Bergamo: una seconda possibilità per la neonata lasciata nella Culla per la vita

Dopo Enea un'altra bambina è stata affidata alla Culla per la vita. Così, la mamma biologica, le ha salvato la vita e le ha concesso una seconda possibilità

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 4 Maggio 2023 13:08

Soltanto pochi giorni fa la città di Milano, e tutta Italia, si risvegliava con una notizia che nessuno vorrebbe mai sentire. Il corpicino senza vita di una neonata era stato trovato all’interno di un cassonetto della Caritas destinato alla raccolta di vestiti usati in zona Città Studi.

Dopo l’autopsia effettuata sul corpo della bambina è stato ipotizzato che il decesso fosse avvenuto proprio durante il parto. Di questo non abbiamo la certezza, quello che sappiamo però è che non è da escludersi neanche l’ipotesi dell’abbandono. E questo, inevitabilmente, ci fa riflettere su un grande problema che affligge il nostro Paese.

In Italia gli abbandoni dei neonati sono tantissimi, si tratta di una vera e propria emergenza che, troppo spesso, viene taciuta. E questo succede anche e soprattutto perché le mamme si sentono sole e giudicate, non sanno di avere delle alternative, non sanno che possono salvare la vita ai loro figli e dare loro una seconda possibilità. Come è successo a Enea qualche settimana fa, e come è successo adesso, alla neonata di Bergamo lasciata nella Culla per la vita.

Neonata lasciata nella Culla per la vita a Bergamo: “Vi affido un pezzo importante della mia vita”

Un bigliettino e una possibilità, anzi infinite, per la bambina nata il 3 maggio e lasciata nella Culla per la vita di Bergamo. Insieme a lei, anche l’ultima eredità della mamma biologica: “Vi affido un pezzo importante della mia vita”, ha scritto la donna su un pezzo di carta lasciato davanti alla Croce Rossa di Bergamo, riportando anche la data di nascita della piccola.

E così sarà fatto. La neonata è stata affidata alle cure e alle premure degli operatori della Culla per la vita, crescerà presto circondata dall’amore e dall’affetto di una famiglia che l’accompagnerà in quello straordinario percorso chiamato vita. Questo sarà possibile grazie e soprattutto alla sua mamma biologica che ha scelto di concedere a sua figlia, per motivi che noi non conosciamo e che non dobbiamo mai giudicare, una seconda possibilità.

Ed era successo anche al piccolo Enea, il neonato lasciato nella Culla per la vita della Clinica Mangiagalli il giorno di Pasqua. Perché al di là delle inutili polemiche, di chi si è unito al coro di tutte quelle persone che parlavano di scelte giuste o sbagliate, questa decisione non spetta a noi, così come non sono nostri il diritto e il dovere di giudicare.

Perché a guardare quello che succede, in Italia e nel mondo, viene da pensare che questa scelta altro non sia che un atto d’amore nei confronti del proprio bambino. Una decisione che può essere dolorosa, sofferta, e sicuramente mai presa a cuor leggero, che nasce dalla consapevolezza di non poter essere la mamma che quel bambino merita, per ragioni che devono essere rispettate, ma soprattutto rimanere private e insindacabili.

Una scelta, come quella presa dalla mamma di Enea, che secondo Fabiola Bologna, presidente di Aidm (Associazione italiana donne medico), ha permesso di salvare la vita a un’altra bambina.

“Credo che tutto il clamore seguito alla vicenda di Enea a Milano abbia contribuito ad accendere i riflettori sul tema, informando tante famiglie di questa possibilità” – si legge su Repubblica “La bimba era accompagnata da un biglietto scritto dalla sua mamma, nel quale la donna ha sottolineato di averci lasciato una parte importante della sua vita, chiedendoci di prendercene cura. Questa è l’essenza dell’affidamento, che è ben diverso dall’abbandono: quella mamma sognava per la sua bambina una vita migliore e ha fatto un passo importante per garantirgliela”.

La bimba nata a Bergamo ora si trova nel reparto di Patologia neonatale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII della città, mentre come da protocollo sono già partiti i diversi accertamenti, che garantiscono comunque la massima privacy alla mamma biologica e alla sua scelta. In Italia, infatti, la legge DPR 396/2000, art. 30, dà la possibilità alle mamme di partorire in anonimato e ai genitori di non riconoscere il bambino.

Gli abbandoni e la Culla per la vita

La storia della bambina di Bergamo e quella di Enea, e le opportunità che le rispettive madri hanno offerto ai loro figli, aprono a numerosi spunti di riflessione, soprattutto nei confronti del quadro disarmante che riguarda gli abbandoni in Italia. Perché sì, c’è una grande differenza tra scegliere di affidare il proprio figlio a qualcuno e di abbandonarlo.

Secondo i dati pubblicati dall’Unicef, sono più di un milione i bambini abbandonati dai genitori biologici in tutta Europa. Un fenomeno, questo, confermato anche da Ai.Bi. Secondo l’Associazione Amici dei Bambini, infatti, i neonati che vengono abbandonati in Italia, per strada o vicino ai cassonetti, sono migliaia, e solo poche centinaia vengono lasciati al sicuro in ospedale o nelle Culle per la vita. Gli altri, quelli lasciati al destino, non sempre hanno il lieto fine che meritano.

Le Culle per la vita sono state create proprio per questo. Si tratta di strutture, spesso inglobate in ospedali, che danno la possibilità alle mamme che sanno di non poter svolgere il loro ruolo, per qualsiasi motivo, di lasciare lì i loro bambini. Neonati che vengono accuditi e protetti, in totale sicurezza e in tutta privacy. “La culla è il luogo che salva il bambino da una vita che una donna ritiene insostenibile per un neonato e per lei stessa con quel neonato”, ha dichiarato Melita Cavallo, ex Presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma a La Sestina, con parole che spiegano esattamente la funzione di queste strutture.

In Italia ci sono circa 60 strutture dislocate in tutto il Paese, ma in pochi conoscono questa realtà. Eppure tutti dovrebbero sapere che esiste, perché solo così si può garantire al bambino una vita sicura, la possibilità di trovare una famiglia adottiva pronta ad amarlo.

Le donne, e in generale i genitori, devono sapere che non sono sole. Devono sapere che le mamme non possono e non devono sentirsi giudicate se decidono di non crescere quei bambini, se non se la sentono di farlo, se non possono farlo. È un diritto che appartiene a tutte le donne e che in Italia è regolamentato da una legge che permette il parto in anonimato. Proprio optando per questo, o scegliendo di lasciare il bambino in una Culla per la vita, li salvano e gli donano una possibilità. Quella che loro meritano.