La frittura è un metodo di cottura diffuso in tutto il mondo e noto dai tempi più antichi. Basti pensare che già durante l’Impero romano si friggevano i cibi, dolci o salati che fossero, solitamente nell’olio di oliva.
Ma rappresenta anche una delle modalità più discusse da parte della moderna scienza dell’alimentazione, con un’ampia schiera di sostenitori e di detrattori. In realtà – sostengono alcuni esperti – la frittura va considerata uno dei mezzi che l’umanità ha utilizzato per la salvaguardia della salute e della sopravvivenza della specie, e sembrerebbe essere addirittura più sana della bollitura. “A patto che venga fatta con i giusti accorgimenti”, spiega la dott.ssa Chiara Manzi, nutrizionista e autrice del libro ‘Cucina Evolution. In forma senza dieta’ (Art joins nutrition editore).
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Perché la frittura fa bene
“Innanzitutto perché il fritto, quando non viene eliminato dalle diete, ha la funzione di riattivare il fegato”, spiega la nutrizionista. “Il fegato, infatti, si attiva e lavora con l’ingestione di qualsiasi tipo di grasso”. Ma cosa vuol dire esattamente riattivare il fegato? “Il fegato – continua l’esperta – è l’organo fondamentale per la digestione dei grassi. Produce la bile utilizzando il colesterolo, necessario per la digestione. Una volta assimilati, i grassi vengono usati dal fegato per produrre colesterolo buono e cattivo. L’apporto di grassi insaturi favorisce HDL, il colesterolo ‘spazzino’ delle arterie che pulisce dal colesterolo LDL che tende a depositarsi sulle pareti delle arterie. Qualsiasi grasso attiva il fegato”.
La frittura, inoltre, se fatta secondo metodi scientifici, è utile a preservare anche vitamine e antiossidanti. “Altre cotture (in primis bollitura e vapore) – racconta Chiara Manzi – degradano queste importanti componenti bioattive. La frittura è invece l’unico metodo di cottura che preserva le vitamine idrosolubili dalla degradazione. Fedeli alleate del dimagrimento, le vitamine del gruppo B regolano il metabolismo energetico e ci aiutano a non ingrassare (e addirittura dimagrire, bruciando più calorie). Purtroppo, queste vitamine superfood tendono a disperdessi nell’acqua durante la cottura, data la loro facile solubilità. Cuocendo in olio non avviene questa dispersione di elementi benefici”.
Altro nemico delle vitamine è l’ossidazione. L’ossigeno, infatti, agisce negativamente, inibendo le vantaggiose proprietà dei micronutrienti. “Friggendo – assicura l’esperta – la gustosa crosticina diventa uno scudo contro l’ossigeno, diminuendo dell’80% la perdita di vitamina C e vitamine del gruppo B. I due fattori che giocano a nostro favore sono due: la panatura e l’immersione in olio. Questi impediscono il contatto diretto del prodotto con l’ossigeno. Per quanto riguarda le verdure, i carotenoidi (presenti in carciofi, zucca, peperoni) aumentano la biodisponibilità con la cottura e per essere assimilanti hanno bisogno di grassi dell’olio”.
Consigli per una frittura sana
Il fritto fatto con i giusti accorgimenti non fa male. Non è, dunque, il metodo in sé a essere sconsigliato per il benessere dell’organismo, ma con che cosa e come si frigge. “Uno degli accorgimenti più importanti è fare attenzione alle sostanze cancerogene che si possono formare durante questo metodo di cottura – spiega la nutrizionista – Infatti lo IARC classifica la frittura ad alte temperature come un cancerogeno di classe 1, la classe più pericolosa.
Ecco quali sono le più temute:
- Acrilamide. Si forma negli alimenti contenenti asparagina e glucosio (proprio come cereali e patate). “Si tratta di una sostanza cancerogena, ‘visibile’ a occhio nudo”, racconta la dott.ssa Manzi. “La colorazione marroncina è un chiaro segnale della presenza di acrilammide. Attenzione quindi a temperatura e tempi di cottura. Il prodotto va gustato con una lieve doratura”.
- Ammine eterocicliche. Si producono friggendo carne e pesce, e “per scongiurane il pericolo, è bene evitare sbalzi di temperatura. Il termostato in questo caso è un valido strumento”, raccomanda l’esperta.
- Acroleina. Tossica per il fegato, si crea raggiungendo il punto di fumo che dipende dall’acidità libera. “Il rischio aumenta con l’aggiunta di acqua. Non riutilizzare mai lo stesso olio, soprattutto quando si friggono alimenti ricchi d’acqua”.
Come fare un fritto a regola d’arte
I 5 consigli della dott.ssa Chiara Manzi da mettere in pratica per una frittura sana e senza grassi:
- Olio. Ovviamente per friggere c’è bisogno dell’olio. “In questo caso il migliore è l’olio di girasole alto oleico con circa l’80% di acido oleico perché si mantiene meglio ad alte temperature e non sviluppa sostanze tossiche”.
- Panatura. “È consigliabile utilizzare una panatura a base di quinoa perché ha un basso tenore di asparagina, non scurisce e non crea acrilammide. Utilizzando pangrattato tradizionale è bene aggiungere un 3 % di te verde, i polifenoli impediscono in parte la formazione dell’acrilammide. In ogni caso è bene ricordare che un alimento poco “rivestito” assorbe meno grassi. Scegliere alimenti infarinati piuttosto che pastelle e tempure”.
- Termostato. È importante conoscere e mantenere la temperatura durante la frittura. “Questa deve essere stabile sui 170 ° C. Consigliabile utilizzare friggitrici con termostato”.
- Shock termico. “Fondamentale congelare le cotolette (o ciò che andremo a friggere) prima di immergerlo nell’olio già caldo, in modo da passare da -18 ° C a 170 °C. Questo fenomeno è lo shock termico e serve affinché l’acqua sublimi e il grasso non entri nel prodotto. Per fare in modo che questo avvenga ciò che si sta friggendo deve rimanere immerso nell’olio e no venire a contatto con l’aria, fino al termine della cottura”.
- Carta super assorbente. “Serve a togliere tutto il grasso. Quest’azione richiede rapidità perché se non asciughiamo bene il prodotto entro 10 secondi il grasso verrà assorbito. Io – conclude la nutrizionista – utilizzo una carta costituita da due strati, uno di tessuto non tessuto in cellulosa, molto assorbente, e uno di carta paglia. Fai come me: prepararti tanti fogli di carta assorbente per provvedere subito all’assorbimento”.