Lidia Menapace: partigiana, pacifista e femminista

Femminista, pacifista e donna libera: la storia della partigiana combattente che rifiutò le armi

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Ha combattuto una guerra attraverso il coraggio di usare gesti e parole, mai armi. Lei, che credeva nella politica e nella partecipazione pacifica alle battaglie, è stata una delle donne più importanti della storia del nostro Paese. È stata l’anticipatrice di tantissime lotte nonché la pioniera di altri mondi e strade ancora da costruire.

Chi è Lidia Menapace

Lidia Menapace è stata tante cose, ma la ricorderemo come la staffetta partigiana e la femminista pacifista instancabile. Una donna appassionata e mai stanca, sempre impegnata attivamente nella politica, come dimostra anche il suo ruolo di senatrice della Repubblica

Nata a Novara nel 1924, Lidia Brescia, assume il cognome che tutti conosciamo solo dopo essere convolata a nozze con il mario Nene, l’uomo con il quale condividerà la vita intera. Da giovanissima diventa staffetta partigiana nella formazione della Val d’Assola col nome di battaglia Bruna.

“Anche se mai ho voluto toccare le armi”, vengo alla fine ‘congedata’ col brevetto di ‘partigiano combattente’ (ovviamente al maschile) e col grado di sottotenente e divento furiosamente antimilitarista“.

E quella storia da partigiana, lei, l’ha sempre raccontata con orgoglio, fino al 25 aprile dello scorso anno quando, nell’ultima intervista a Gad Lerner trasmessa su Rai3, ha raccontato delle complessità di quella lotta per la liberazione legate soprattutto alle donne, considerate solo “le ragazze dei partigiani“.

Ed è per questo motivo che quando Togliatti chiese a tutte le donne d’Italia di non partecipare alla sfilata della Liberazione a Milano per non generare incomprensioni in una società che non era ancora pronta, lei la sfilata la fa comunque. Perché ha scelto di essere partigiana per tutta la vita.

La sua storia

“Violenza e non violenza non cadono dal cielo e nemmeno da Hitler e Gandhi: sono sempre in mezzo a noi. Quando ci sono lotte anche forti, ma motivate con richieste di giustizia, dentro di noi si sveglia Gandhi, ma quando le coscienze sono fosche e annebbiate e i confini morali scompaiono, allora dentro di noi si sveglia Hitler: meglio lottare e spingerlo fuori dalla storia.”

Raccontare la sua storia tra le poche righe di un articolo risulta assai complesso, ancora di più se dobbiamo riassumere il pensiero, il lavoro teorico e pratico di un’attivista e pacifista come lo è stata lei. Lidia Menapace, infatti, è stata un’anticipatrice, la prima donna a porre l’accento sull’importanza del linguaggio sessuato per porre fine alle differenze di genere.

Negli anni del Movimento delle donne, ha suggerito e preteso il riconoscimento della relazione tra politica e universo femminile ed è stato suo lo slogan Fuori la guerra dalla storia. Ha scritto libri, saggi e articoli su tantissimi giornali e riviste, la sua produzione è diffusa in maniera capillare nella storia e su tutto il nostro territorio.

È stata anche un’instancabile viaggiatrice, sempre pronta a raggiungere ogni parte d’Italia per diffondere in maniera autentica e disinteressata quel suo patrimonio che oggi è diventato la nostra eredità.

La sua eredità

Si è spenta a 96 anni, Lidia Menapace, dopo essere stata ricoverata a causa del Covid. Ma quella voce libera, punto di riferimento per tutte le donne, resterà per sempre nella memoria storica di tutto il Paese. Lei che ha sempre parlato di lotta e non di guerra, lei che è ha promosso una politica delle azioni e dei gesti, ma mai dell’aggressività e delle parole urlate.

Fino alla fine, la Menapace, ha raccontato ai giovani la sua Resistenza e alle donne le sue teorie femministe promuovendo la libertà e l’indipendenza, sempre.