Le donne sono più istruite degli uomini. Ma lavorano meno

Numeri alla mano emerge una disparità di genere evidente tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso al mondo del lavoro

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Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

Che la battaglia per la parità di genere (che passa anche attraverso uguali opportunità) sia ancora lunga e irta di ostacoli è cosa nota. Ancora di più se si guardano i numeri, come quelli che sono stati resi noti dal report dell’Istat che ha fatto il punto sul livello di istruzione e sull’occupazione.

E i dati parlano chiaro, dimostrando che il percorso da fare è ancora lungo: le donne, infatti, risultano più istruite e – nonostante questo – lavorano meno. A questo si aggiunge il fatto che, nel tempo, non bisognerà agire solo dal punto di vista delle opportunità, ma anche da quello del salario. Anche il gender pay gap, infatti, non è stato debellato nonostante siano stati compiuti molti passi avanti nel corso di questi anni.

Donne istruzione e lavoro, i dati dell’Istat

Si chiama Livelli di istruzione e ritorni occupazionali. Anno 2022 ed è il report dell’Istat che mette in luce il rapporto tra studi e occupazione. Dati alla mano emerge che le donne sono maggiormente istruite rispetto agli uomini, ma che questo non ha ricadute positive nel comparto occupazionale dove, anzi, risultano impiegate in percentuale inferiore.

A parlare sono i numeri. Se la percentuale di donne laureate tra i 25 e i 34 anni si attesta al 35,5 per cento, il tasso di occupazione è del 57,3 per cento. Interessante confrontare questi dati con quelli maschili: gli uomini tra i 25 e i 34 anni laureati sono il 23,1 per cento, il tasso di occupazione, però nel loro caso, sale al 78 per cento.

Quindi, nonostante una maggiore istruzione, le donne trovano meno lavoro. A questo si aggiunge che le differenze di genere sono in aumento e maggiormente evidenti di quelle osservate nella media europea. Dal report emerge che le discrepanze si riducono all’aumentare del livello di istruzione: per le laureate, il tasso di occupazione è inferiore di 4,7 punti alla media Ue27, differenza pari a circa la metà di quella che si osserva per i titoli di studio medio-bassi. E anche nel nostro paese i differenziali occupazionali si abbassano all’aumentare del livello di istruzione.

Interessante anche osservare che le donne laureate in area Stem (ovvero nei percorsi di studio Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono la metà degli uomini evidenziando un grande divario di genere: i numeri parlano di una percentuale del 16,6 per cento per le prime e di un 34,5 per i secondi.

Gender pay gap: perché se ne deve parlare ancora

A una maggiore istruzione, che non corrisponde a un maggiore tasso di occupazione, si aggiunge anche la questione del gender pay gap. Un problema di cui si deve parlare ancora, perché non diminuisca l’attenzione.

E, infatti, non mancano le donne che si sono fatte portavoce di questa tematica. Basti pensare al mondo del tennis, dove l’equità salariale è un obiettivo che sta portando avanti la Women’s Tennis Association, l’associazione fondata da Billie Jean King. Oppure al recente Premio Nobel per l’Economia 2023: Claudia Goldin per il suo studio senza precedenti sulla disparità di genere.

Insomma, qualche passo avanti è stato fatto e l’attenzione sul tema resta abbastanza alta, del resto il problema esiste: il Sole 24 Ore aveva attestato la differenza salariale intorno al 12,5 per cento. Va anche ricordato che a maggio sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la direttiva europea per la parità salariale tra uomini e donne. Obiettivo che gli stati membri della UE, dovranno raggiungere in tre anni.