Virginia Raffaele, Sangiuliano contro l’imitazione di Beatrice Venezi. La replica della Rai

Ancora polemiche da parte del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: nel suo mirino c'è Virginia Raffaele ed ecco il motivo

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Luca Incoronato

Giornalista

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Uno dei ministri più discussi e posti al centro dell’attenzione del governo di Giorgia Meloni è senza dubbio Gennaro Sangiuliano. Secondo soltanto a Matteo Salvini e Francesco Lollobrigida.

Nell’arco di poco più di due mesi è riuscito a far parlare di sé, in maniera non elogiante, tre volte. La più recente riguarda Colpo di Luna, varietà su Rai 1 della comica Virginia Raffaele. Quest’ultima pare sia finita nel mirino del ministro della Cultura, il che sta scatenando un gran polverone.

La furia di Sangiuliano

A lanciare la notizia è La Repubblica, che ha riportato la ben più rilevante notizia sul fronte Report. Il programma di Sigfrido Ranucci sarebbe indigesto a Fratelli d’Italia, all’attacco dopo i servizi sulla famiglia La Russa e su Franco Meloni. Proteste in Vigilanza Rai, come per Virginia Raffaele.

Per quanto Adnkronos riporti di fondi vi Viale Mazzini che negano pressioni giunte dal ministro (il tutto in forma anonima e non tramite nota ufficiale), il quotidiano sottolinea come Sangiuliano avrebbe chiesto l’intervento di Giovanni Anversa. Si tratta del vicedirettore del Prime Time. Dato il ruolo, è lui il responsabile individuato per lo show e i suoi contenuti, tra i quali l’imitazione, per nulla apprezzata, di Beatrice Venezi.

Anche lei, come il ministro, ha avuto modo di far parlare di sé in tempi recenti, e non per il suo lavoro. Preferisce essere chiamata direttore e non direttrice, il che ha generato qualche articolo, come al tempo della questione dell’articolo per Giorgia Meloni. Un nome, il suo, molto caro alla destra italiana, al punto da essere stata scelta come consulente per la musica da Sangiuliano.

Inaccettabili le parole della comica, a quanto pare, che ha pronunciato frasi come: “Sono una donna avvenente e mi hanno dato dell’avvantaggiata. Sono di destra e mi hanno dato della fascistella. Sono una professionista seria e mi hanno dato dell’antipatica. A tutte queste orrende calunnie io rispondo ‘antipatica no’”.

Riferimento anche allo stesso ministro, poi, con questa staffilata: “Se fossi una persona antipatica, il ministro della Cultura Sangiuliano non mi avrebbe nominato consigliere per la musica. Il mio compito è quello di diffondere la cultura della musica a chi, per ignoranza, scarsa educazione o incompetenza, ne è totalmente all’oscuro. Il mio pensiero va nuovamente al ministro Sangiuliano”.

Quattro minuti di satira ben riuscita, ai danni di un governo che spesso espone il fianco a critiche di vario genere, in campo politico, culturale, civico e non solo.

Il ministro del silenzio

Quella di Virginia Raffaele è stata satira leggera, a dire il vero. Pungente ma non devastante. In grado di graffiare e non lacerare. Se questa è la risposta dinanzi a certe frasi, si arriverebbe alle manette nel caso in cui avessimo una classe di comici indipendenti, attenti e sagaci. Un bel salto indietro fino al tempo delle “oscenità” di Lenny Bruce, cui seguivano puntualmente degli arresti.

Se fosse per Sangiuliano, tutti dovrebbero starsene zitti. Bocche cucite per quello che potremmo definire il ministro del silenzio. Abbiamo parlato di tre volte in poco più di un mese in cui è stato al centro dell’attenzione, ed ecco la prima.

A dicembre avrebbe scritto alla Rai, tramite il suo avvocato, per le battute del programma Un giorno da pecora, in onda su Radio Uno. Il ministro le riteneva diffamatorie. Ha dunque chiesto di smetterla, riservandosi azioni legali e richieste di danni. Ne aveva scritto per primo Il Fatto Quotidiano, senza trovare però conferme da parte di Sangiuliano.

Battute originate dal Premio Strega 2023, che lo ha visto, più di sei mesi fa, faccia a faccia con Geppi Cucciari. Alla conduttrice ha lasciato intendere di non aver letto i libri in gara, pur avendoli votati: “Sono storie che ti prendono e ti fanno riflettere. Proverò a leggerli”.

Da qui un tentativo di giustificazione dopo l’altro, fino al naturale silenzio sulla vicenda. La calma però non dura molto, quando si parla del ministro della Cultura. La prova è il secondo caso in poco più di un mese.

“Si sente un po’ antifascista, a differenza del presidente del Senato, Ignazio La Russa?”. Tanto è bastato, con riferimento alle parole di La Russa al Memoriale della Shoah a Milano, per far crollare gli argini.

Microfono dell’agenzia Alanews afferrato e tentativi di smascherare i giornalisti presenti in marionette ipocrite, al grido di: “Lei si sente anticomunista?”. Missione fallita e, come al Premio Strega, una coltre di gelo si è riversata sul ministro, che chiede silenzio e forse farebbe bene, a volte, a esercitare questo diritto.