Melissa Lucio: la mamma condannata a morte

"Fermate l'esecuzione di Melissa": la richiesta di salvare la donna latina dall'esecuzione capitale fissata per il 27 aprile dallo Stato del Texas

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Aggiornamento del 26 aprile 2022 – A 48 ore dall’esecuzione, la Corte d’appello del Texas ha deciso di sospendere la condanna a morte di Melissa Lucio. La donna si è si è sempre dichiarata innocente.

Pena di morte: è questa la sanzione che grava sulla vita di Melissa Lucio, o su quel che resta di questa. La donna 53enne di origine messicane il 27 aprile dovrà dire addio ai suoi figli, ai suoi familiari e alla sua vita. Quell’iniezione letale, che sarà somministrata nel carcere di Mountain View a Gatesville, in Texas, sarà la fine di tutto.

E a poco sono serviti, almeno per il momento, le urla di chi grida all’omicidio di stato, a una pena capitale anacronistica e aberrante che non può essere compresa né tantomeno accettata, soprattutto se a farsene portavoce è uno dei Paesi più civilizzati al mondo. Perché nessuno dovrebbe mai avere il diritto o il potere di decidere della vita di un’altra persona, che sia un uomo o uno stato intero. Eppure, nel diritto penale statunitense, quella della pena di morte è una realtà ancora vivida.

Una sentenza quella di Melissa Lucio che ha diviso in due l’America, e non solo. Che ha movimentato migliaia di attivisti in tutto il mondo per salvare quella donna, per salvare quella mamma di 14 figli, condannata con l’accusa di aver ucciso la sua bambina di due anni nel 2007 ad Harlingen.

Chi è Melissa Lucio

Era il 17 febbraio del 2007 quando l’ambulanza arrivò nella casa di Melissa Lucio e del suo compagno. Fu la donna a chiamare i soccorsi perché sua figlia, Mariah, era caduta dalle scale il giorno prima. I soccorritori, però, all’arrivo si trovarono davanti al corpo senza vita della bambina. La versione raccontata da mamma Melissa non convince, così il fatto viene denunciato alla polizia.

Il giorno dopo sono le forze dell’ordine ad arrivare a casa di Melissa, questa volta per arrestarla con l’accusa di aver picchiato a morte sua figlia.

È un interrogatorio lungo, pesante e senza tregua quello a cui viene sottoposta la donna già provata dalla morte della sua bambina. Un interrogatorio di terzo grado durato ore e fatto senza la presenza di un difensore, al termine di questo che sembra arrivare una confessione, che confessione vera e propria non è: «È probabile che io sia responsabile», ha detto Melissa Lucio.

Melissa si assume le responsabilità di quello che è accaduto, forse per essere stata distratta quando Mariah è caduta dalle scale, forse perché in situazioni del genere i sensi di colpa divorano una mamma. Fatto sta che quelle poche e confuse parole bastano al responsabile dell’accusa della contea di Cameron per accusare la donna e chiedere alla giura la pena capitale, la prima per una donna latina.

Nel mese del luglio 2018, la giuria considera la Melissa responsabile dell’omicidio e la condanna a morte, nonostante non ci siano delle vere proprie prove a carico di questa. Bastano i lividi sul corpo di Mariah a far presumere alla giuria che la bambina è stata picchiata a morte. Prove che sia stata la madre o che sia quella la motivazione della morte non ce ne sono.

A nessuno importa che Melissa continua a dichiararsi innocente, che chiunque la conosca non l’abbia mai considerata una donna violenta, che i suoi 13 figli insieme al marito hanno testimoniato la sua innocenza. Mariah è caduta dalle scale a causa di un momento di distrazione di sua madre e poi è morta per un trauma cranico. Questa è la versione inascoltata di una mamma disperata condannata a morte.

“Fermate l’esecuzione di Melissa”

E se l’epilogo non fosse questo? E se ci fosse un modo per fermare l’esecuzione di Melissa? Già nel 2020 la giornalista Sabrina Van Tassel realizzò il documentario El Estado de Texas vs Melissa nel quale venivano evidenziati tutti gli aspetti controversi della sentenza, la presenza di un’accusa feroce e a tratti manipolatoria e l’impossibilità della donna di difendersi con i giusti mezzi a causa delle condizioni economiche della famiglia.

A questa storia, poi, si sono interessanti in molti sostenendo Melissa, chiedendo di ribaltare la sentenza (inclusi vip come Kim Kardashian e il presentatore John Oliver). Oggi lo stanno facendo anche i senatori del Texas che si sono uniti alla richiesta rivolta al governatore Greg Abbott e alla commissione di fermare l’esecuzione del 27 aprile 2022 già avanzata da 87 membri della camera.