali dopo il parto.

La procedura di GPA viene avviata e definita attraverso un contratto tra la madre surrogata e i futuri genitori che si impegnano, oltre a stabilire regole, clausole e conseguenze, a contribuire alle spese mediche. In alcuni Paesi del mondo il procedimento prevede anche una retribuzione alla donna gestante per tutto il periodo della maternità, motivo per il quale è stato utilizzato e diffuso il termine “utero in affitto”.

Dello stesso termine si sono appropriati anche tutti coloro che vedono nella maternità surrogata, e per tutta una serie di motivi ideologici, sociali o religiosi, un vero e proprio reato. Sono molti, infatti, i paesi che non riconoscono la GPA e che considerano la donna che partorisce l’unica avente diritto a essere madre. Tra questi anche l’Italia e la Spagna.

In altri Paesi del mondo, invece, la maternità surrogata esiste ed è riconosciuta, sia in forma altruistica che retributiva, e cioè  in previsione di un vero e proprio compenso erogato nei confronti della gestante. Tra queste ci sono la Grecia, che con la legge 3089/2002 riguardante la procreazione assistita, ha introdotto anche la maternità surrogata legittimandola, e l’India, dove dal 2008 la legalità di questa pratica è ufficialmente riconosciuta e approvata, tranne nei casi di coppie omosessuali o di persone provenienti da Paesi dove questa non è legalizzata.

La maternità surrogata è legale, ma solo se praticata in forma altruistica, anche nel Regno Unito ed è regolarizzata dal Surrogacy Arrangmements Act. Segue la scia del Paese anche la Russia, che garantisce l’accesso a questa pratica a tutti i maggiorenni impegnati in relazioni eterosessuali.

Diversi i Paesi degli Stati Uniti d’America che garantiscono l’accesso alla maternità surrogata, tra i quali la California, che è stata la prima a regolamentare la procedura, e il Canada.

Completamente diverso è lo scenario che vige in Italia. La situazione, nel BelPaese, è chiara e non lascia scanso a equivoci: la surrogazione della maternità è vietata ed è considerata un reato perseguibile. Il divieto, totale e assoluto, è stato confermato anche dalla Corte Costituzionale e la procedura viene considerata come una pratica capace di minare la dignità della donna e delle relazioni umane.

Nonostante la linea piuttosto dura, adottata fino a questo momento, nulla ha impedito ai cittadini italiani di recarsi all’estero per procedere con la maternità surrogata. Secondo alcune stime “empiriche” fornite dal Corriere della Sera, sono state circa 250 le coppie italiane, a oggi, che si sono recate in Canada e negli Stati Uniti (che consentono la GPA anche ai non residenti), di cui il 90% per cento sono eterosessuali, al contrario invece di quello che solitamente si immagina.

La percezione è alterata proprio dal fatto che, non potendo le coppie gay adottare un bambino in Italia, spesso sono costrette a migrare per brevi periodi in altri Paesi e avviare così la procedura della maternità surrogata. Ma come confermano i dati qui sopra riportati, sono le coppie eterosessuali a fare la maggioranza.

Ora, però, tutto potrebbe cambiare e anche in tempi molto veloci dato che gli step per trasformare la proposta in una legge sono già stati avviati.

La maternità surrogata diventa un reato: i possibili scenari

Conoscendo i tempi della burocrazia italiana stupisce, e anche tanto, sapere che una proposta potrebbe diventare legge in così poco tempo, eppure è così. Il disegno di legge, infatti, era stato presentato in Senato soltanto nel mese di febbraio e, con tutta probabilità, già a giugno potrebbe diventare realtà.

La proposta ribadisce il totale e assoluto divieto della maternità surrogata, sia per le coppie omosessuali che eterosessuali, prevedendo però una normativa volta a contrastare quello che alcuni esponenti politici hanno individuato come un fenomeno di turismo procreativo. Questo vuol dire che le coppie italiane non potranno recarsi più all’estero, e nei paesi dove la GPA è consentita per i non residenti, per tornare poi in Italia con un figlio ottenuto dalla medesima procedura.

Diverse le opposizioni nei confronti del disegno di legge, prima tra tutte quella di Alessandro Zan che vede in questa normativa l’ennesima stretta sui diritti della comunità Lgbtq+ e delle famiglie arcobaleno. Nonostante le proteste, la proposta di legge sta avanzando: l’obiettivo è quello di trasformare la surrogazione di maternità in un reato universale, e quindi estendere le pene anche ai cittadini che compiono la procedura all’estero.

Quello che manca, a oggi, è il parere delle commissioni competenti, dopo di che il testo del provvedimento sarà portato in Aula il prossimo 19 giugno.