C’è un’Italia che sfugge agli itinerari turistici, fatta di piccoli borghi, tradizioni culinarie tramandate per generazioni, chiesette millenarie nascoste tra i boschi e storie che non hanno mai trovato spazio in tv. È questa Italia che Stefano Bini, conduttore e autore, racconta nel suo nuovo programma L’Italia più bella che c’è!, col punto esclamativo nel titolo, ci tiene a sottolinearlo.
Un viaggio in 13 puntate alla scoperta dell’autenticità, lontano dai luoghi comuni della televisione di viaggio, da seguire su La7.it a partire dal 13 luglio alle 14.30 – e sempre disponibili on demand. Ogni domenica, Stefano Bini ci porta a conoscere le tante curiosità di piccoli centri, preziosi e unici, regalando al telespettatore immagini e racconti del tutto inediti.
A noi Stefano Bini ci ha svelato come è nato L’Italia più bella che c’è!, il primo programma nato su La7.it con un formato televisivo vero, le puntate durano infatti ciascuna 45 minuti.
Com’è nata l’idea di L’Italia più bella che c’è!?
L’idea è nata come naturale evoluzione delle trasmissioni che ho condotto in Rai negli ultimi cinque anni, sia radiofoniche che televisive. Ma in questo progetto ho messo ancora più me stesso. Vengo da una famiglia che da sei generazioni lavora nella ristorazione, ho respirato l’autenticità fin da piccolo: stagioni nelle aziende familiari, tra cucine vere e persone vere. Quando racconto un territorio o un piatto, non lo faccio da semplice conduttore, ma da uno che ci è cresciuto.
Ho voluto creare un programma diverso: non il solito tour nei borghi più instagrammabili, ma un viaggio dentro l’anima del nostro Paese. Andiamo nei boschi, nelle stazioni termali dimenticate, nelle piccole chiese di campagna, nei musei poco conosciuti ma pieni di storia. Raccontiamo quelle ricette che si stanno perdendo, tramandate oralmente e cucinate ancora oggi da nonne e padri. L’autenticità è il cuore di tutto.
Come avete scelto i 13 luoghi delle puntate?
Stefano Bini: Non ci siamo basati su cataloghi turistici o classifiche, ma su un lavoro di ascolto. Ho parlato direttamente con sindaci, dirigenti comunali, responsabili di stazioni termali. Ho chiesto loro: ‘Cosa rende questo posto unico? Cosa non avete ancora mai avuto modo di raccontare?’.
Solo quando ho sentito quella scintilla, quella storia ancora non vista né sentita, ho deciso di inserirla nel programma. Ogni puntata è costruita con cura, con l’aiuto della mia squadra di autori e produzione. È una selezione non solo di luoghi, ma di emozioni.

Qual è il tuo luogo del cuore?
Ne ho due. Il primo è la mia terra d’origine: la Maremma grossetana. È dove sono nato e cresciuto, con il suo mare, le colline, i profumi dell’olio buono, il vino, i salumi, la pasta fatta in casa. Il secondo è Milano Due, il quartiere dove vivo oggi. È un luogo simbolico, perché lì è nata la televisione commerciale e anche la mia carriera ha preso forma proprio lì.
Durante le riprese c’è un aneddoto o un’esperienza che ti ha particolarmente colpito?
Due momenti, in particolare. Il primo è stato nei paesi intorno all’Aquila. Ho voluto raccontare la ricostruzione post-terremoto non dal punto di vista della città, ma dai piccoli centri limitrofi, spesso dimenticati, dove vivono 400 o 500 persone. Ho parlato con i sindaci, ho ascoltato storie di forza e rinascita che meritavano spazio. È stato toccante.
Il secondo è la puntata sulle centrali geotermiche delle Bagnore, sul Monte Amiata, in provincia di Grosseto. In collaborazione con Enel, ho scoperto una realtà affascinante: un’energia pulita e rinnovabile nel cuore delle colline metallifere. Un luogo che unisce natura, innovazione e cultura.
E parlando di cucina, quali piatti ti hanno colpito di più?
Ne cito due. Il primo è la polenta di castagne con ricotta di pecora del Monte Amiata e lamelle di carne di maiale: un piatto povero, ma ricco di sapore e tradizione. Il secondo è il risotto al pesce persico del lago di Como: delicato, elegante, eppure intenso.
Invece a casa, cosa cucini?
Tutto. Sono cresciuto tra fornelli e ho imparato da mia nonna, mia madre, mio nonno. La pasta alla buttera, che ha inventato il mio bisnonno, è sempre presente. Poi le bistecche di maiale al vino bianco e le zuppe di legumi, come le facciamo in Toscana: cipolla bianca, fagioli cannellini, pomodoro fresco, salvia, aglio… solo sapori veri.
Hai lasciato il mondo della ristorazione per la TV: perché?
L’intrattenimento è qualcosa che ho sempre avuto dentro. A 5 anni cantavo con mia nonna in cucina. Da adolescente facevo radio e scrivevo articoli. Anche quando aiutavo la mia famiglia nei ristoranti durante la stagione, d’inverno tornavo a Milano a fare interviste, radio, preparazione giornalistica. È una vocazione: o ci nasci, o non lo fai. Ho iniziato a 16 anni, oggi ne ho 39.

Dopo cinque anni in Rai, perché il passaggio a La7?
In Rai non c’erano più spazi per me. Così ho preso il telefono e ho chiamato Urbano Cairo. Avevo già scritto il progetto, e lui, insieme al direttore Andrea Salerno e tutta la squadra editoriale e commerciale, mi ha accolto con entusiasmo. Abbiamo realizzato L’Italia più bella che c’è! con grande libertà e passione. È anche un esperimento editoriale: per la prima volta La7.it manda in onda un programma con un formato televisivo vero, da 45 minuti a puntata. Una scommessa importante, e sono orgoglioso di esserne autore, conduttore e capo progetto.
Ci saranno altre puntate, oltre queste 13? Magari invernali?
Mai dire mai. Però il branded content, che è il mio ambito da anni, trova più spazio in estate, quando comuni, regioni e sponsor vogliono promuovere il turismo. In inverno è più difficile. E poi, di solito d’inverno si fanno programmi in studio, mentre io amo girare in esterna: lo studio mi va stretto!
L’Italia più bella che c’è!, puntata per puntata
| Data | Titolo della puntata | Descrizione |
|---|---|---|
| 13 luglio | Fermo e Porto Sant’Elpidio (FM) | La cultura marittima delle Marche: rievocazioni storiche, Rotonda sul Mare, incontri con un pescatore e un ciabattino, tagliatella di seppia alla carbonara e visita a Villa Baruchello. |
| 20 luglio | Sorano e Pitigliano (GR) | Storia etrusca, artigianato e vie cave; tra balli, canti popolari e la “Piccola Gerusalemme”. |
| 27 luglio | L’Aquila | Capitale della Cultura 2026: riscatto post-terremoto, luoghi simbolici e piatti tradizionali come spaghetti del Gran Sasso e agnello alle bacche di ginepro. |
| 3 agosto | Caccuri (KR) | Scoperta del castello, cappella Cavalcanti, Premio Letterario Caccuri e tradizioni popolari calabresi. |
| 10 agosto | Navelli (AQ) | Tra medioevo e campi di zafferano: borghi storici e cucina locale con la celebre spezia abruzzese. |
| 17 agosto | Fordongianus Terme (OR) | Perla termale della Sardegna: terme antiche e sostenibilità, artigianato e folklore locale. |
| 24 agosto | Pieve di Soligo (TV) | Colline del Prosecco UNESCO: paesaggi mozzafiato, artigianato del ferro e della lana, vino DOCG. |
| 31 agosto | Lierna (LC) | Perla del Lago di Como: sentiero del viandante, pesca tradizionale e cucina con missoltini e risotto al pesce persico. |
| 7 settembre | Geotermia delle Bagnore (GR) | Alla scoperta della geotermia sul Monte Amiata, centrali Enel, storia medievale di Arcidosso e Santa Fiora. |
| 14 settembre | Formello (RM) | Gioiello del Parco di Veio: storia etrusca, natura, archeologia e pellegrinaggi sulla Via Francigena. |
| 21 settembre | L’Aquila (seconda puntata) | Ricostruzione post-sisma, tra arte, natura e memoria: MUNDA, Castello, Teatro e Campo Imperatore. |
| 28 settembre | Antiche Cantine di Scuderi (AV) | I vini d’Irpinia: tradizione enologica nobile e passione vinicola nei territori più vocati d’Italia. |
| 5 ottobre | Aquardens Terme (VR) | Sauna più grande d’Europa: relax e benessere con acqua termale salso-bromo-iodica a pochi minuti da Verona. |