Le foibe, le violenze sulle donne e le vite spezzate

È per le donne, violentate e uccise, e per gli uomini gettati vivi nelle falde profonde, e per tutti gli altri, che è stato istituito il Giorno del Ricordo

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Ce ne sono tante, forse troppe, di pagine oscure e dolorose che fanno parte della storia, quella di tutti noi. Quella che passa per il dolore e per le tragedie, per il sangue e la morte, quella che ci ha privato della nostra umanità e che vorremmo solo dimenticare. Ma cancellare non è possibile perché il compito che siamo chiamati ad assolvere è quello di ricordare affinché gli errori di un tempo non vengano commessi mai più.

L’incubo delle foibe

Uno dei capitoli più complessi e neri della storia d’Italia, che ha investito il Venezia Giulia, si intitola massacro delle foibe. Durante, e subito dopo la Seconda Guerra mondiale, i partigiani jugoslavi insieme all’OZNA, hanno scelto la via del riscatto, quella di una giustizia violenta contro i nemici del popolo che ha mietuto ancora vittime.

Il termine foibe, che fa riferimento ai grandi inghiottitoi carsici tipici dell’Istria, è collegato allo stesso destino delle vittime di quei massacri. I loro corpi, infatti, venivano gettati proprio all’interno di queste profonde falde della terra. Così ecco che quelli che “andavano contro” venivano infoibati – gettati vivi – in queste caverne verticali.

Tra queste anche quella di Basovizza, un profondo pozzo minerario nel comune di Trieste, utilizzato poi dai partigiani jugoslavi per nascondere i cadaveri.

Con il passare del tempo, però, il riferimento ai massacri delle foibe si estese anche alle brutalità collettive perpetuate su tutte le vittime, anche quelle che morivano all’interno dei campi di prigionia in Jugoslavia.

Quando tutto ebbe inizio

Quando le truppe tedesche presero il controllo di Trieste, poi di Pula e di Fiume, il resto del territorio della Venezia Giulia rimase scoperto, e conseguentemente occupato dai movimenti di liberazione. Il 13 settembre del 1943 a Pisino, intanto, veniva proclamata l’annessione dell’Istria alla Croazia.

Le prime ondate di violenza venivano compiute dal movimento di liberazione jugoslavo. L’obiettivo condiviso era quello di punire attraverso prigionie e condanne a morte, tutti i sostenitori del regime fascista.

Tra tribunali improvvisati e liste di nemici, i massacri prendevano forma. Ma la verità è che le vittime non erano solo i rappresentanti e gli oppressori del regime fascista, c’erano anche politici o personaggi più in vista che, in qualche modo, rappresentavano una minaccia per il futuro Stato comunista jugoslavo. C’erano anche tante donne.

Così, in questa spirale di violenza acuita maggiormente dopo la caduta del regime nazifascista, le persone venivano scelte, arrestate e giustiziate, gettate nelle foibe mentre erano ancora in vita.

Le donne delle foibe

Tra queste anche le donne, quelle alle quali non veniva riservata nessuna accortezza, le stesse che venivano brutalmente torturate e ancora prima violentate. Fosca, Caterina e Albina Radecchi sono state tra quelle donne. Le tre sorelle, che lavoravano in un fabbrica di Pola, non erano nemiche di nessuno e tanto meno erano pericolose. Ma pare sia bastata qualche chiacchiera con i militari del distaccamento di Fortuna, che si trovava sulla via di casa dal lavoro, per segnare il loro tragico destino.

Prelevate di notte dalla loro abitazione e trasportate a Barbana, furono prima violentate e poi gettate vive nelle foibe. Solo Albina, il quale corpo fu ritrovato con una ferita di arma da fuoco alla testa, probabilmente fu uccisa prima di finire della foiba di Terli.

Norma Cossetto

Tra le vittime delle foibe il nome di Norma Cossetto torna spesso e prepotentemente. Lei era solo una studentessa, in procinto di laurearsi, quando fu uccisa dai partigiani jugoslavi nei pressi di Villa Surani. Il capo di imputazione, nel suo caso, era più sentito che mai: Norma era la figlia di un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista, segretario politico del Fascio locale.

Era l’estate del 1943, quando la ragazza, impegnata a scrivere la sua tesi su Istria, girava in bicicletta per i paesini e municipi, per osservarli, prendere appunti e fare ricerche negli archivi locali. Ma tutti i suoi sogni di raccontare quella terra ricca di bauxite furono distrutti quando la ragazza fu portata nell’ex caserma della Guardia di Finanza di Parenzo e arrestata. Insieme a lei anche alcuni conoscenti e parenti.

A nulla sono serviti gli interventi di Licia, sua sorella, e di suo padre che poi morì accoltellato per mano di un partigiano. Norma fu portata alla scuola di Antignana adibita a carcere e fu allontanata dagli altri prigionieri. Venne torturata, violentata e sottoposta a sevizie come riferiranno i testimoni dell’epoca e poi di nuovo riportata dagli altri, pronta per un nuovo viaggio, quelli verso l’inferno di Villa Surani. In questa foiba i detenuti furono gettati ancora vivi.

Alcuni giorni dopo i Vigili del Fuoco di Pola scesero nel pozzo profondo 136 metri per estrarre i corpi senza vita dei prigioneri, tra i quali anche quello di Norma. Alla Cossetto, nel 2005, venne conferita la medaglia d’oro al merito civile dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Il Giorno del Ricordo

Parlare delle foibe vuol dire avere affrontare un viaggio nel tempo in quello che è uno dei capitoli più controversi della nostra storia. Quello ricordato con fervore da alcune fazioni politiche che sembrano quasi rinnegare il fatto che alcune di queste vittime, prima di diventarlo, siano state precedentemente aggressori e oppressori in nome del regime fascista. Gli altri, invece, seppur tacitamente sembrano quasi giustificare la violenza, l’orrore e gli abusi commessi dai partigiani jugoslavi.

Ma aldilà delle semplificazioni ideologiche che tendono a confondere ancora di più quello che è stato il momento più complesso della storia italiana, ci sono le vite. Quelle distrutte e spezzate, quelle degli uomini che sono stati gettati vivi nelle viscere della terra. Delle donne che prima di essere dimenticate nella profondità venivano violentate e abusate in ogni modo, come se quel destino brutale e già scritto non fosse stato abbastanza.

Ed è per loro e per tutti gli altri che è stato istituito il Giorno del Ricordo che cade il 10 febbraio, quello che serve  “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale” ( Legge 30 marzo 2004, n. 92).

Un’occasione preziosa che dobbiamo fare nostra, non per un tornaconto personale e ideologico che sposa una fazione piuttosto che un’altra, ma per prendere consapevolezza di questa tragedia e di tutte le sue sfumature. Per diffondere la conoscenza e per non dimenticare.

Norma Cossetto
Fonte: Wikimedia
Norma Cossetto