Omar Pedrini e la malattia: “Ho subìto 6 interventi al cuore”

Omar Pedrini è tornato a parlare di un argomento spinoso ma che inevitabilmente fa parte della sua vita: la malattia e i tanti interventi cardiaci

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Redazione

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Omar Pedrini definisce il suo cuore “malandrino”, in uno slancio di tenerezza che non nasconde un pizzico d’amarezza. Perché proprio quel cuore da anni lo costringe a convivere con la malattia, la stessa che ha rimesso in discussione tutto nella sua vita, portandolo a cambiare spesso i suoi piani senza alternativa. Il rocker bresciano, fondatore degli storici Timoria, è tornato a parlarne in un’intervista al Corriere della Sera dopo l’ennesimo “pit stop” – come usa chiamare i suoi ricoveri -, pausa che stavolta è durata una settimana e dalla quale scoprirà se sia necessario o meno un nuovo intervento, dopo i sei che ha già subito da quel fatidico 2004.

Omar Pedrini, la prima diagnosi di aneurisma aortico

Il calvario di Omar Pedrini è cominciato nel 2004 con un episodio molto particolare. Aveva trascorso una notte quasi del tutto insonne, finché la sua compagna di allora, Elenoire Casalegno, non è riuscita più a svegliarlo: attimi di vera paura e una stanchezza preoccupante, eccessiva, al punto che la conduttrice fu costretta a caricarlo di peso in macchina e portarlo dritto in ospedale. E così un uomo di 1 metro e 90 si è ritrovato improvvisamente senza forze e sotto ai ferri, con solo il 20% di chance di sopravvivenza a detta dei medici, che subito lo hanno operato.

Da lì è iniziato tutto, proprio da quella diagnosi di aneurisma aortico che avrebbe per sempre cambiato la vita del rocker bresciano. Continui controlli, ricoveri periodici (o “pit stop”, come li chiama lui stesso) e alle spalle tanti interventi al cuore che ha imparato ad affrontare con un mix di tenacia e flemma davvero invidiabile. “Ho subìto sei interventi con altrettante anestesie totali – ha spiegato al Corriere della Sera -, quattro dei quali nell’ultimo anno e mezzo. Da plurioperato, il mio corpo quasi bionico ha mille coaguli, aderenze, protesi, non è terreno facile per un chirurgo”.

Omar Pedrini e i nuovi problemi al cuore

Anni di ospedali, medici, interventi. In ultimo il ricovero all’Humanitas Gavezzeni, struttura all’avanguardia specializzata in cardiochirurgia robotica e mini-invasiva, per “compiere accertamenti ed esami di alto livello” dopo un l’ennesima diagnosi tutt’altro che positiva: “Mi è stato scoperto un affaticamento cardiaco importante – ha detto nell’intervista rilasciata subito dopo l’ultimo ricovero -. (…) Ho anche un cuore un po’ ipertrofico, più grande del normale”.

Problema che ha scoperto dopo un incidente accaduto la scorsa estate in Liguria: “Sono stato ‘tamponato’ mentre spingevo mio figlio Faustino [il suo terzo figlio, avuto dalla compagna Veronica Scalia, ndr] sul passeggino. Sono finito al pronto soccorso di Sanremo: quando ho detto ai medici che avrei preferito essere all’Ariston a cantare piuttosto che con loro, ci siamo messi a ridere. Era sabato sera e mi hanno dimesso. Ma essendo stato operato all’aorta, mi erano venuti dei dubbi. E così sono stato all’ospedale di Bologna, dove avevo subìto l’intervento, per sottopormi a una TAC, scoprendo che la botta dell’incidente mi aveva squarciato i punti. Dopo l’operazione per richiuderli, a settembre, mi è stato diagnosticato l’affaticamento alle valvole cardiache”.

Omar Pedrini e la malattia, un inno alla speranza e a non arrendersi

Quando c’è la salute c’è tutto, si sente dire spesso. E trovarsi di fronte a una diagnosi che ti condanna a una vita adombrata dall’incertezza non è affatto semplice. Omar Pedrini ne è ben consapevole ma non ha mai pensato di arrendersi, neanche per un momento. La sua battaglia personale è un emozionante inno alla speranza, che è davvero molto facile perdere quando si affronta il dramma della malattia, di qualunque tipo essa sia.

Quel cuore che ha sempre battuto a ritmo di chitarra è diventato una spada di Damocle, che ha accolto con flemma zen senza lasciarsi travolgere: “Tutti ne abbiamo una: è sostenuta da un crine di cavallo, il mio è solo più sottile della media. E come me c’è chi ha una malattia oncologica o infettiva, come si è visto a Bergamo e Brescia, dove la pandemia ha spazzato via una generazione. Di sicuro la spada di Damocle ti porta a essere a posto con la tua coscienza ogni volta che chiudi gli occhi; a comportarti meglio nei rapporti umani: non hai voglia di litigare se domani hai una visita per cui preghi Dio che vada bene. E poi, ti godi il presente“.