Vatinee Suvimol, Cenerentola ha gli occhi a mandorla

La storia (incredibile) di una delle food blogger più amate. Un passato di dolore e solitudine, un presente straordinario e un futuro tutto da scrivere

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 29 Agosto 2020 16:55

Da piccola mi vergognavo del mio cognome. Perché non era italiano. Perché non era quello delle mie sorelle.
“Non posso avere lo stesso cognome vostro?”
“No.”
“Nemmeno con l’adozione?”
“No. La Legge non lo consente”.
Fu da allora che iniziai a sfogliare un piccolo libro chiamato “Codice Civile”. Avevo 12 anni. E sognavo di fare l’avvocato. Sognavo di fare l’avvocato per tutelare i diritti di quelli come me. Di quelli che si trovano nel mio status: lo status di figlio illegittimo. Sì, perché quando si cresce ai margini di una famiglia, fai di tutto per ottenere quella affrancazione in grado di elevarti a pari dignità dei “legittimi”.  E quando dissi al mondo che sognavo di fare l’avvocato, c’era chi mi diceva: “Impossibile. Non ce la farai mai: non sei figlia di avvocati”. Se è per quello, non ero figlia di nessuno. E così, nonostante questi deterrenti, ho studiato per vent’anni, venendo a sapere che l’adozione è un istituto a tutela di tutti i bambini. Soprattutto di quelli non riconosciuti, non legittimati. E così ho scoperto che potevo avere un cognome italiano. Ma oggi scopro che non ho più bisogno di avere quel cognome italiano. Perché oggi quella bambina, col cognome thai, è diventata avvocato. La prima avvocatessa thai nella storia dello Stato Italiano”.

È la prima volta che apro un’intervista con parole che non siano mie, ma per raccontare Vatinee volevo fosse lei stessa ad accompagnarvi nel suo mondo, con la delicatezza che la contraddistingue da sempre, e questo nonostante di motivi per essere arrabbiata con il mondo ne avesse parecchi. Concepita per caso (ma noi lo sappiamo che il caso non esiste) a Bangkok da una madre poco più che adolescente, abbandonata dalla stessa per rincorrere il sogno italiano, cresciuta dalla nonna, a sei anni sbarca a Roma per crescere insieme alla sorella Valentina, che non sapeva di avere. In una famiglia che forse non l’ha mai accettata ed amata veramente, la Suvimol decide con determinazione di cambiare il suo destino, non dimenticando mai né le sue radici né il padre mai incontrato, al quale in età adulta dedica il suo blog aperto nel 2011, A Thai Pianist, perché l’unica cosa che sapeva di lui era che fosse un pianista. Ed è per questo che ho deciso di raccontarvi la sua storia, perché in ognuna di noi è nascosta una principessa, alcune però ci credono più di altre, riuscendo a vivere la loro favola, regalandola al mondo. Questa è la storia di Vatinee Riva Suvimol.

Sono nata a Bangkok 40 anni fa. Mia mamma era l’ultima di sette figli, discendente da una famiglia di antichi nobili decaduti. Le sue sorelle erano riuscite ad andare in spose a uomini di rango superiore e a finire gli studi, ma quando nacque lei non c’erano più soldi. Una sera conosce un ragazzo che suona in un piano bar. Aveva litigato con i fratelli e non voleva tornare casa. Quella notte rimase a dormire fuori casa. E in quella notte sono stata concepita. A poco più di 19 anni, dopo alcuni mesi si rese conto che qualcosa non andava. Fu allora che capì di essere incinta di me. Lo disse a quel pianista del locale ma lui rispose che non ne voleva sapere. Pare fosse già sposato e avesse già figli. 

Vatinee torniamo indietro nel tempo. Tua mamma senza un lavoro, con un pancione che cresceva e con gli sguardi del villaggio e di tutta la famiglia, porta avanti la gravidanza e partorisce da sola. Cosa succede dopo?
Mia madre era così bella che si innamora di lei un giovane italiano di buona famiglia in vacanza in Thailandia. Lei gli confessa che era “una ragazza segnata”, cioè una ragazza madre, senza un marito. Per la Thailandia, uno scarto della società. A lui non importa, era così folgorato da prometterle un biglietto per Roma e che l’avrebbe sposata. Quando, mesi dopo, arrivò per davvero un biglietto aereo di sola andata mia madre pensò che forse la sua vita non era finita, che forse poteva ancora tornare a vivere e a sognare, aveva vent’anni e tutta l’esistenza davanti. Partì per l’Italia lasciandomi a Bangkok con la nonna. Sono cresciuta con lei, mio zio, i cugini ed i soldi che la mamma ci mandava. Ogni anno lei veniva a trovarci. Mi ricordo l’arrivo di questa signora elegante e truccata, mi comprava tutto quello che volevo. Le ero grata e avevo un po’ soggezione, ma non riuscivo a provare null’altro. Per me la mamma era la nonna.

Poi arriva il momento del tuo trasferimento in Italia…
Un giorno, quando avevo 6 anni, la nonna mi disse: “Sta venendo tua mamma dall’Italia ma stavolta c’è una novità. Viene per prenderti e per portarti via, vivrai con lei, con suo marito e con una sorellina di nome Valentina. Imparerai l’italiano e crescerai in una buona famiglia dove ti compreranno vestiti e ti faranno andare nelle migliori scuole”. Ricordo il momento della separazione con disperazione, ancora oggi, quando passo per quell’aeroporto, torno la bimba di sei anni e scoppio a piangere. È una ferita che ancora non sono riuscita a ricucire.

In quel momento tutto cambiò e il mio cuore si congelò per anni. Venni a Roma, crebbi con una famiglia che non ho mai sentito mia. Il mio patrigno era severo, la mamma non era poi così affettuosa (ho poi scoperto che soffriva di depressione), l’unico conforto era la mia sorellina, Valentina, ma non capivo quando mi parlava perché parlava italiano e io conoscevo solo il Thai. Ogni giorno pensavo alla mia Thailandia e aspettavo che la nonna mi venisse a prendere. Poi un giorno scoppiò una triste consapevolezza: la nonna mi aveva abbandonata lì. Nessuno mi avrebbe mai salvata. Quello era il mio destino. Decisi che lo avrei cambiato investendo su me stessa, in sei mesi imparai l’italiano perfettamente. Mio papà era un funzionario bancario per cui dopo Roma ci siamo trasferiti a Singapore e poi in Germania. E così imparai anche l’inglese, il tedesco e il francese. A dodici anni parlavo quasi cinque  lingue.

L’intelligenza e la determinazione sono state il motore per il tuo riscatto, sei cresciuta sentendoti un’estranea nella tua famiglia, mentre all’esterno tutti si “innamoravano” di te. Come mai?
Mia madre non mi hai considerato davvero una figlia, ma un errore, vergognandosi del colore della mia pelle, che tanto le ricordava quello di mio padre, quell’uomo che le aveva rovinato la vita. Sono cresciuta sentendomi brutta e indesiderata. Eppure il vuoto che sentivo in casa veniva colmato dal calore delle persone fuori: mi volevano tutti bene. Insegnanti, amiche, ragazzini, tutti si affezionavano a me. Credo fosse quella ricerca eterna di consenso e di piacere al prossimo, pur di colmare la solitudine che sentivo dentro. Adolescente, chiesi a mamma se suo marito poteva adottarmi. Così avrei potuto sentirmi finalmente parte integrante della famiglia e avere lo stesso cognome delle mie sorelle. Odiavo il cognome thai, il cognome di mio madre che di me diceva che non ho mai avuto un padre che mi abbia riconosciuto. Lei rispose: non è possibile, la legge non lo permette. Non è possibile, pensai. Non è possibile che una legge non tuteli i diritti di un bambino che sente il bisogno di integrarsi in una famiglia. E così promisi a me stessa che avrei studiato da sola il diritto italiano.

Veniamo alla donna di oggi, ti diplomi con un anno di anticipo, ti trasferisci a Bergamo, lavori per mantenerti in una società di informatica dove conosci Giuliano e vi innamorate…
Da quel giorno non mi sono più sentita sola, è stato lui ad accompagnarmi a fare le foto per il tesserino, quella sera abbiamo fatto l’amore e non ci siamo più lasciati. Avevo una persona che mi voleva bene senza guardare il colore della mia pelle e l’origine del mio cognome. Mi voleva bene e basta. Non dovevo più lottare per nulla. È stato in quel periodo che mia sorella Valentina mi scrisse dicendomi se poteva venire a vivere con me a Bergamo, visto che i miei tornavano a viaggiare. Insomma, all’improvviso avevano bisogno di me, del mio aiuto. Io ero così felice di poter tornare a vivere con lei, da sole e in libertà. Senza nessuno a rimarcare che non eravamo sorelle al 100%, che eravamo diverse, che avevamo cognomi diversi. Bergamo diventa la nostra casa, il punto di partenza per ricostruire le nostre vite. Io e Giuliano ci sposiamo, rimango incinta e tento la pratica forense. Quando Sofia è arrivata mi sono finalmente sentita quella mamma che avevo sempre desiderato essere per riscattare il mio passato.  Finalmente mi sarei presa cura della mia bimba e non l’avrei mai abbandonata, e sono riuscita a prendermi cura anche di me stessa, lavorando dodici ore al giorno per diventare avvocato. Avvocato Suvimol. Il primo avvocato thai in Italia, ricevendo anche i complimenti dall’Ambasciata thailandese e oggi sono legale di fiducia del ministero del commercio thai a Milano.

La tua vita sembra perfetta, un lavoro per cui hai studiato tanto, una famiglia come la immaginavi da piccola, eppure ti manca qualcosa, ed è così che nasce il Blog, “A Thai Pianist” dedicato a tuo padre…
Ho sentito il bisogno di chiamarlo così, forse perché amo il pianoforte e perché mi sarebbe piaciuto suonarlo, come quel padre che non avevo mai conosciuto, che mi aveva ripudiata. Raccontavo la mia storia, condividevo le gioie ed i dolori, e anche delle ricette thai e di quanto io ne sentissi la mancanza, anche se in realtà avevo vissuto solo 6 anni in Thailandia. Pensavo che nessuno mi avrebbe letta, eppure i primi post raccoglievano già tantissimi commenti: scrivi ancora Vaty, chiunque tu sia, che bello leggere di questa tua storia, sembra un libro.

Nel 2014, un editore digitale si accorse di me e mi chiese di aprire un progetto con lui raggruppando tutti questi blogger che intanto avevano sviluppato doti fotografiche di altissimo livello. Creammo così un sito che raggruppò 200 blog in una piattaforma di nome iFood che faceva oltre 1 milione di visite al mese. Gli sponsor e i brand ci notarono così iniziai a creare una professione che prima di allora non esisteva: il foodblogger. Le aziende commissionavano ricette e fotografie e io e il mio team di foodblogger coordinavamo questi progetti. Il progetto andò bene e l’editore, sentita la mia storia, volle pubblicare la mia autobiografia: “La mia storia thai, ricordi e ricette”.

Vatinee Suvimol
Vatinee, una donna incredibile

Una mia amica thai dopo aver letto il libro si è proposta di farmi ritrovare mio padre, lo ha cercato su Facebook per un anno. Ma nulla. Un giorno su un profilo (con nome e cognome di mio padre) trova un video di un signore che suona il pianoforte. Cerca di mettersi in contatto con lui e dopo diversi tentativi gli chiede esplicitamente: “Ma lei per caso ha una figlia in Italia, perché c’è una famosa foodblogger di origini thai che cerca suo padre naturale che ha il suo nome e cognome?”. “Sono io, è mia figlia, si chiama Vatinee”.

La tua storia sembra davvero una favola…
Per certi versi lo è davvero, è la storia di una donna che non si è mai data per vinta, che ha lottato con tutta se stessa per cercare il riscatto da una vita che le ha negato l’amore di cui aveva più diritto, e mi ha dato la forza per scommettere su me stessa, e sui valori in cui ho sempre creduto, la famiglia in primis. Scoprire in età adulta che mio padre non ha mai smesso di cercarmi è stata la quadratura del cerchio, è come se l’affetto negato mi arrivasse tutto insieme, in un anno ho scoperto di avere altre due sorelle, grazie ai social sono riuscita a rintracciarle scoprendo che una di queste era Wannasiri Kongman, una famosa stilista thai. Decido di scriverle, lei mi risponde e di incontriamo a Milano. Sono andata all’incontro con il cuore in gola. La prima cosa che ha detto è stata: sei uguale a papà. Ho pianto fiumi di lacrime. Per la prima volta mi sono sentita figlia di qualcuno. La prima volta in vita mia. Era il 2018. Da allora ci vediamo ogni volta che viene in Italia, ci confidiamo su tutto ma lei preferisce che non si sappia della sua vita personale perché in Thailandia è molto conosciuta. Per cui resto abbastanza discreta su di lei anche se vorrei gridare al mondo: “Ehi.. avete presente quella designer fighissima e di successo? È mia sorella!”.

Vatinee Suvimol
Vatinee, una foodblogger speciale

Ne parlo ogni tanto sui miei profil social dove ho tantissimo seguito di gente che mi stima e mi adora: per il mio essere avvocato, mamma, influencer, autrice e fotografa. Infatti dopo il successo del mio blog, del mio nuovo portale indipendente, sono stata contattata da un editore per scrivere un libro su come fotografare il cibo. Il manuale ha avuto un successo pazzesco e ogni giorno mi seguono nuove persone, curiose di sapere come fotografo e come coniugo questa vita tra avvocatura e influencer. Ogni tanto il mio senso di inferiorità fa capolino e cerca di togliermi il sorriso, ma poi guardo il dono che mi ha fatto questa seconda parte della mia vita: mio marito, mia figlia, mio figlio, il ritrovamento di mio padre, che ho abbracciato l’anno scorso per la prima volta, e l’incontro con mia sorella thai, e penso che non ho più motivo di rivangare il passato.

Vatinee Suvimol
La splendida famiglia di Vatinee

La tua famiglia italiana come ha preso queste notizie?
Oggi ho confessato a mio padre italiano di questi incontri. Le mie sorelle si trovano benissimo con la sorella thai e ultimamente facciamo cene e viaggi tutte insieme, tra donne, per recuperare i 40 anni persi. L’unica a non sapere nulla è mia madre. Credo non sopporterebbe l’idea che io mi sia ricongiunta a lui e che abbia delle sorelle, di cui una stilista tra le più famose in Thailandia e di cui lei certamente avrà letto nelle riviste di moda. Questo è un capitolo della mia vita di cui non riesco a gioire: avere una notizia così immensa e bella e non poterla rivelare proprio alla persona che mi ha generata mi fa sentire ancora una volta oppressa, abbandonata, incompresa.

Ma la vita è proprio come un libro. Sfoglio le pagine in attesa di capire cosa mi riserveranno i prossimi capitoli.