È la sera del 23 settembre e Giancarlo Siani sale a bordo della sua auto, una Citroën Mehari verde. La giornata è finita, e dopo ore di instancabile lavoro, l’uomo si dirige a a casa sua, in via Romaniello, nel quartiere del Vomero dove è nato e cresciuto.
Giancarlo è un aspirante giornalista pubblicista e la sua penna è considerata scomoda dalla criminalità organizzata di stampo mafioso che comanda la città e l’Italia intera. Lui, però, non si lascia spaventare da quello di cui tutti hanno paura e continua a scrivere, lo fa instancabilmente a Torre Annunziata dove lavora come corrispondente de Il Mattino.
Il sole è tramontato già da un po’ e la piacevole frescura conferma che l’autunno è ormai arrivato. Giancarlo arriva a destinazione attorno alle 21:00 circa, ma non fa in tempo a scendere dalla macchina per raggiungere la sua casa che due uomini, col volto scoperto, si avvicinano a lui. Impugnano una pistola e sparano dieci colpi sul corpo del giornalista uccidendolo all’istante.
Chi era Giancarlo Siani
Nasce a Napoli Giancarlo Siani, il 19 settembre del 1959 e lì, nel quartiere del Vomero dove vive la sua famiglia, cresce e coltiva i suoi sogni. Dopo il diploma conseguito presso il Liceo Classico G.B. Vico, si iscrive alla facoltà di sociologia all’Università degli Studi di Napoli. È un ragazzo molto attento a ciò che succede intorno a lui, Giancarlo, e lo dimostra prendendo parte ai movimenti studenteschi del ’77. Ma vuole fare di più: non vuole solo guardarla la società in cui vive, vuole anche raccontarla.
Durante gli anni universitari Giancarlo collabora con alcuni periodici locali. Racconta in maniera autentica e spontanea ciò che i suoi occhi vedono con una particolare attenzione ai temi sociali. Parla dell’emarginazione, degli ultimi, dei fragili e dei poveri. Parla della criminalità che proprio lì trova terreno fertile per nascere e proliferare.
Informare per Giancarlo diventa una vocazione. Fonda insieme ad alcuni suoi colleghi il Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione, per sostenere la libertà di stampa. Inizia poi a collaborare con il mensile Il lavoro nel Sud, della Cisl, e come corrispondente de Il Mattino.
È proprio qui, a di Torre Annunziata, che inizia a scrivere di criminalità e di camorra. Di accordi e guerre dai clan. Inizia così a collaborare anche con l‘Osservatorio sulla Camorra diretto da Amato Lamberti. Non è ancora un giornalista, Giancarlo, almeno non su carta. Lavora duramente e instancabilmente per raggiungere il suo obiettivo: sostenere l’esame e diventare giornalista pubblicista. Un sogno, il suo, che si realizzerà solo dopo la sua morte con il riconoscimento ad honorem da parte dell’Ordine dei Giornalisti.
Le inchieste sulla camorra
Indaga Giancarlo, lo fa ricostruendo i legami, le gerarchie e gli accordi che ci sono tra gli esponenti della camorra. Le sue inchieste si concentrano soprattutto su Valentino Gionta, boss del clan locale che porta il suo nome, e sulle sue attività illecite. Siani scava, e lo fa in profondità, fino a raccontare in uno dei suoi ultimi articoli di quell’accordo tra il clan Nuvoletta, alleato di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della Nuova Famiglia, fatto per vendere Gionta alle forze dell’ordine.
È il 10 giugno del 1985 e gli esponenti della criminalità organizzata leggono le parole di Siani. Per loro, quel giovane giornalista, si è esposto molto, troppo. È arrivato il momento di fare qualcosa.
23 settembre 1985
La pubblicazione dell’articolo di Giancarlo Siani crea non pochi problemi ai membri della camorra. Con la sua inchiesta ha sciolto nodi e ha svelato verità scomode, ma soprattutto ha minato la credibilità del clan Nuvoletta – a causa della segnalazione di quel rapporto con le forze dell’ordine – agli occhi degli altri esponenti della criminalità organizzata partenopea e siciliana.
Lorenzo e Angelo Nuvoletta, si incontrano con gli altri membri: è ora di sbarazzarsi di quell’aspirante giornalista. Dopo diversi incontri, e con il benestare di Totò Riina, decidono il da farsi: lo uccideranno lontano da Torre Annunziata per eludere eventuali sospetti. Intanto Giancarlo continua il suo lavoro, porta avanti le sue inchieste e inizia il suo più grande e importante progetto: un libro dedicato al terremoto dell’Irpinia e ai rapporti tra esistenti tra politica e camorra.
Il testo, però, non vedrà mai la luce così come non si realizzerà il suo sogno di diventare giornalista. La sera del 23 settembre del 1985, mentre Giancarlo è ancora a bordo della sua auto in procinto di raggiungere la sua abitazione, due uomini si avvicinano a lui e impugnando due Beretta calibro 7,65 gli sparano. Muore così Giancarlo Siani.
Il processo e la condanna
Non ci vuole poi molto affinché le forze dell’ordine risalgano ai mandanti del brutale omicidio. La conferma arriva dai pentiti Salvatore Migliorino e Ferdinando Cataldo, il primo affiliato al clan Gionta e il secondo direttamente coinvolto nell’omicidio, che conducono le indagini direttamente ai membri del clan Nuvoletta.
Offesi da quell’articolo, e preoccupati del marchio di infamità che quella verità giornalistica avrebbe messo, inevitabilmente, sul clan, i suoi boss hanno deciso di organizzare una missione punitiva.
Il 15 aprile del 1997 inizia il processo. La corte d’assise di Napoli condanna all’ergastolo i fratelli Nuvoletta e Luigi Baccante. La sentenza sarà confermata anche in Corte di Cassazione tranne per Valentino Gionta che alla fine sarà considerato estraneo al delitto.
In ricordo di Giancarlo Siani
Sono passati quasi 40 anni anni dalla morte di Giancarlo Siani, eppure nessuno ha mai dimenticato quel giovane ambizioso e coraggioso, con tante sfide da vincere e grandi sogni da realizzare. Uno, il più importante, si è materializzato nel giorno del 35° anniversario della sua morte, quando a Napoli l’Ordine dei Giornalisti ha riconosciuto a Giancarlo Siani il titolo di giornalista ad honorem.
La sua storia, oggi, riecheggia nella sua città di origine, e non solo, tra le scuole che a lui sono state dedicate. Anche le strade parlano di lui. Lo fa quella del quartiere Arenella di Napoli, a lui intitolata, e quella di via Vincenzo Romanielo dove, nel 2016, è stato inaugurato un murale dedicato al giovane giornalista.