Alessio e Giada, lo sguardo su quei banchi vuoti che non riusciamo a sostenere

Perché? Questa è l'unica parola che riusciamo a pronunciare, l'unica domanda che avanza nei pensieri. Ma non ridirà la vita ad Alessio e Giada, non cancellerà l'omicidio suicidio di Andrea

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Alessio e Giada non ci sono più, a ucciderli è stato l’uomo che gli ha dato la vita, quello che per tutti i bambini è un supereroe. È stato suo papà, Andrea. Avevano solo sette e tredici anni e animavano il paese con la loro presenza, con la gentilezza e la spensieratezza che appartiene ai bambini della loro età. Lui era un chierichetto e lei faceva l’animatrice all’oratorio. Entrambi, probabilmente, avevano sogni grandi e straordinari da realizzare che ora non ci sono più, che ora aleggiano silenziosamente tra lo sgomento e i mille perché, tra le tante domande dei compagni di classe che dovranno fare i conti con quei due banchi vuoti.

La notizia di questo omicidio suicidio ha sconvolto il paese di Mesenzana, ha sconvolto l’Italia intera. Perché se da una parte sembra facile tornare a vivere le nostre vite con spensieratezza quando gli orrori del mondo ci riguardano da lontano, farlo quando sono i nostri vicini di casa a morire e a uccidere è impossibile.

E quei mille abitanti di quel piccolo paese in provincia di Varese, mai al centro della cronaca nera, non possono fare finta di niente. Perché quella favola dell’orrore che nessun bambino dovrebbe mai leggere si è consumata proprio lì, sul fondovalle, tra le vecchie casette, le villette a schiera e le palazzine che si affacciano su via Pezza.

Andrea Rossin è diventato l’antagonista di questo racconto, ma anche il carnefice e la vittima di se stesso. Perché ha ucciso i suoi due figli con un coltello e poi si è tolto la vita.

Perché? Questa è l’unica parola che riusciamo a pronunciare, l’unica domanda che risuona tra le strade, tra il silenzio assordante di chi ha appreso la notizia. Come se una risposta potesse restituire quei bambini ai loro amici, ai familiari. Alla mamma che, come uno scherzo crudele del destino, ha ritrovato i corpi senza vita di Alessio e Giada.

Pare che lei si sia data la colpa, forse è il modo più facile per superare il dolore. Crede che Andrea abbia ucciso i figli per punirla, per vendicarsi in qualche modo di quella separazione che ancora non era riuscito a superare. Eppure dell’uomo nessuno sembra parlarne male, nessuno poteva avere sospetti. Nessuno sapeva che stava combattendo una battaglia contro i suoi demoni più grandi.

Anche se non frequentava molto la vita del paese, era una persona normale, ripetono gli altri. Perché basta l’assenza di episodi di violenza in passato e una fedina penale pulita per farsi un’idea di una persona. Basta guardarla al lavoro, o nei comportamenti abituali che non lasciano presagire problemi molto più profondi. Ma a volte la normalità non ha nulla di normale, soprattutto quando nasconde battaglie interiori che nessuno riesce a vedere. Ed è questa la cosa su cui dovremmo riflettere davvero.

Perché ci sono mostri invisibili che fanno capolino silenziosamente nella vita delle persone. E noi non li vediamo, eppure ci sono. E la loro presenza diventa così ingombrante, rumorosa e asfissiante che prende il sopravvento. Di Andrea oggi dicono che soffrisse disturbi mentali. Nessuno lo sapeva, forse neanche lui.

E se ne avesse parlato con qualcuno? E se questi disturbi fossero stati curati da un esperto? Queste domande avanzano oggi prepotentemente, ma non porteranno indietro Alessio e Giada, la cui assenza è più pensante che mai in quei banchi vuoti che lo sguardo non riesce a sostenere.