Federica Pellegrini oltre il nuoto: perché non ha davvero più niente da dimostrare

La Divina è scesa in vasca a Tokyo 2020 ma è apparsa sottotono. Eppure, alla sua quinta Olimpiade, non avrebbe più niente da dimostrare

Inizia con un quinto posto, la quinta Olimpiade di Federica Pellegrini, forse per una strana ironia della sorte. La Divina parte sottotono, con una prova che non riconosce come sua ma promette di dare tutta se stessa nella gara successiva, quella che potrebbe farla entrare nella storia. E ci riesce.

Eppure, questa storia, Federica l’ha già scritta. La Pellegrini. Non Federica. Non Fede. Non la Divina. Sembra quasi la curiosa evoluzione della carriera di Raffaella Carrà. Da ragazza di provincia a stella del varietà e della musica internazionale. Ecco, forse è questo che rappresenta Federica Pellegrini. Un’icona.

È con quella bracciata così personale, un po’ scomposta, che a ben guardare sembra quasi la pinna di uno squalo, che Federica Pellegrini accompagna l’Italia da tanti anni. E non solo quella del nuoto. In vasca, è capace di imprese titaniche, ma anche fuori.

Federica Pellegrini è divina, sì, ma anche regina di cadute. Innumerevoli e, talvolta, apparentemente senza ritorno. Come quella volta che a Londra arrivò quinta nella sua specialità, quella della medaglia olimpica a Pechino, o quando (poco sportivamente) si levò la medaglia dal petto dicendo che “non valeva niente”.

In vetta dal 2004, con il secondo posto nei 400 stile conquistato ad appena 16 anni ad Atene, Federica è stata travolta dalla fama infame, per voler utilizzare un gioco di parole, che non ha avuto nessuna pietà. Si è cibata delle sue emozioni e della sua anima.

Eppure, Federica Pellegrini è ancora lì. A giocarsi la finale dei 200 stile per la quinta qualificazione consecutiva, che arriva, per un soffio. Un posto in vasca che ha agguantato in ricorsa, in un’Olimpiade arrivata con un anno di ritardo e dopo una serie di avvenimenti tumultuosi che minacciavano di tenerla fuori dai giochi. Come lei solo Michael Phelps, lo squalo di Baltimora, ma questa è storia.

Com’era lecito (e giusto) aspettarsi, questa sarà l’ultima Olimpiade di Federica Pellegrini: “Domani sarà l’ultima finale ai Giochi. Parigi 2024? Grazie ma no, il mio corpo mi sta chiedendo indietro i minuti con gli interessi. Sarà molto divertente, cercherò di godermela fino alla fine, forse sarà la prima finale olimpica davvero divertente per me”.

È il momento del divertimento, della competizione senza patemi.   e per quel pubblico che la ama da 20 anni. È anche il momento della malinconia. Di quel filo che si interrompe dopo tanto tempo e che vorremmo continuare a tirare per tenerla ancora lì con noi, in vasca, a sollevare quelle braccia infinite in segno di vittoria. Ma è giusto così e c’è un tempo per tutto. Per lo sport e per la vita.

Cadi, ti rialzi, riparti. Fede è l’esempio di quanto poco conti una gara sbagliata (com’è accaduto a Benedetta Pilato) nel corso di una carriera incredibile, fatta di così tante cadute che la Pellegrini potrebbe quasi essere paragonata a un personaggio della Marvel.

A noi tutte, Federica non deve più niente. Ha demolito, tassello dopo tassello, quell’armatura da sportiva integerrima che si era voluta costruire all’inizio. Ha mostrato il suo lato umano, generosamente, fatto di fallimenti e di gare “sottotono”, mai perdonate da chi la vorrebbe sempre sul gradino più alto del podio.

Ed è questa sua natura umana che è così amata, per quella bracciata parabolica che mima la curva del cuore. Vincere è da campioni ma perdere e sbagliare è da sportivi. Se vinci sempre e non scivoli, sei un mito. Se vinci, perdi e fallisci ma poi… ti rialzi e torni più grande di prima. Beh, allora sì. Sei una leggenda.