Ti chiediamo scusa Kirill, per tutto quello che non abbiamo fatto

E allora ti chiediamo di perdonarci piccolo Kirill, se puoi, in qualsiasi posto tu adesso ti trovi che, siamo certi, è migliore di questo

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Sorridere, lavorare, incontrare persone e andare avanti con leggerezza non è mai stato così difficile. Pensare al futuro senza sensi di colpa impossibile, soprattutto se pensiamo che tu, piccolo Kirill, un futuro non ce l’hai più.

Non lo hai perché ti è stato strappato via da una guerra folle e assurda che alla fine, come tutti i prevedibili pronostici restituisce sempre il medesimo epilogo, quello di mietere vittime innocenti. E tu, dolcissimo Kirill, sei stato la più grande perdita di questi giorni.

La tua unica grande colpa, se così possiamo definirla, era quella di essere nato qui, 18 mesi fa, nel Paese dei campi di grano che risplendono sotto i raggi del sole e che si perdono all’orizzonte. E chi lo sa che anche tu ti incantavi quando guardavi i filari che si muovevano seguendo il ritmo del vento. E chi lo sa che anche tu immaginavi di poterci correre scalzo su quei campi appena il tuo corpo ti avesse dato la forza necessaria per farlo.

Ma in Ucraina, ormai martoriata dalla guerra, quei campi di grano non esistono più. Al loro posto ci sono le grigie ceneri che si mischiamo al sangue degli innocenti. Al tuo sangue.

Dicono che i neonati iniziano prestissimo a sognare, e tu probabilmente lo facevi già. Non potevi raccontare i tuoi sogni a mamma e papà, ma erano loro che narravano a te tutte le storie che immaginavano per il tuo futuro. E anche se non le conosciamo, non facciamo fatica a pensare che queste erano grandiose.

Storie che non hai potuto vivere Kirill, storie che non hai potuto scrivere. E chissà quante altre cose straordinarie eri destinate a fare. Ma come nei peggiori incubi ti abbiamo visto tra le braccia di papà Fedor che, seguito da mamma Marina, correva verso l’ospedale senza elettricità della città di Mariupol. Ti stringeva forte a sé sperando forse di avere qualche super potere per salvarti. Lo avremmo voluto avere tutti.

Ma la tua non è una favola a lieto fine, né un incubo dal quale risvegliarsi improvvisamente per ritornare alla vita. La tua storia è reale, è nuda e cruda, così come lo è la disperazione insostenibile dei tuoi genitori che è diventata un po’ anche la nostra.

Perché sei diventato il simbolo di una guerra che non aveva ragione di esistere. E anche se ci siamo ripetuti in questi giorni che non abbiamo il potere di gestire qualcosa che sfugge al nostro controllo, sappiamo che in fondo non è così. Perché c’è sempre un’alternativa alla guerra, ed è la pace. Perché non dovevi essere tu a pagare le conseguenze di queste decisioni tremende, folli e balorde.

Ed è per questo che ti chiediamo scusa. Perché abbiamo commesso di nuovo gli errori del passato. Quelli stampati a grande lettere sui libri di storia che tu avresti letto, quelli che ricordiamo durante le giornate della memoria con la promessa di non ripeterli mai, quelli che hanno distrutto città, popolazioni, comunità, famiglie e persone. Quelli che ti hanno portato via il futuro.

Ma noi quegli errori li abbiamo ripetuti lasciando dietro di noi una scia infinita di sangue e dolore che porta anche il tuo nome. E allora ti chiediamo di perdonarci Kirill, se puoi, in qualsiasi posto tu adesso ti trovi che, siamo certi, è migliore di questo.