Chiara Buratti debutta il 7 marzo al Teatro Ariston di Sanremo con uno spettacolo speciale, intitolato Quattro donne.
Scritto dalla stessa Chiara Buratti insieme a Giannino Balbis, Quattro Donne è un viaggio emozionante ispirato a Four Women di Nina Simone, brano che nel 1967 ritraeva quattro figure femminili afroamericane segnate dalla vita quotidiana.
Lo spettacolo esplora dunque l’universo femminile attraverso quattro donne speciali, tutte interpretate da Chiara Buratti. A condurre la narrazione è un angelo-messaggero, interpretato da Tommaso Massimo Rotella, che firma anche la regia dello spettacolo. Il suo compito è invitare le protagoniste a raccontare le loro storie, con la possibilità che una sola di loro possa tornare sulla Terra.
La somma delle loro storie fa emergere una quinta figura: una donna universale, forte e fragile, unica e non replicabile. Nel finale, sempre diverso, è il pubblico a decidere quale donna far tornare sulla Terra attraverso una votazione. Non è dunque un caso allora che Quattro Donne debutti all’Ariston proprio alla vigilia della Giornata Internazionale della Donna.

Chiara Buratti, attrice, conduttrice, giornalista, volto noto di Rai Storia, ci ha raccontato le sue “quattro donne”, il messaggio che vuole dare con questo monologo e l’emozione di salire sul palco dell’Ariston che abitualmente ospita il Festival di Sanremo.
Parliamo del tuo spettacolo Quattro donne. Come è nata l’idea? Cosa ti ha ispirato?
L’ispirazione è arrivata da una delle quattro donne che porto in scena: Maryam Mirzakhani, la scienziata. Qualche anno fa stavo conducendo un programma intitolato Donne di scienza e tra i tanti ritratti di donne straordinarie, lei mi ha folgorata. Aveva un approccio alla matematica quasi artistico, una visione unica, come se guardasse il mondo da un punto di vista completamente nuovo. Mi ha colpito il suo modo di lavorare, la sua passione e il fatto che non cercasse mai il consenso a tutti i costi, ma seguisse semplicemente la sua vocazione. Da lei è partita la mia ricerca di altre donne con percorsi simili.
E così sono nate le altre protagoniste dello spettacolo. Chi sono?
Dopo Maryam Mirzakhani, ho scoperto Pannonica de Koenigswarter, una nobile, già molto avanti rispetto alle donne della sua epoca. Aveva il brevetto da pilota e raccontò di essersi sentita viva per la priama volta quando ha ascoltato Round Midnight. Così è diventata una mecenate del jazz e ha lasciato la sua famiglia e cinque figli per seguire la sua passione per la musica. Ha sostenuto grandissimi artisti jazz, permettendo loro di emergere. Poi c’è Suzanne Lenglen, la tennista che ha rivoluzionato il tennis negli anni ’20 e ’30, non solo con il suo gioco spettacolare, ma anche con il suo carattere ribelle. Infine, ho creato un personaggio di fantasia: una giovane portiera d’albergo con una sensibilità speciale nel cogliere le emozioni degli ospiti. Tutte queste donne, a modo loro, hanno avuto il coraggio di seguire il proprio percorso senza preoccuparsi del giudizio altrui.

Poi c’è una quinta donna dietro lo spettacolo, ossia Nina Simone
Sì, Quattro donne è anche il titolo di un brano di Nina Simone, che racconta quattro diverse figure femminili afroamericane. Lei ha sempre avuto il coraggio di denunciare ingiustizie e stereotipi, e il suo grido di ribellione mi ha ispirata. Ho seguito però un percorso mio, scegliendo donne che hanno gridato in modo diverso: non con la protesta, ma con la determinazione nel seguire la propria strada.
Tu interpreti tutte e quattro le donne sul palco. Come ti sei preparata?
È stata una grande sfida! Alcuni spettatori alla fine mi hanno chiesto chi fossero le altre attrici… e invece ero sempre io! Mi sono preparata studiando tanto, leggendo libri su di loro e cercando di cogliere la loro fisicità, il loro modo di parlare, il loro spirito. Ad esempio, Maryam Mirzakhani aveva una presenza molto discreta, quasi invisibile, mentre Suzanne Lenglen era un’esplosione di energia, un misto tra una tennista e una ballerina. È stato un lavoro affascinante.
Debutti con lo spettacolo il 7 marzo al Teatro Ariston, alla vigilia della Festa della Donna. Qual è il messaggio che vuoi trasmettere?
Vorrei dire a tutte le donne di trovare il proprio sogno, di ripulirlo dalle distrazioni e portarlo avanti con determinazione. Non bisogna preoccuparsi di come si viene percepite dagli altri, ma concentrarsi su quello che si vuole davvero. È un approccio quasi rock alla vita: sentirsi vincenti non perché gli altri lo dicono, ma perché si sta percorrendo la propria strada.

Un’ultima domanda, che effetto fa calcare il palco dell’Ariston dopo il Festival di Sanremo?
Sono curiosa di vederlo spoglio, senza la scenografia grandiosa del Festival! Penso che quando un palco è essenziale, c’è più spazio per riempirlo con le parole, il movimento e le emozioni. Sarà una bellissima esperienza.