La favola triste di Serena Cruz

Poteva essere felice, Serena Cruz, e forse lo era stata, anche se era troppo piccola per ricordarselo. Ma seguire la legge era un dovere, anche a discapito del suo benessere

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

C’era una volta, neanche troppo tempo fa, una bambina il quale destino sembrava segnato dall’arrivo di due amorevoli genitori che promettevano di prendersi cura di loro. Una favola, la sua, alla quale è stato strappato il lieto fine però, perché l’amore non è niente in confronto alla giustizia italiana che ha deciso di portare via la piccola dalle braccia di mamma e papà e dal suo fratellino. Una storia, quella di Serena Cruz, che ha diviso la stampa, la politica e l’opinione pubblica, che ha mandato in frantumi l’identità di una bambina cresciuta senza punti fermi.

Serena Cruz, una storia ingiusta

Nata a Manila il 20 maggio del 1986, Serena Cruz è stata abbandonata alla nascita e poi affidata a un orfanotrofio situato proprio nella capitale delle Filippine. Fu da lì che i coniugi Giubergia, desiderosi di dare amore a un’altra bambina e di portarla via da quel luogo, presero la nobile decisione di prendersi cura di lei. E lo fecero, anche se per troppo poco tempo.

Fu Francesco, ferroviere di Racconigi, a prendersi l’onere e l’onore di assolvere quella missione. Presentatosi all’ambasciata italiana a Manila riconobbe Serena come sua figlia naturale, iscrivendola anche nel proprio passaporto. La piccola era salva, iniziava per lei una nuova vita fatta di amore, fatta di famiglia. Il 13 gennaio del 1988 Francesco tornò a casa, ma non era solo.

Essendo stata riconosciuta la paternità, i coniugi Giubergia non avviarono alcuna pratica di adozione e iniziarono a prendersi cura di Serena. Le giornate trascorrevano lente, e poi veloci, mentre l’equilibrio familiare veniva tenuto in piedi dall’amore che mamma Rosanna e papà Francesco provavano nei confronti dei loro due bambini. I Giubergia, infatti, avevano un altro bambino, Nasario, anche lui originario delle Filippine.

Tutto è cambiato improvvisamente, però, quando la Procura del Tribunale dei minori convocò Francesco per assicurarsi della paternità della bambina, richiedendo un esame del sangue. Giubergia non si presentò e col passare delle settimane il tribunale dei minori prese la storica decisione di allontanare Serena dalla famiglia. Il 31 gennaio del 1989, dopo appena un anno dell’arrivo di Serena a casa, la Corte di Appello di Torino confermò la decisione: Serena sarebbe stata affidata a un’altra famiglia.

Questa Corte si rende conto che togliere una bambina da una famiglia nella quale è inserita da un anno (e sulla positività di tale inserimento vi sono negli atti riscontri autorevoli di medici e psicologi) costituisce un trauma assai grave. Ma ci sono esigenze di rispetto della legge che sono imposte dalla tutela di interessi pubblici assolutamente preminenti e che il giudice deve, sia pure con sofferenza, garantire(…)

Così scelsero i giudici per lei, cambiando la sua vita. Distruggendo quella della la famiglia Giubergia che aveva a cuore solo il benessere della bambina. Eppure, nonostante avessero assolto quel compito, questo non era abbastanza, così come non lo era la serenità di Serena, perché la legge contava più di ogni altra cosa.

Una nuova identità per Serena

Serena non lo capiva ancora che la sua vita stava per essere stravolta, ma così successe. A Marzo venne affidata agli assistenti sociali di una comunità per poi essere adottata dalla famiglia Nigro. I Giubergia hanno combattuto ogni giorno della loro vita per stringere tra le braccia, di nuovo, la loro bambina. Ma non ce l’hanno fatta.

Si sono affidati alla stampa, hanno raccontato la loro storia all’Italia intera incontrando molto supporto da parte della comunità locale. Il 7 marzo, infatti, prima ancora dell’assegnazione della piccola alla nuova famiglia, la città di Racconigi si è riunita in una giornata di protesta tenendo tutti gli esercizi commerciali chiusi e bloccando la statale. Vennero istituiti diversi comitati a favore dei Giubergia e l’opinione pubblica si spaccò in due.

Dall’altra parte, infatti, c’era anche chi demonizzava le adozioni fai da te, accentuando il rischio del traffico dei bambini che però, è evidente, non aveva nulla a che fare con quella famiglia che, anzi, aveva solo la volontà e il desiderio di dare amore a quella bambina, come aveva già fatto durante la breve permanenza di Serena, come lo stesso tribunale aveva riconosciuto durante la sentenza.

Nonostante il frastuono mediatico, il 17 marzo Serena sparì. Il suo nome venne cambiato e per lei iniziò una nuova vita con il nome Camilla Nigro.

Le cause e le conseguenze

Il caso di Serena Cruz ebbe numerosi risvolti, non solo nella vita dei diretti interessati, ma in quella di tutti gli altri. Il coinvolgimento di politici, giornalisti e altre personalità illustri concretizzò la necessità di ripensare su tutto il sistema delle adozioni, compressa la responsabilità civile dei giudici.

Anche il discorso privacy fu affrontato, soprattutto quando la famiglia Nigro esposta all’attenzione mediatica, fu costretta a cambiare diverse volte residenza per proteggere la bambina da occhi indiscreti. Non essendoci, infatti, leggi sulla tutela, la foto della piccola Cruz erano circolate liberamente fino a quel momento.

Camilla, la bambina che non sapeva di essere Serena

Il tempo trascorse e tutti smisero di parlare del caso fino a quando fu lei a parlarne. Lo fece quando a casa Nigro trovò alcuni articoli di giornale che riportavano la sua foto, che raccontavano di lei e della sua storia. Così ha iniziato a cercare la verità e al compimento dei diciotto anni è tornata a essere Serena Cruz.

“I giudici sono stati senza cuore: hanno applicato le leggi convinti di fare del bene. Ma nel mio caso non l’hanno fatto: papà, in fondo, non aveva commesso nulla di male, mi aveva tolto dall’inferno” – ha dichiarato la ragazza a Repubblica in un’intervista concessa più tardi. E aveva ragione. Perché i giudici portarono la strapparono via dalle braccia materne e paterne, sottraendogli la possibilità di essere felice, di far parte di una famiglia, quella stessa famiglia che sì, aveva commesso una frode nei confronti dello Stato, ma lo aveva fatto solo per amore.

Dopo aver compiuto la maggiore età si è riavvicinato ai Giubergia, ma soprattutto ha potuto riabbracciare Nasario, quel fratello che non ha mai smesso di cercarla. Camilla è tornata a essere Serena pur non dimenticando mai tutto quello che è successo, e quella sofferenza dalla quale è dovuta rinascere.