Alexandra David-Néel, storia di un’esploratrice

Una donna audace e intraprendente, che ha sfidato gli schemi tradizionali per andare oltre i confini con la sua insaziabile sete di avventura

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Sonia Surico

Content Editor e Storyteller

Laureata in Scienze della Comunicazione e con un Master in Seo Copywriting. Per lei, scrivere è un viaggio che unisce emozioni e conoscenza.

Le persone che lasciano una traccia nella storia sono coloro che hanno il coraggio di affrontare la vita senza accontentarsi. Sono i ribelli, gli anticonformisti, coloro che osano sembrare folli agli occhi del mondo.

Eppure, è nella loro follia che risiede la genialità, nel loro coraggio che sussiste l’innovazione. Queste sono le persone che scolpiscono il volto del progresso, che incendiano l’immaginario collettivo e che, con le loro azioni, cambiano il corso delle cose, spingendo l’umanità verso nuovi orizzonti.

La storia che vogliamo raccontarvi oggi è quella di un’anima avventurosa. Si chiamava Alexandra Néel, esploratrice, scrittrice, fotografa, visionaria e sognatrice. Famosa per essere stata la prima donna occidentale ad accedere alla sacra città di Lhasa, capitale del Tibet, all’epoca vietata agli stranieri. Ma non fu solo questo.

Ha viaggiato alla scoperta del mondo e di sé stessa, alimentata da una passione implacabile, dalla curiosità perenne e da una sete insaziabile di conoscenza. Il suo cammino è stato un’avventura emozionante, un viaggio di scoperta interiore per esplorare il mondo con lo sguardo meravigliato di un bambino.

Alexandra Néel: la donna che ha sfidato i confini del mondo

Louise Eugénie Alexandrine Marie David nacque il 24 ottobre 1868 nel tranquillo villaggio di Saint-Mandé, in Francia. Figlia di una famiglia benestante, sembrava destinata a seguire un percorso predefinito, quello che la società dell’epoca aveva tracciato per la maggior parte delle ragazze: un matrimonio rispettabile, la maternità, forse l’espressione artistica attraverso la scrittura o la pittura, ma niente che potesse realmente distinguerla o farla emergere.

Ma il cuore di Alexandra batteva al ritmo di una melodia diversa, aspirava a qualcosa di più grande, qualcosa di straordinario. E così, con coraggio e determinazione, riscrisse il suo destino, diventando non solo protagonista, ma autrice della sua incredibile storia.

Fin da quando era bambina, Alexandra aveva una passione sfrenata per la lettura. Si perdeva nei racconti straordinari di Jules Verne. Ma non era solo l’avventura a catturare la sua attenzione. Nella biblioteca di suo padre, massone convinto e dalle idee aperte e progressiste, scoprì una collezione di testi filosofici. Questi libri, ricchi di pensieri profondi e concetti complessi, stimolarono la sua mente giovane, nutrendo il suo desiderio di conoscere e comprendere.

Era uno spirito inquieto. All’età di appena quindici anni, sentiva già un forte desiderio di libertà. A soli 18 anni, attraversò l’Europa in bicicletta, un viaggio audace nel quale non cercava solo bellezza o avventura, ma qualcosa di più profondo. La sua risposta arrivò tre anni dopo, quando rimase folgorata di fronte a un’enorme statua del Buddha con gli occhi chiusi, nel Museo Guimet a Parigi. La sua espressione di pace assoluta e lo sguardo distaccato da tutto ciò che è terreno, la colpì profondamente.

Cominciò a sognare l’India, a immaginare i suoi templi antichi e i suoi fiumi sacri. Quel sogno divenne una passione, un desiderio così forte che non poteva essere ignorato.

Il viaggio di Alexandra Néel in India

Il sogno di Alexandra divenne presto realtà. Grazie all’eredità di sua nonna, riuscì a realizzare il suo desiderio di viaggiare in India nel 1890, quando aveva appena 22 anni. Era un periodo di grande cambiamento, gli anni della rivoluzione industriale e tessile, un’epoca di scoperte e progressi. Alexandra arrivò a Darjeeling, dove per la prima volta vide le vette dell’Himalaya, il “paese delle nevi” come veniva chiamato dai tibetani. Il panorama era mozzafiato, un incontro con l’imponenza della natura che la toccò profondamente.

Tuttavia, l’eredità di sua nonna durò solo un anno, lasciando Alexandra con risorse limitate. Ma non si lasciò abbattere. Si appoggiò ai suoi studi di canto lirico, che aveva intrapreso da piccola, e iniziò a fare delle tournée in Oriente per sostenersi. Dopo molte tappe, approdò a Tunisi, un luogo esotico e affascinante dove incontrò Philippe Néel, un ingegnere che avrebbe in seguito sposato.

Sperimentò la vita matrimoniale ma non le bastava. Quando, il 9 agosto del 1911, decise di intraprendere il suo terzo viaggio in India, tutto cambiò. Il suo matrimonio, già in crisi, collassò definitivamente, probabilmente anche a causa del suo desiderio di non avere figli. Iniziò così il suo viaggio che la portò attraverso l’Egitto, Ceylon, India, Sikkim, Nepal e Tibet. Aveva promesso di tornare dopo 18 mesi, ma rimase in viaggio per 14 anni, immergendosi completamente nelle culture e nei paesaggi che incontrava.

Nel 1912 raggiunse il Nepal, un’incantevole terra di montagne e miti. Da lì, si avventurò nel Sikkim, un piccolo regno nascosto tra le vette maestose dell’Himalaya. Fu qui che incrociò il cammino di un giovane monaco tibetano di nome Aphur Yongden. Inizialmente lo assunse come servitore, ma presto la loro relazione si trasformò. Yongden divenne il suo discepolo, imparando da lei mentre la aiutava nel suo viaggio. Alla fine dell’avventura, Alexandra lo accolse come suo figlio adottivo, formando un legame che andava oltre quelli di sangue. Insieme, iniziarono a scalare le vette dell’Himalaya, con il sogno di raggiungere la città di Lhasa, all’epoca sotto il dominio britannico, un luogo chiuso e inaccessibile ai forestieri.

Il viaggio verso Lhasa

La sua sete di scoperta e il desiderio di raggiungere il cuore del Tibet erano così forti che non si lasciò mai scoraggiare dai ripetuti arresti e dalle espulsioni in India.

Infine, escogitò un piano audace. Lei e Yongden si procurarono una piccola pistola per proteggersi, alcune preziose monete d’argento per i possibili pedaggi lungo il cammino e del cibo per sopravvivere. Si travestirono da mendicanti, abbandonando ogni traccia del loro passato per immergersi completamente nella coraggiosa missione.

Alexandra e Yongden decisero di viaggiare nel manto della notte, diventando fantasmi nell’oscurità, invisibili agli occhi del mondo. Dopo quattro mesi di viaggio estenuante e dopo aver percorso duemila chilometri a piedi attraverso l’inospitale paesaggio dell’Himalaya, finalmente videro le porte di Lhasa all’orizzonte. Una tempesta di sabbia li avvolse, offrendo un velo di protezione che permise loro di passare inosservati.

Sebbene scheletrici, emaciati, con vestiti ridotti a stracci, riuscirono a raggiungere la loro destinazione. Era il 1924 quando Alexandra, stremata ma trionfante, mise piede nella capitale del Tibet. Aveva realizzato il suo sogno, era diventata la prima donna occidentale a entrare nella mitica città di Lhasa.

Al suo ritorno in Europa, fu accolta come una vera e propria eroina. Il suo coraggio e la sua straordinaria impresa la fecero apparire in prima pagina sul Times, che la definì “la donna sul tetto del mondo“. La sua storia incantò e ispirò il mondo, facendole guadagnare numerosi riconoscimenti e decorazioni, tra cui la prestigiosa Legion d’onore. Tornata in Francia, Alexandra non si fermò. Scrisse più di trenta libri sulle sue avventure, condividendo le sue esperienze e le sue scoperte con il resto del mondo.

Questa straordinaria esploratrice, che aveva dedicato la sua vita all’avventura e alla scoperta, trovò il suo ultimo riposo a Samten Dzong, all’età di 101 anni. Le sue ceneri furono mescolate con quelle del suo fedele compagno Yongden. Insieme, come erano stati in vita, furono portati dal vento sulle acque sacre del Gange, in un ultimo, toccante viaggio.