Ci sono libri ben riusciti che permettono alle persone di identificarsi con passione tra le storie e i personaggi della narrazione, ci sono poi casi letterari, che durano e perdurano nel tempo, gli stessi che riescono a conquistare anche diverse generazioni. E poi c’è Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.
Quando nel 1978 Christiane F. pubblicò il suo libro – che in Italia arrivò solo nel 1981 – sconvolse l’opinione pubblica. C’è chi finalmente aprì gli occhi su alcune realtà così radicate, ma così ben nascoste, chi lesse il libro con incredulità, chi ancora con disgusto o con compassione. La sensazione però restava la medesima: tutti erano stati resi partecipi di una guerra che veniva combattuta da tempo a loro insaputa.
C’era un esercito a combattere – o forse a perdere – quella guerra, che non ha mai registrato alcuna vittoria. Tra gli angoli degradati della città, nella stazione della metro dello zoo di Berlino e nelle strade al margine delle comfort zone dei ben pensanti. Combattenti silenziosi disposti a tutto per avere una dose, la stessa che spesso li spegneva. Forse gli altri sapevano di questa guerra, ma non volevano vedere. Poi è arrivata lei, Christiane F., e li ha costretti a guardare.
Non pensavo a niente. Non mi accorgevo di niente. Qualche volta non sapevo neppure se ero ancora in vita.
Indice
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
Come un pugno dello stomaco che lascia, dopo di sé, un dolore invisibile, così è stato Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino. Un romanzo-inchiesta che ha squarciato con prepotenza il silenzio sulla realtà esistente fatta di dipendenza dalle droghe, che è entrato dalle finestre e dalle porte delle case di chi le aveva ben chiuse a chiave. Ormai, non si poteva più fare finta di niente.
E la storia di Christiane F. è una di queste, un abisso di dolore e disperazione tra i drammi esistenziali di una guerra combattuta insieme ad altri come lei, quelli che si bucano. Tutti tenuti insieme dalla dipendenza e dalle parole degli autori del libro-inchiesta, Kai Hermann e Horst Rieck, che senza contorni romanzati e parole gentili hanno riportato la verità, nuda e cruda.
È il 1978 quando i due giornalisti si preparano a incontrare Christiane. La motivazione è un’intervista rispetto alla situazione giovanile e ai drammi adolescenziali dei ragazzi di Berlino.
Erano previste due ore per il colloquio, diventarono due mesi. Presto ci ritrovammo non più nel ruolo degli intervistatori ma in quello di ascoltatori estremamente coinvolti. Dalle trascrizioni delle bobine registrate dei colloqui è nato questo libro.
Dopo un anno, tutti parlavano di quei ragazzi. Della protagonista Christiane F., che conosce le droghe a soli 12 anni, che vende il suo corpo per una dose, che ama un fidanzato che forse davvero non ama. Ancora lei che vede apparire, uno dopo l’altro, i nomi dei suoi amici sui necrologi dei giornali.
La storia della protagonista si alterna alle parole degli altri, stralci di testimonianze dirette dei sopravvissuti a quella guerra, degli operatori sociali e delle forze dell’ordine, in un libro che parla di lei ma anche ti tutti gli altri, di un problema che avvelena Berlino e i suoi ragazzi, e tutta l’Europa di quegli anni.
Tutto era diventato nuovamente completamente realistico, e cioè completamente senza speranza.
La storia vera di Christiane F.
Christiane inizia a fumare hashish, perché forse nel farlo non c’era nulla di male, perché la voglia di evadere e di scappare da una realtà che non voleva fosse la sua, era essa stessa una dipendenza. Poi è passata agli acidi, alle pasticche e all’eroina.
L’effetto arrivò davvero come una martellata. Ma un vero orgasmo me lo ero immaginato diversamente. Subito dopo ero completamente abbrutita. Non percepivo quasi più nulla e non pensavo a niente.
E forse era questo che voleva davvero Christiane: non pensare più a niente. Poco importava se per farlo avesse dovuto salire su quel treno, di sola andata, verso l’inferno.
Christiane Vera Felscherinow, nota con lo pseudonimo di Christiane F. nasce ad Amburgo il 20 maggio del 1962. Cresce a Gropiusstadt, nella periferia di Berlino, tra alti e grigi palazzi di cemento e troppe poche aree giochi. Il padre è violento, la madre è assente, e la voglia di fare qualcosa di proibito cresce ogni giorno sempre di più.
Si imparava in maniera del tutto automatica che tutto quello che è permesso è terribilmente insulso e che tutto quello che è vietato è molto divertente.
Gli stati d’animo sono altalenanti e tra una dose, e l’altra, Christiane si ritrova tra le strade buie e fangose di Bahnhof Zoo, la fermata della metro dove lei venderà il suo corpo giovane per qualche dose di eroina. Lo fa perché le servono i soldi, per lei e per Detlef. Vivono insieme come due innamorati a casa di un cliente fisso del ragazzo. Anche se innamorati, forse non lo sono mai stati.
È lei stessa ad ammettere che, senza droga, tra i due non c’era nessun feeling. E allora continua a vendere il suo corpo, continua ad assumere le sue droghe. Le persone ora lo sanno, l’hanno letto tra le pagine del libro dove i giudizi moraleggianti sono – e devono – essere lasciati fuori.
Perché è quella la vita di Christiane, quelli sono i suoi amici e la sua nuova famiglia. In quel microcosmo disequilibrato tra di loro si aiutano, a bucarsi, a restare in piedi. Lei però non si sente a casa neanche in questo modo, così prova a disintossicarsi, a uscire dal baratro, per poi tornarci. Ancora e ancora.
Non avremo più alcuna voglia di ritornare su
“Non avremo più alcuna voglia di ritornare su” è l’ultima frase dell’ultima pagina del libro Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino. E Christiane? E gli altri? I riflettori si sono accesi sulla ragazza che nel frattempo è diventata donna e si è ripulita dal fango di Bahnhof Zoo.
Christiane ha assunto, nella sua versione più popolare, i lineamenti di Natja Brunckhorst, l’attrice che l’ha interpretata nella versione cinematografica del libro del 1981. Ma cosa è rimasto di quella spettacolarizzazione del dolore? Dov’è Christiane, oltre al mito?
Tutto quello che è rimasto è raccontato dalla stessa Christiane F., insieme alla giornalista Sonja Vukovic, nel libro Christiane F. – Mein zweites Leben. È la sua seconda vita che, questa volta, viene portata alla luce. Anche se quella luce, lei, non la vedrà più.
Christiane F., la mia seconda vita
Tra il 1981 e il 1984 Christiane si appassiona alla musica e tenta la carriera musicale con il supporto e la complicità del suo compagno, Alexander Hacke, musicista della band Einstürzende Neubauten. Nel 1985, però, viene arrestata per la detenzione di stupefacenti, così lascia Berlino e si trasferisce in Grecia a cavallo degli anni ’90.
Inizia una nuova vita con il suo fidanzato che però viene arrestato per spaccio. Christiane torna a Berlino e nel 1996 ha un figlio. I media locali continuano a parlare di lei, a sbattere tra le pagine dei quotidiani i suoi misfatti, compresa la notizia drammatica della sottrazione della custodia del figlio a causa della sua tossicodipendenza.
La seconda vita di Christiane F. è fatta di alti e bassi, di ricadute e di lotte per la sopravvivenza, di amicizie pericolose e di dolore, ma anche di anni felici e di amore. Ogni capitolo del libro è un’opportunità che la donna ha non ha saputo, o forse voluto, cogliere
Non ho mai voluto smettere, non conoscevo altro nella vita. Ho deciso di vivere una vita diversa dagli altri. Non ho bisogno di un pretesto per smettere – ha ammesso Christiane Felscherinow in un’intervista rilascia a Vice restando così il simbolo di una generazione spezzata e cicatrizzata dalla patina glamour delle canzoni di David Bowie o Iggy Pop.
Noi, ragazzi dello zoo di Berlino, la serie tv
Sono trascorsi ormai 40 anni dall’uscita del libro e dalla celebre pellicola diretta da Uli Edel. E quella storia fatta di eroina, prostituzione, amicizia e complicità, è ora tornata alla ribalta, forse per le nuove generazioni che della vita di Christiane e degli altri ragazzi della stazione della metropolitana Zoo di Berlino, non ne sanno nulla.
Noi, ragazzi dello zoo di Berlino, è oggi una serie televisiva distribuita da Prime Video. Oggi le persone possono rivivere quei disagi adolescenziali che sono sfociati nelle peggiori dipendenze, tra la ricerca di identità personale e la voglia – mai riscattata – di lasciarsi alle spalle il dolore.
C’è Christiane e ci sono i suoi amici, raccontati dagli autori della serie televisiva attraverso tutti i materiali raccolti dai giornalisti della rivista Stern. C’è l’anti-favola e quel futuro falciato da far conoscere alle nuove generazioni.
Noi non parlavamo mai del futuro.