La sindrome dello sfavorito: come crescere i secondogeniti

Sindrome dello sfavorito: ecco alcune informazioni utili per comprendere al meglio le esigenze e le problematiche che possono riguardare il secondo figlio, secondo l'esperta.

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Giorgia Marini

Parenting Specialist

Ex avvocato. Blogger, con la laurea sul campo in Problemi di Mammitudine. Da 6 anni scrivo di gravidanza, maternità ed infanzia, sul mio blog “Stato di Grazia a Chi?” e su altre testate online. Racconto la maternità con brio, garbo ed empatia.

Chi ha più di un figlio, sa quanti siano i sensi di colpa per le diverse attenzioni che si pensa di dedicare ad uno rispetto ad un altro. Avere un fratellino, una sorellina o più di uno, si dice spesso sia una dono per il primogenito, ma non altrettanto si parla di quella che, dalla psicologia, viene definita la sindrome dello sfavorito.

Ora, in questa sede, non vi aspettate dita puntate per quanto elargito ad un figlio rispetto ad un altro, prima di tutto perché non è detto affatto che davvero sia offerto un monte ore di cura ed educazione differente fra fratelli e sorelle e poi appunto perché sarebbe anche sbagliato parlare in tali termini, come se si trattasse di un oggetto contrattuale con condizioni e vincoli precisi ed inderogabili.

Ogni figlio è diverso e può avere bisogno di attenzioni e azioni diversi. Quello che va messa giù è una strategia unica come unico è ciascuno dei nostri figli. Lo vediamo da quando nascono, in termini di sonno, vivacità, indole a rispettare limiti e regole, fino a quando arrivano a scuola ed oltre.

Dunque, per evitare di cadere anche noi in riflessioni frutto delle nostre esperienze, abbiamo interpellato un’esperta: Barbara Bove Angeretti, dottoressa in psicologia dello sviluppo e dell’educazione, consulente per il sonno infantile e  per l’educazione empatica. Presente anche su instagram con un profilo nel quale divulga alcuni principi basilari dell’educazione dei bambini e delle bambine, la dottoressa ci ha aiutato ad affrontare il tema della sindrome del secondogenito.

Cosa si intende per sindrome dello sfavorito o del secondogenito

“Non molto tempo fa, ho letto un articolo che citava una ricerca condotta da alcuni economisti della MIT Sloan School of Management di Cambridge, in cui si parlava della Maledizione del Secondogenito. Lo studio ha utilizzato due fattori: il tasso delle assenze, sospensioni e delle espulsioni dagli istituti scolastici dei figli, ed i problemi con droga, alcool e denunce, in relazione all’anno di nascita del ragazzo/a. Sembra proprio che la maggior incidenza di questi casi, si sia riscontrata nei secondogeniti, e le motivazioni andrebbero ricercate nelle attenzioni che i genitori rivolgono ai figli”.

Con questo incipit della dottoressa Bove Angeretti, ci si potrebbe allarmare, ma ovviamente, lo sappiamo, non basta nascere dopo, per commettere reati! Questa premessa, come ora vedremo, è necessaria per parlare delle eventuali differenze di approccio che possiamo offrire ai nostri figli.

“La spiegazione al carattere ribelle dei secondogeniti sarebbe da rintracciarsi, secondo la ricerca, nel comportamento dei genitori, ma anche nel fatto che il fratello maggiore si affianca alla figura dei genitori, come esempio e punto di riferimento e non come pari.

Come si scrive nella ricerca,  i secondogeniti tendono ad avere meno attenzioni materne rispetto ai fratelli maggiori, al contrario,  i primogeniti godono di un’attenzione esclusiva fino all’arrivo del secondo nato, inoltre, abbiamo scoperto che l’arrivo di quest’ultimo potenzialmente può estendere l’investimento dei genitori nella prima infanzia del primo.

I primogeniti sarebbero più stimolati mentalmente dai genitori. Questi ultimi, con i secondi, si lascerebbero andare anche a comportamenti più permissivi. Dunque, mentre i figli maggiori hanno modelli di comportamento che sono gli adulti, i più piccoli hanno invece modelli che sono i bambini stessi!

Uno dei principali errori in cui non incorrere, nel ruolo di genitore, è quello di affidare la responsabilità del secondogenito sul figlio maggiore. Mi preme particolarmente sottolineare che, affidare la responsabilità e quindi elevare a modello il primogenito, possa avere un impatto negativo su entrambi i figli”.

Essere secondogeniti
Fonte: iStock
Come educare i figli, in particolare, i secondogeniti

Primo errore da non commettere mai con i figli

Senza dunque scomodare reati o semplicemente capricci eccessivi a carico dei fratellini e delle sorelline più piccole, la dottoressa è chiara e determinata nell’indicare un comportamento erroneo nel quale cadiamo un po’ tutti. I figli devono avere pari dignità ed essere trattati per quello che sono, bambini e bambine, nessuno deve diventare troppo presto un modello o un adulto al quale il secondogenito deve riferire, immedesimarsi o obbedire. Le conseguenze, in questi casi, le pagano tutti i figli.

“Il punto di riferimento per i figli (tutti i figli) deve essere sempre il genitore Per quanto sia virtuoso o disponibile il/la maggiore, la responsabilità non compete a lui/lei, questo genera squilibri all’interno della relazione e accentua differenze non intrinseche, ovvero naturalmente esistenti tra due persone diverse, ma attribuite da terzi.

Sono i genitori ad avere il ruolo di guida, loro devono dover fungere da modello. I pari (e quindi anche i fratelli maggiori) hanno un ruolo diverso, che non deve essere modificato o stravolto per facilitare o agevolare il lavoro dei genitori.

Ho due figlie, e conosco bene la fatica di alcune circostanze che, nella pratica quotidiana, mi porterebbero a scaricare la responsabilità sulla primogenita, che la accetterebbe (o la subirebbe), ma non sarebbe giusto. In questi casi, meglio trovare altre soluzioni, rispetto a delegare responsabilità e compiti che sono aderenti ai ruoli che devono esserci in famiglia”.

Tra l’altro, se il primo diventa un modello, il secondogenito diventa solo un soggetto che deve aspirare a diventare qualcun altro, percepito come migliore di lui. In termini di autostima, dunque, potrebbe essere dannoso.

Essere secondogeniti
Fonte: iStock
Come educare i figli, in particolare, i secondogeniti

Figli: come possiamo agire per non sbagliare

Premesso che non dobbiamo giudicarci con durezza, che avere dei sensi di colpa continui non ci può aiutare, abbiamo chiesto alla dottoressa come possiamo agire per non cadere in quell’errore che relegherebbe i figli agli stereotipi che abbiamo appena visto, sia per il secondogenito che per il secondo.

“Come dicevo prima, è fondamentale consentire ai figli di avere una relazione tra pari, senza affidare responsabilità reciproche. Non paragoniamo le azioni ed i caratteri dei figli fra di loro e davanti a loro. Queste comunicazioni creano competizione, in più annullano le differenze e non sostengono il pensiero critico.

Evitiamo di ordinare ad un figlio di fare qualcosa perché lo ha fatto il fratello o la sorella. Certe cose vanno fatte a prescindere, senza che ci si debba specchiare in quanto svolto dall’altro. So che molti genitori lo fanno senza essere consapevoli, in quanto non ci si rende sempre conto di ciò che implicitamente o involontariamente comunichiamo. Esplicitare questi contenuti nelle nostre comunicazioni è parte del mio lavoro.

La maledizione o sindrome del secondogenito può emergere quando le aspettative dei genitori si basano sull’esperienza con il primo figlio. Il confronto e la competizione possono portare a una serie di conseguenze emotive che vanno a incidere sull’autostima e sul senso di inadeguatezza.

Molti genitori, quando arriva il secondo figlio, sentono di aver tolto qualcosa al primo, in termini di attenzione, di tempo. Nel tentativo di sopperire, cercano di dedicare tempo esclusivo oppure di accogliere le richieste di esclusione del primogenito: per esempio, pensiamo a quando, a volte, il bambino chiede di allontanare il minore per evitare che lo infastidisca durante un’ attività. Questo però non fa altro che creare maggiore distanza nella relazione”.

Ora, è ovvio che bisogna calarsi nei casi specifici, ad esempio, se si parla di svezzare il fratellino/sorellina, operazione messa in crisi dalla confusione che c’è in cucina con gli altri bambini, si tenderà a separare i bambini, in quel contesto e quanto meno all’inizio.

È importante avere chiari priorità ed obiettivi, perché creare esperienze separate può essere nocivo, ma ci sono contesti nei quali è inevitabile. Pensiamo anche alla nanna pomeridiana: se il grande non fa la più, certamente non può giocare o chiacchierare con noi, che siamo impegnate a creare l’atmosfera giusta per il relax del più piccolo. Bisogna valutare caso per caso.

“Consiglio sempre ai genitori di creare del tempo inclusivo, in cui i fratelli possono stare insieme nello stesso ambiente, preferibilmente svolgendo attività non strutturate, ovvero un gioco libero, alla presenza del genitore, non perché questi debba fare l’arbitro, ma perché possa osservare le dinamiche relazionali e mostrare come gestire eventuali conflitti in modo positivo.

Ultimo ma non ultimo: i figli sono unici, non uguali ed è quindi impossibile trattarli ugualmente dal momento che sono persone diverse. Dovremmo cercare di trattarli equamente ovvero considerando, accogliendo e dando una risposta specifica ai bisogni di ognuno”.

Nella pratica di tutti i giorni è difficile mediare tra l’importanza del tempo inclusivo e le esigenze del tempo esclusivo. Pensiamo a quando il “grande” ha una partita di pallavolo, per lui importante, e “il piccolo” voglia essere accompagnato alla festicciola del compagno di classe. In questi casi, può essere importante fare a turno con il /la partner, in modo che ci si alterni senza che nessuno avverta di essere escluso. Anche con l’aiuto dei nonni o di una tata di famiglia, si possono trovare delle soluzioni, lì dove date ed orari sono inconciliabili. Mantenere poi, con l’età, un buon dialogo aiuta a non sentirsi meno importanti del fratello/sorella e noi stessi potremo gestire meglio gli eventuali sensi di colpa.

Le parole della dottoressa Bove Angeretti sono chiare ma certamente non di facile applicazioni nella pratica, come lei stessa ha dichiarato, conscia di quanto sia più facile delegare responsabilità precocemente o paragonare i figli. Ciò non ci deve spingere ad essere duri con noi stessi, ma ad essere stimolati a ragionare e a mettere in pratica nuovi modi di agire con i figli. Se e quando cadiamo in errore, perdoniamoci, non è questo che farà dei primi dei martiri né dei secondi degli irresponsabili. Se davvero la situazione ci sfugge di mano o ci manda in affanno, così come, durante la gravidanza chiamiamo una professionista come una doula a sostenerci, in famiglia possiamo rivolerci a delle e degli esperti del campo per aiutarci ed aiutare la relazione fra fratelli e sorelle.