Natalia Aspesi, la giornalista italiana dalle mille risorse

Il suo occhio è agile e vigile. Natalia ride e sa far ridere ed è ancora oggi una delle menti più effervescenti del panorama culturale italiano

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 20 Maggio 2021 13:48Aggiornato: 20 Maggio 2021 14:37

Natalia Aspesi non ha bisogno di presentazioni perché i suoi articoli e le sue parole parlano di lei. Si tratta di una delle giornaliste più autorevoli del panorama italiano, specializzata, inoltre, sulla critica cinematografica. Ma quell’occhio critico, lei, non lo impiega solo nei confronti dei film e nelle pellicole cinematografiche, ma anche sulla realtà che la circonda, come dimostrano le sue recenti critiche al femminismo mainstream fatte da una signora di “altri tempi”.

La sua visione colorita del mondo si riflette nei suoi libri, e nei dettagli che indaga. Perché lei sa, lei conosce. Perché il suo occhio è agile e vigile. Perché lei è Natalia Aspesi ed è, probabilmente, una delle menti più affascinanti e irriverenti del panorama culturale italiano.

Ignoranti i giornalisti? Se eravamo gente di cultura mica facevamo questo mestiere.

Chi è Natalia Aspesi

Natalia Aspesi nasce il 24 giugno del 1929 a Milano. Perde suo papà quando ha soli 5 anni e cresce insieme a sua madre e a sua sorella. È affascinata dall’arte sin da piccola, così da adolescente sceglie di frequentare il corso di studi in disegno all’Artistico delle Orsoline.

Il suo approccio alla scrittura non è immediato. Per vivere – e forse sopravvivere – Natalia inizia a lavorare nell’ufficio di un’azienda che importa macchine per impastare il formaggio. Lì, ci resta per circa 10 anni. Ma quel lavoro non le piace, non rende giustizia alla sua effervescente personalità.

Poi un flirt con un ragazzo le cambia la vita. È lui a suggerirle di provare la carriera da giornalista a seguito di uno scambio di lettere. Lo ha raccontato lei stessa alla Repubblica: “Un ragazzo sosteneva che scrivessi lettere bellissime. “Perché non provi con il giornalismo”, mi incoraggiò. “So che alla Notte cercano qualcuno che possa fare un po’ di cronaca mondana”. Cominciai occupandomi di mostre canine e di qualche festicciola. Niente di che. C’era questo e c’era quello. Scoprii che il lavoro mi piaceva. E che ero anche brava”.

Per 16 anni Natalia lavora presso Il Giorno e poi, dal 1976, collabora con Repubblica. Cinema, letteratura e moda sono le sue più grandi passioni. Ma il suo modo di scrivere è così originale, diverso e ironico, da rendere la sua penna arguta e assolutamente univoca.

Sono sempre stata molto ipocrita: guardavo i miei colleghi uomini come degli dèi, e gli dicevo ‘Scusa, questa cosa non l’ho capita, me la spieghi tu che sei tanto bravo?’

Nel 1985, Natalia Aspesi conosce Antonio Sirtori, artista di fama internazionale, e intraprende una lunga relazione con lui fino alla scomparsa dell’uomo nel 2012. In un’intervista a Repubblica, la giornalista ha confessato che la sua presenza è stata decisiva per la sua vita: “Mi ha aiutato moltissimo. Mi voleva un bene esagerato che andava oltre i miei meriti. Ho dei rimorsi per avere privilegiato il lavoro“.

Natalia Aspesi, oggi

Natalia vanta una carriera brillante alle spalle. Iconiche sono le sue pubblicazioni come Lui! Visto da Lei, Il lusso & l’autarchia e Delle donne non si sa niente.

Se un uomo si dichiara femminista non c’è tempo da perdere: su le mutande e via

Ancora oggi Natalia è una figura di riferimento nel panorama culturale italiano. Ultimamente si è messa in polemica con il nuovo femminismo e le battaglie portate avanti, facendo discutere di sé, e facendo anche ridere. Come del resto ha sempre fatto.

In una delle sue ultime e recenti dichiarazioni fatte durante un’intervista rilasciata a Huffington Post, la giornalista ha detto:

Che vedo queste donne inferocite per i fischi che ricevono per strada e ho l’impressione che il loro problema non sia tanto il patriarcato, come lo era per le donne degli anni Settanta, ma proprio il maschio, il singolo uomo, come se tutti gli uomini non facessero altro che fischiare alle donne per strada, tutto il giorno.