Massimo Ghini gela lo studio sulle note dei Watussi: la reazione della Bortone

Massimo Ghini e la sua idea di razzismo. L'attore canta in studio Watussi e pronuncia la "n-word"

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista, redattore e copywriter. Ha accumulato esperienze in numerose redazioni, scoprendo la SEO senza perdere il suo tocco personale

Massimo Ghini, ospite di Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, ha presentato il suo ultimo film, Un matrimonio mostruoso, sequel di Una famiglia mostruosa. Al tempo stesso, però, ha avuto modo di parlare di sé, del suo passato privato e del percorso da attore, riguardando un po’ alla sua vita e pensando al futuro.

Massimo Ghini: “n word” in diretta

Massimo Ghini entra in studio sulle note di una famosissima canzone, WatussiIl motivo è presto spiegato, dal momento che il brano fa parte delle scelte musicali del film Volfango De Biasi.

La pellicola presenta addirittura una scena in cui Ricky Memphis suona al pianoforte il brano, cantandolo e spingendo un po’ tutti i presenti a scatenarsi nel ballo. Poco da stupirsi, infatti, considerando come la canzone sia ancora oggi amatissima, 60 anni dopo il suo lancio, e ballata in tantissimi villaggi turistici italiani.

Primo piano di Massimo Ghini, attore di Un matrimonio mostruoso
Fonte: IPA
Massimo Ghini

È innegabile, però, come il testo sia a dir poco ostico a un orecchio odierno. La pensa diversamente Massimo Ghini, che dal canto suo contestualizza il brano e non lo reputa affatto razzista. La “n-word”, per dirla all’americana, non veniva usata al tempo con intento denigratorio e razzista, di conseguenza pronunciarla mentre si canta quel preciso brano non dovrebbe destare offese.

Così facendo, la parola in questione viene pronunciata senza alcuna remora dall’attore, che sottolinea: “Qui c’è una questione importante. L’intelligenza di chi distribuisce il film, e ha accettato, è stata di capire che al tempo si diceva questo senza il minimo razzismo“.

Serena Bortone non si scompone particolarmente, sposando la tesi dell’ospite e sottolineando come oggi non lo si direbbe più: “È ridicolo cambiare ciò che è stato detto”.

Il razzismo secondo Massimo Ghini

Non è la prima volta che Massimo Ghini si ritrova al centro di questioni del genere. Ha avuto modo di parlare di politicamente corretto, esprimendo giudizi su quella che è l’ipocrisia di alcuni nell’esprimere giudizi sul modo di esprimersi di altri.

Restando ancorati all’esempio specifico, va detto come nessuno abbia mai proposto di modificare il testo di Watussi o bandire la canzone da eventi, programmi, pellicole o altro. Battersi però il petto e pronunciare quella parola in diretta sulla Rai, sorridendo e proponendo giustificazioni, pretendendo di sapere esattamente come una persona nera possa sentirsi nell’ascoltare tutto ciò, è però forse eccessivo.

Facendo un salto di pochi anni, ritroviamo poi un’intervista di Massimo Ghini a Il Messaggero. Nel corso della stessa ha spiegato come in alcuni casi la lotta contro il razzismo sia quasi una moda. Il movimento Black Lives Matter ha di fatto dato la chance a molti di ottenere visibilità e consensi attraverso frasi standard da pronunciare al momento giusto: “Non si diventa meno razzisti se ci si inchina per strada o si alza il pugno. Bisogna costruire una società in cui questo modo dis entire sia radicato”.

Secondo questa logica, prosegue, non si diventa di colpo razzisti semplicemente pronunciando quella parola, così come non si è necessariamente contrari evitando di dirla: “Bisogna tenere presente la storia, la letteratura che ci portavano a usare un tema che allora non veniva ritenuto offensivo. Un certo tipo di razzismo, come quello rappresentato in Via col vento, va condannato ma anche spiegato”.