Era il 22 giugno del 1983 quando, all’improvviso, una ragazza di quindici anni spariva nel nulla, senza lasciare traccia. Si trattava di Emanuela Orlandi, divenuta l’inconsapevole protagonista di uno dei fatti di cronaca più controversi, misteriosi e inspiegabili del nostro Paese.
Dalla sua sparizione, fino a oggi, sono state avanzate ipotesi e sono emerse testimonianze, a volte vere a volte false. Sono state condotte indagini, poi interrotte e poi riprese. Si è parlato di Chiesa e di religione, di violenza e pedofilia, di allontanamento spontaneo e di rapimento. Sono stati coinvolti gli organi di Stato, il Vaticano e il Banco Ambrosiano. I servizi segreti e anche la Banda della Magliana. È stato persino avanzato un collegamento con l’attentato al Papa e poi con Mirella Gregori, una ragazza romana scomparsa un mese prima di Emanuela Orlandi, e anche lei mai più ritrovata.
Quello che resta oggi, di Emanuela Orlandi, è un grido di disperazione da parte dei familiari che, a distanza di quasi 40 anni, sono ancora alla ricerca della verità. Quella stessa verità inseguita dalle forze dell’ordine, dai giornalisti e da tutti quelli che hanno provato a dare un senso alla storia di quella ragazza svanita nel nulla. Una storia raccontata anche nella docu-serie di Netflix – Vatican Girl – che ha scandagliato il passato e quei giorni di pressione e preoccupazione aprendo l’ennesima finestra su una delle pagine più dolorose e controverse della cronaca italiana. Ripercorriamola insieme.
Chi era Emanuela Orlandi
Emanuela Orlandi nasce il 4 gennaio del 1968 nella capitale. Figlia di Ercole, dipendente della Prefettura della casa pontificia, vive insieme alla sua famiglia nel Vaticano, la città Stato nel cuore di Roma dove ha sede il pontefice, un piccolo microcosmo in cui chiunque si sarebbe sentito al sicuro.
Anche Emanuela, probabilmente, si sentiva al sicuro lì, tra l’affetto della famiglia e degli amici, mentre trascorreva le sue giornate all’insegna della spensieratezza e dei sogni grandi e straordinari. Si divideva tra gli studi del liceo scientifico che frequentava e la scuola di musica in piazza Sant’Apollinare. Amava cantare, suonare il pianoforte e il flauto traverso, ed era una promettente musicista.
Quel giorno di inizio estate del 1983, però, tutto è cambiato. Dopo essere stata a lezione di musica, Emanuela chiama sua sorella Federica con la quale ha un appuntamento. Le dice che arriverà tardi perché si è fermata a parlare con un uomo incontrato in strada che le ha proposto un lavoro di volantinaggio per una ditta di cosmetici in occasione della sfilata di moda nell’atelier romano delle sorelle Fontana. Sono le 18:45, e quello sarà l’ultimo contatto prima della sparizione di Emanuela.
22 giugno 1983: la sparizione
Emanuela non raggiunge la sorella e non rientra a casa, questo allarma la famiglia che si mette subito alla ricerca. I primi a muoversi sono papà Ercole e il figlio Pietro, che raggiungono la scuola di musica e i suoi dintorni. Provano anche a sporgere denuncia, ma questa viene formalizzata solo il giorno successivo, il 23 giugno del 1983.
In meno di 24 ore i media locali e nazionali diffondo la notizia della sparizione di Emanuela Orlandi. Le sue foto sono sui giornali e tra le piazze della città di Roma. Iniziano così una serie di testimonianze, di telefonate di persone che dicono di aver incontrato Emanuela, o almeno così credono.
Le indagini si muovono su due versanti, sia su piste ufficiali sua su piste ufficiose. Pietro, suo fratello, insieme a degli amici individua una strada: pare che la ragazza sia stata vista parlare con un agente di Polizia di Stato e un vigile urbano davanti al Senato. I due confermano, anche se l’identità di Emanuela non è certa. Raccontano che la ragazza era in compagnia di un uomo, di circa 40 anni, vestito in maniera elegante. Si trattava forse del misterioso uomo della proposta di lavoro?
Quello che emerge da indagini successive è che la ditta di cosmetici, in realtà, non ha nulla a che fare né con la proposta di lavoro fatta alla ragazza, né tanto meno con l’uomo.
Un mese dopo la sparizione di Emanuela, Papa Giovanni Paolo II, durante l’Angelus rivolge un appello ai rapitori affinché la ragazza sia lasciata libera. Prende forma così l’idea di un sequestro che allarma la famiglia e smuove le indagini. Pochi giorni dopo il telefono della sala stampa vaticana squilla: un uomo, che viene ribattezzato dai media l’Amerikano, afferma di tenere in ostaggio la quindicenne e che l’avrebbe lasciata andare solo in cambio della liberazione di Mehmet Ali Ağca, l’uomo che aveva attentato alla vita del Papa due anni prima.
Pochi giorni dopo arriva un’altra telefonata, questa volta a un’amica di Emanuela. A parlare, dall’altro capo del telefono è un uomo dall’accento mediorientale, ma la richiesta è sempre la stessa: uno scambio con Mehmet Ali Ağca.
Le telefonate continuano ad aumentare, e coinvolgono direttamente i familiari. Alcune persone sostengono di aver incontrato Emanuela in compagnia di amiche, altre la descrivono insieme a un uomo. Ma nessuna di queste testimonianze è accompagnata da prove certe.
Le settimane si trasformano in mesi e poi in anni, ma di Emanuela non si ha nessuna traccia. Alcune fonti anonime parlano del decesso della ragazza, mai confermato dalle autorità. La famiglia riesce a coinvolgere un agente del SISDE che prova a mettersi sulle tracce dell’uomo misterioso, senza però venirne a capo. Intervengono anche i giornali che ipotizzano che la sparizione di Emanuela Orlandi, in realtà, è un sequestro ai danni della famiglia, e più nello specifico di suo padre che intrattiene rapporti finanziari con gli esponenti della Banca Antonveneta.
Che fine ha fatto Emanuela Orlandi?
Arriviamo al 2005, e nonostante siano trascorsi quasi più di 20 anni, la famiglia è ancora alla ricerca di Emanuela e della verità. Durante la trasmissione Chi l’ha visto, nella puntuta in onda su Rai 3 l’11 luglio dello stesso anno, arriva una telefonata anonima che apre un’altra pista, quella di un collegamento tra lo Stato Pontificio e la Banda della Magliana. Pare sia stato Enrico De Pedis, conosciuto come Renatino, ad aver stretto un accordo con il cardinal Poletti.
L’anno successivo, a parlare, è Sabrina Minardi, ex moglie del calciatore Bruno Giordano che ha avuto una relazione proprio con De Pedis. In un’intervista conferma le parole della telefonata anonima parlando di un coinvolgimento della Banda della Magliana e di alcuni membri del Vaticano. A confermare tali dichiarazioni è anche Maurizio Abbatino, ex esponente dell’organizzazione criminale capitolina e collaboratore di giustizia. Le dichiarazioni parlano di sequestro e omicidio.
Nel 2010 Pietro Orlandi racconta di essere riuscito a parlare con il terrorista Mehmet Ali Ağca che ha confermato che la sparizione di Emanuela porta la firma del Vaticano, facendo il nome del cardinale Giovanni Battista Re. Dalla conversazione emerge che la ragazza è ancora viva.
Nell’ottobre del 2015, però, il Gip sceglie di archiviare le indagini per mancanza di prove, ritenendo inattendibili le dichiarazioni di Sabrina Minardi e la pista del sequestro.
Nel 2017, le dichiarazioni del giornalista Emiliano Fittipaldi, aprono nuovi retroscena. L’uomo dichiara di essere stato in possesso di un documento di rendicontazione di spese sostenute dalla Città del Vaticano tra le quali figuravano quelle relative all’allontanamento dalla città e alla gestione della vicenda Orlandi. Lo stesso documento, però, era stato rubato nel 2014.
Gli occhi sono tutti puntati sul Vaticano che, per dimostrare la sua collaborazione, autorizza le analisi del DNA su alcune ossa ritrovate durante il restauro della Nunziatura Vaticana. Queste, però, non coincidono con Emanuela Orlandi.
Tutte le domande poste fino a questo momento restano così senza una risposta, e a distanza di quasi 40 anni dalla scomparsa, nessuno sa che fine ha fatto Emanuela Orlandi.
Gli ultimi aggiornamenti del caso
Nonostante gli anni trascorsi dalla sparizione, nessuno ha mai smesso di cercare Emanuela. Non lo hanno fatto i familiari, né tanto meno suo fratello Pietro che nutre ancora la speranza di poter riabbracciare sua sorella. Come lui stesso ha ribadito più volte, infatti, sono tanti gli indizi ignorati e le piste mai seguite per arrivare alla risoluzione del caso.
Dello stesso avviso sono anche le autorità italiane che, proprio nel mese di giugno del 2023, a distanza di 40 anni dalla misteriosa scomparsa, hanno scelto di riesaminare il caso per intero partendo proprio dai documenti, dai fascicoli e da tutti quegli indizi che avrebbero potuto rappresentare una svolta.
In prima linea, per la risoluzione dell’enigma, troviamo Alessandro Diddi, Promotore di giustizia del Vaticano che, proprio quest’anno si è impegnato personalmente nella raccolta di tutto ciò che riguarda il caso di Emanuela Orlando, documenti che sono già stati trasmessi alla Procura di Roma.
L’obiettivo comune è quello di analizzare, nuovamente, tutto il materiale in possesso raccolto in questi 40 anni per approfondire piste che in passato sono state ignorate.
“Abbiamo raccolto molte carte che, forse, erano sfuggite agli inquirenti negli anni passati, documenti che ora sono stati messi a disposizione della Procura di Roma” – ha dichiarato Diddi a Tg1 Mattina Estate – “Abbiamo trovato dei dati che non erano mai stati lavorati e credo che adesso sia il momento per portare a compimento questo nuovo filone di indagini”.