Solo qualche settimana fa JAMA, una delle principali riviste scientifiche al mondo, ha riportato un dato che fa davvero riflettere. Nelle giovani donne si sta assistendo alla diminuzione dei casi di tumore della cervice uterina. E cala, anche la mortalità. Dagli anni 90 ad oggi sarebbe ridotta dal 62%.
Sono dati degli USA, che offrono però uno spaccato di quanto e come la prevenzione sia importante. E quanto la vaccinazione per il virus HPV possa impattare sul benessere delle persone. Anche oltre le classiche “date” consigliate, intorno ai 12 anni. E non solo per le giovani, ma anche per i maschi.
L’infezione da Papillomavirus Umano (HPV) è infatti l’infezione sessualmente trasmessa più diffusa in entrambi i sessi. Ed è dal 1955 che l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha inserito l’HPV tra gli agenti cancerogeni per l’essere umano sulla base delle evidenze scientifiche che dimostrano come possa determinare tumori a livello di più distretti: cervice uterina, pene, vulva, vagina, ano e distretto testa-collo (in modo particolare orofaringe).
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Prevenzione e diagnosi precoce
Nel 2018, alla luce delle osservazioni sui vantaggi della vaccinazione, l’OMS ha lanciato un obiettivo importante di sanità pubblica mondiale: arrivare ad eliminare il cancro della cervice uterina. Non solo. Si registra anche un impegno del commitment degli Stati Membri dell’UE sancito dal Europe’s Beating Cancer Plan.
Ma come si può arrivare a questo obiettivo? Occorre una combinazione dei fattori che possono influire su questa situazione. Insomma, bisognerebbe giungere al 90% di coperture vaccinali negli adolescenti, sia maschi che femmine, oltre che alla stessa percentuale di adesione allo screening cervicale utilizzando i test di ultima generazione. Ma non basta. occorre anche che il 90% delle donne possa accedere tempestivamente a diagnosi e cura.
Test di screening e vaccinazione
La prevenzione al femminile deve passare attraverso due strumenti chiave: il vaccino e i test di screening da eseguire regolarmente. In questo senso, parlando di prevenzione primaria, bisogna considerare le azioni che le persone sane possono compiere per diminuire il rischio di sviluppare una malattia.
Grazie allo sviluppo di un vaccino che previene le infezioni da HPV, e quindi l’evoluzione a lesioni precancerose, oggi esiste la possibilità di prevenire alcune forme tumorali. Lo screening per le lesioni HPV-correlate è invece uno strumento di prevenzione secondaria.
Oggi esistono due test per eseguirlo: il Pap test e il test-HPV (o HPV-DNA). Attualmente La vaccinazione anti-HPV viene somministrata in 2 o 3 dosi, in base all’età, e viene offerta a ragazzi e ragazze a partire dall’11° anno di vita. Il recupero di chi non è stato precedentemente vaccinato o non abbia completato il ciclo vaccinale è raccomandato per le donne almeno fino a 26 anni compiuti, anche utilizzando la chiamata al primo screening per la prevenzione dei tumori del collo dell’utero, e per gli uomini almeno fino a 18 anni compresi.
Cosa si propone il Piano Vaccinale per i giovani
Si tratta di obiettivi ambiziosi. E per l’Italia lo strumento che dovrebbe guidare questo percorso di prevenzione si chiama Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV), per il 2023-25, che annovera “la prevenzione del cancro della cervice uterina e delle altre malattie HPV correlate” come obiettivo strategico al pari del mantenimento dello status polio-free e dell’eradicazione del morbillo e della rosolia.
Per superare le disparità regionali, il PNPV 2023-25 raccomanda l’estensione dell’offerta attiva e gratuita alle ragazze almeno fino all’età di inizio dello screening del tumore per il cancro della cervice uterina (26 anni) e ai maschi almeno fino ai 18 anni di età compresi ed il mantenimento della gratuità nel tempo per le coorti beneficiarie.
I giovani per i quali il Nuovo PNPV 2023-25 raccomanda il recupero attivo, non protetti contro l’HPV, sono 2,2 milioni. Questi giovani rimarranno a rischio di contrarre il virus e di continuare ad alimentare il reservoir anche fra le generazioni più adulte. Ma non basta. Alcune aree del Paese hanno esteso l’offerta gratuita della vaccinazione HPV a coorti aggiuntive di donne e uomini adulti.
Come si passa dall’infezione al tumore
Tornando alla scienza, le stime dicono in Italia circa 5.000 casi/anno sono attribuiti a infezioni croniche di ceppi oncogeni del virus HPV. Si tratta in particolare dei tumori della cervice uterina e una quota variabile di quelli di ano, vagina, vulva, pene, cavità orale, faringe e laringe. Tra questi, in particolare, il ruolo causale dell’HPV è riconosciuto in oltre il 95% dei tumori della cervice uterina, circa 2.400 nuovi casi stimati nel 2020.
I tipi di HPV ad oggi identificati sono oltre 225. Fra i genotipi ad “alto rischio”, HPV 16 e 18 sono correlati a circa il 70% di tutti i tumori cervicali in tutto il mondo e i tipi 31, 33, 45, 52 e 58 causano un ulteriore 20%. I genotipi a “basso rischio”, invece, sono principalmente rappresentati da HPV 6 e HPV 11 e sono più comunemente responsabili di lesioni proliferative benigne o di basso grado.
Sebbene la maggior parte delle infezioni da HPV si risolva spontaneamente e senza dare sintomi, la persistenza dell’infezione può determinare lo sviluppo di lesioni benigne e maligne della cute e delle mucose. L’infezione, in ogni caso, mostra un picco principale nelle giovani donne, intorno ai 25 anni di età, e un secondo picco intorno ai 45 anni. Il secondo picco di incidenza è dovuto in parte all’emersione di infezioni pre-esistenti ma anche a infezioni di nuova acquisizione. Negli uomini, invece, la prevalenza rimane costante nel corso della vita.