Ci sono immagini che restano impresse nella memoria collettiva, diventando simboli di un’epoca, di un dramma, di una storia da non dimenticare. Tra queste c’è la fotografia di una bambina con la valigia, vestita con il suo abito della domenica, i capelli arricciati con cura e uno sguardo che racchiude tutto il peso di un’esistenza stravolta.
Lei è Egea Haffner, l’ultima discendente di una famiglia di Pola, costretta a lasciare la sua città natale in seguito all’esodo giuliano-dalmata. La sua storia, che ha attraversato decenni di silenzio e dolore, oggi è al centro di un libro e di un film che portano lo stesso titolo della foto che l’ha resa un simbolo: La bambina con la valigia.
L’infanzia a Pola e la notte che cambiò tutto
Egea Haffner nasce a Pola il 3 ottobre 1941, in un periodo in cui la città faceva ancora parte dell’Italia. La sua infanzia viene segnata in modo irreparabile il 4 maggio 1945, quando la polizia jugoslava bussa alla porta di casa.
Suo padre, Kurt Haffner, viene portato via con la promessa di un semplice controllo. Indossa una sciarpa di seta blu a quadrettini, saluta la moglie e la figlia e scompare per sempre.
La sua colpa? Nessuna, se non quella di trovarsi nel posto sbagliato in un momento in cui l’Istria era teatro di violenze e vendette politiche. Egea non lo rivedrà mai più: il suo destino si perderà tra le foibe, le spaccature carsiche in cui migliaia di italiani furono gettati senza lasciare traccia.
Da quel giorno, per Egea e la sua famiglia inizia un percorso doloroso fatto di addii e perdite. Pola, la città che contava 30mila abitanti, si svuota lentamente.
Anche lei, a soli quattro anni, è costretta a lasciare tutto. È zio Alfonso a prepararla per il viaggio, consegnandole una valigetta su cui è scritto “30.001”, a simboleggiare l’inizio dell’esodo.
Egea, inconsapevole di tutto, si prepara come per una festa: le fanno i boccoli e le mettono il suo vestito più bello. Il momento viene immortalato in una fotografia che, anni dopo, diventerà l’emblema di un’intera generazione di esuli.
L’esodo e il difficile nuovo inizio
Nel luglio del 1946, Egea e la madre Ersilia lasciano Pola per raggiungere Cagliari. Ma la piccola viene presto affidata alla nonna e agli zii paterni a Bolzano.
La vita da profuga non è semplice: la sua famiglia dorme nel negozio di gioielleria che hanno aperto, cercando di ricostruirsi un futuro. Il pregiudizio verso gli esuli giuliano-dalmati è forte: vengono visti come fascisti in fuga, persone scomode che ricordano un passato che molti vogliono dimenticare.
Egea cresce con un profondo senso di diversità rispetto ai suoi coetanei. Non racconta a nessuno delle sue origini, per paura di essere emarginata.
Ma con il tempo, quella vergogna lascia spazio alla voglia di raccontare, di far conoscere la sua storia e quella di tanti altri italiani costretti a lasciare le loro case.
Nel libro La bambina con la valigia, scritto insieme a Gigliola Alvisi, ripercorre la sua infanzia spezzata con un linguaggio semplice, diretto, rivolto soprattutto ai giovani. “Non voglio che questa storia venga dimenticata o strumentalizzata” ha dichiarato in più occasioni. Per troppo tempo il dramma degli esuli è stato taciuto e il suo obiettivo è accendere una luce su questa pagina di storia italiana.
Il film e la commozione di una vita
La storia di Egea ha commosso l’Italia intera, tanto da ispirare il film La bambina con la valigia, trasmesso su Rai 1. La pellicola racconta le vicende della sua infanzia, la perdita del padre, l’esodo e il difficile adattamento a Bolzano.
Il cast del film vede Petra Bevilacqua nel ruolo di Egea da bambina, mentre Sinead Thornhill interpreta la protagonista da ragazza. Andrea Bosca veste i panni del padre Kurt, Sandra Ceccarelli quelli della nonna Maria, mentre Sara Lazzaro e Claudia Vismara interpretano la zia Ilse e la madre Ersilia. Zio Alfonso è invece interpretato da Davide Strava.
Per lei guardarlo è stato come rivivere il proprio passato: “Ho pianto dall’inizio alla fine“, ha raccontato. E non è stata l’unica: alla cerimonia del Giorno del Ricordo al Quirinale, la sua testimonianza ha emozionato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni.
Oggi, Egea Haffner ha 83 anni e vive a Rovereto con il marito, circondata dall’affetto delle sue figlie e delle sue nipoti. Non ha mai smesso di raccontare la sua storia, di parlare ai ragazzi nelle scuole, di partecipare agli eventi di commemorazione.
Perché il passato, anche quando fa male, merita di essere ricordato. E quella foto, con la sua valigia e il suo sguardo di bambina, continuerà a parlare per lei, per il padre che non ha mai potuto riabbracciare e per tutti coloro che, come lei, hanno dovuto ricominciare da zero.