Tonsillite: perché le tonsille si infiammano e come comportarsi

Perché le tonsille s'infiammano e perché i bambini sono a rischio tonsillite: cause, sintomi e cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Un tempo era una sorta di passaggio obbligato per i bambini. I mal di gola che si ripetevano, la raucedine, la tosse, gli arrossamenti del palato, magari qualche linea di febbre. Dopo qualche tempo, in presenza di recidive di questi sintomi segni di tonsillite, il pediatra proponeva l’intervento chirurgico di tonsillectomia, ovvero l’intervento di asportazione delle tonsille palatine.

Insomma, il bisturi era quasi di prammatica. E per molti bambini l’operazione era la soluzione ottimale, fin dalla tenera età. Oggi non è più così. L’operazione, così come la più ampia e frequentemente eseguita adenotonsillectomia, che interessa anche le adenoidi o tonsille faringee, si esegue solo in casi selezionati. Ma la tonsillite ovviamente rimane un problema. che va affrontato, caso per caso, assieme allo specialista curante, ma è importante comunque saperne di più.

Ricordando che i disturbi legati a questa infiammazione delle tonsille, quasi sempre legata ad infezioni, sono sicuramente fastidiosi. I i bambini che possono essere esposti a maggior rischio di infezioni alla sensazione di avere le orecchie tappate, al russamento e addirittura a possibili deviazioni nella crescita dei denti perché se le guance comprimono l’arcata dentale superiore questa può non dilatarsi normalmente con la crescita.

Perché i bambini sono a rischio di tonsillite

Anche se spesso non ce ne rendiamo conto, la mucosa delle vie aeree è fisiologicamente la più esposta e suscettibile di aggressione da parte di agenti patogeni dall’esterno. Nel bambino, in particolare, il calibro delle vie aeree è ridotto rispetto all’adulto e condiziona il ristagno di secrezioni facilitando la persistenza di patogeni nei diversi distretti mucosi. Questo ristagno potenzialmente patologico è anche favorito dal fatto che il bambino difficilmente riesce a soffiarsi il naso correttamente e che soprattutto nei più piccoli non sono ancora del tutto efficienti alcuni sistemi di difesa, come il riflesso tussigeno, limita l’espettorazione.

Inoltre, a questi meccanismi anatomici anche i classici sistemi biologici di risposta alle infezioni non lavorano ancora perfettamente. Solo per fare qualche esempio, ricordiamo che nei primi anni di vita i livelli di immunoglobuline, in particolare di IgA, di IgG2 e di IgG4 sono infatti molto bassi e solo nell’età scolare raggiungono valori paragonabili a quelli dell’adulto. Ancora: il bambino dei primi 2-3 anni di vita non ha ancora sviluppato una completa capacità di rispondere con una adeguata produzione di anticorpi nei confronti di specifici antigeni batterici, come quelli dell’Haemophilus influenzae e dello Pneumococco.

Quante tonsilliti si possono “accettare” nei bambini

Secondo gli esperti di Otorinolaringoiatria pediatrica, un certo numero di tonsilliti sarebbe da considerarsi nella norma, specie nella prima infanzia. E soprattutto occorre ricordare che nel primo anno di inserimento nella scuola materna le infezioni delle prime vie aeree possono essere particolarmente frequenti, ma la situazione tende a migliorare negli anni successivi.

Esistono le indicazioni generali delle linee guida per parlare di tonsillectomia, ma in questa valutazione occorre anche considerare anche altri parametri, come ad esempio il rischio di convulsioni legate alla febbre nel bambino oppure la presenza di glomerulonefrite post-streptococcica (infezione del rene che può mettere in pericolo il regolare funzionamento dell’organo) o di malattia reumatica.

La situazione cambia, e di molto, se l’ingrossamento delle tonsille e delle adenoidi incide sul normale transito dell’aria attraverso il naso e la “pulizia” delle secrezioni dalle fosse nasali e dall’orecchio medio, quando questi si “riempiono” di muco che si può infettare  e/o alle ripetute infiammazioni cui vanno incontro.

La cosa più fastidiosa, per il bambino, è trovarsi costantemente a respirare dalla bocca. Ma questo obbligo dettato dal rigonfiamento presente nella gola che in pratica blocca gli orifizi di sbocco delle narici all’interno non è solo causa di difficoltà, ad esempio quando il piccolo fa una corsa. Innanzitutto, in queste condizioni l’aria passa direttamente dalla bocca alla trachea e quindi ai bronchi, senza poter essere preventivamente filtrata, riscaldata ed umidificata nelle fosse nasali. Questo ovviamente rende più frequente l’infezione ripetuta delle vie respiratorie.

Infatti, nel rinofaringe sboccano le tube di Eustachio, unica via di comunicazione tra orecchio medio ed esterno. Ovviamente se le adenoidi ne ostruiscono lo sbocco, l’aria contenuta nell’orecchio medio viene riassorbita, si raccoglie dell’essudato e questo comporta una diminuzione dell’udito ed un maggior esposizione alla comparsa di otiti.

Quanto pesa l’ambiente sul rischio di tonsillite

Sia chiaro. Per spiegare come mai il bambino corra i rischi maggiori in caso di tonsillite e soprattutto perché può accadere che la condizione patologica si ripresenti spesso, non ci si può limitare alle sole caratteristiche del sistema immunitario in formazione del bimbo, che peraltro rappresentano un passaggio fondamentale nel suo processo di crescita e di “conoscenza” dei potenziali nemici invisibili che progressivamente entrano in contatto con l’apparato respiratorio. Quindi il ripetersi di infezioni respiratorie non va considerato imputabile esclusivamente al naturale apprendimento immunologico proprio di ogni bambino.

Incidono sulla situazione l’effetto sfavorevole dell’impatto ambientale e l’azione deprimente sul sistema immunitario (peraltro passeggera) indotta dalla presenza degli stessi batteri e virus patogeni. Pensate solamente alla frequentazione del “nido” e poi dell’asilo. Con la socializzazione si può realizzare un significativo incremento del numero di infezioni attese per l’età. Ma non basta: anche l’inalazione passiva del fumo di tabacco, che va sempre evitata per i più piccoli (e ovviamente debbono impegnarsi i grandi) può giocare un ruolo molto pesante in negativo. Si sa infatti che i piccoli che convivono con fumatori presentino una aumentata frequenza di infezioni respiratorie, di crisi di ostruzione bronchiale bronco ostruzione, di tosse cronica e di ospedalizzazione per patologie di carattere respiratorio.

Perché le tonsille si infiammano?

Le tonsille sono particolarmente predisposte ad infiammarsi, in particolare nei bambini, perché giocano un ruolo importante nei sistemi di difesa. Anche grazie a questi organi, soprattutto nei primi anni di vita, si hanno a disposizione anticorpi che ci aiutano a reagire nei confronti delle infezioni. Per questo il ripetersi di qualche tonsillite è del tutto normale in questa fase della vita: con il pediatra si possono affrontare al meglio le condizioni che si creano. Ovviamente se il numero degli episodi sale occorre prestare maggior attenzione alla situazione e si può anche pensare all’intervento considerando anche altri dati importanti, come ad esempio un’infezione che si può rivelare nel rene, come la glomerulonefrite post-streptococcica.

Attenzione però: oltre a queste informazioni generali ci sono altre situazioni che vanno tenute sotto controllo. È importante verificare assieme al pediatra che l’aumento di volume delle tonsille e delle adenoidi non implichi un impatto sul transito dell’aria attraverso il naso e la “pulizia” delle secrezioni dalle fosse nasali e dall’orecchio medio, quando questi si “riempiono” di muco che si può infettare.

Occorre valutare quindi se il bambino respira sempre dalla bocca, per il rigonfiamento presente nella gola. In questo caso l’aria che si respira passa direttamente dalla bocca alla trachea e quindi ai bronchi, senza poter essere preventivamente filtrata, riscaldata ed umidificata nelle fosse nasali. Questo ovviamente rende più frequente l’infezione ripetuta delle vie respiratorie.

Ma non basta: nel rinofaringe sboccano le tube di Eustachio, via di comunicazione tra orecchio medio ed esterno. Quando le adenoidi ne ostruiscono lo sbocco, l’aria contenuta nell’orecchio medio viene riassorbita, si raccoglie dell’essudato e questo comporta una diminuzione dell’udito ed un maggior esposizione alla comparsa di otiti.

Cosa succede se tonsille e adenoidi sono troppo grandi

  1. Maggior rischio di infezioni. Il bambino è costretto a respirare con la bocca: l’aria non viene filtrata dal naso e quindi aumentano le possibilità che si verifichino infezioni delle vie respiratorie.
  2. Orecchie tappate. Esiste una via di comunicazione tra orecchio medio e naso. Se questo passaggio non è libero, il muco di deposita e aumenta il rischio di infezioni ripetute.
  3. Se si crea un’ostruzione delle vie aeree si respira con la bocca anche nel sonno. Nelle forme più gravi si possono avere anche deficit di ossigeno e problemi alla circolazione.
  4. Denti storti. Le guance comprimono l’arcata dentaria superiore che non può “allargarsi” a dovere con la crescita. I denti possono quindi crescere storti, per il poco spazio a disposizione.
  5. Dieta carente. Può nascere difficoltà alla deglutizione di cibi solidi: il bambino mangia lentamente alimenti come carne, prosciutto e simili e si affida quasi sempre a cibi semiliquidi.
  6. Olfatto in crisi. La difficoltà alla deglutizione si associa spesso ad un calo dell’olfatto e del gusto, perché passa poca aria dal naso. Il bimbo quindi può diventare disappetente.

Perché la tonsillite disturba il sonno

Per sapere se e quanto la tonsillite può disturbare il bambino, guardatelo quando dorme. Se russa non è solo un vezzo che ispira simpatia, ma anche un potenziale segnale d’allarme. Oggi quasi cinque bimbi su cento presentano questo “vizio” e, se il problema non è occasionale, può anche essere la spia di disturbi del sonno. Quando l’ipertrofia delle adenoidi è particolarmente severa e si associa ad una importante ipertrofia delle tonsille, il rilassamento muscolare durante il sonno aggrava la difficoltà respiratoria determinando così un ampio spettro di disordini respiratori che vanno dal russamento semplice fino alla sindrome delle apnee ostruttive. In quest’ultimo caso, si può anche arrivare a un’ostruzione molto marcata delle vie aeree, che può portare a riduzione dell’ossigeno circolante nel sangue e ad un’alterazione dei normali ritmi del sonno e potenziali ripercussioni anche sull’apparato circolatorio. Il bambino ha difficoltà a risvegliarsi, appare irrequieto, non riesce a seguire con attenzione quanto avviene.

Come si cura la tonsillite?

L’approccio terapeutico varia in base all’origine del quadro. Quando a causare l’infezione è un virus, si punta soprattutto su farmaci sintomatici come il paracetamolo o i FANS per controllare i sintomi che la febbre e il dolore. non vanno utilizzati antibiotici, da non assumere mai se non dopo precisa prescrizione medica.

Questi farmaci possono invece aver significato in caso di forme da origine batterica, ma deve appunto essere il medico ad indicarne tipo, caratteristiche, vie di somministrazione e posologia. Generalmente si utilizzano antibiotici ad ampio spettro correttamente somministrati per posologia giornaliera e durata. In caso di infezioni reiterate, ravvicinate e nel sospetto di scarsa efficacia terapeutica, si può effettuare un antibiogramma per avere informazioni sulla sensibilità o meno dei batteri in questione ai diversi farmaci.

Quando si deve pensare all’intervento per le tonsille

Esistono delle linee guida per adenotonsillectomia, ricordando che oggi le indicazioni alla chirurgia sono più limitate. Anche se non per tutti i casi gli studi scientifici condotti finora sono sufficienti a confermare o smentire definitivamente i vantaggi dell’intervento.

Nei bambini con sindrome dell’apnea ostruttiva (nei quali il flusso respiratorio può ridursi o interrompersi durante il sonno a causa del restringimento dello spazio faringeo) la tonsillectomia è consigliabile sulla base di criteri clinici (sonno molto disturbato, russamento intenso, sonnolenza diurna) e dei risultati di esami strumentali (polisonnografia, fibroendoscopia transnasale) e di laboratorio (percentuale di saturazione dell’emoglobina) che consentono di stabilire la gravità della condizione.

Nei bambini e negli adulti con tonsillite batterica acuta ricorrente la tonsillectomia è consigliata solo se gli episodi di tonsillite si ripetono 5 o più volte all’anno, se i sintomi sono di gravità tale da interferire con le normali attività quotidiane (scuola o lavoro) e se perdurano da almeno 12 mesi, e deve comunque essere preceduta da altri 6 mesi di osservazione.

L’indicazione all’intervento può essere più elastica in presenza di condizioni patologiche associate (infiammazione persistente dei linfonodi del collo anche dopo terapia antibiotica, ascesso peritonsillare, convulsioni febbrili, malformazioni dell’apparato respiratorio o cardiovascolare, malattie croniche). Va detto che in genere l’operazione non presenta particolari rischi, pur se si tratta sempre di un intervento in anestesia generale.

Occorre fare attenzione in particolare al rischio di emorragia sul tavolo operatorio, estremamente raro, e alla possibilità che ci possano essere sanguinamenti a distanza che in genere si arrestano da sole – solo in pochi casi occorre un intervento – ma mettono in ansia il bambino e la famiglia e vanno comunicati immediatamente al medico. Le emorragie tardive possono essere insidiose in quanto avvengono spesso durante il sonno e al domicilio del paziente. Per quanto riguarda il dolore, i farmaci per controllarlo esistono ma il bambino può anche evitare i cibi, per paura che il loro passaggio faccia “male”. In questo caso bisogna offrire supporti per offrire al corpo ciò di cui ha bisogno, per rimettere a posto il metabolismo e per assicurare acqua e sali minerali fondamentali per la salute.

Cos’è la sindrome PFAPA?

Esistono situazioni di faringiti o faringotonsilliti recidivanti che non necessitano di trattamento antibiotico. La più nota è la sindrome PFAPA (Periodic Fever, Aphtas, Pharyngitis and cervical Adenopathies), è una delle cause di febbre periodica in età pediatrica. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che gli episodi febbrili possano dipendere, almeno in un sottogruppo di pazienti, dalla riattivazione di una infezione virale latente da adenovirus.

Le manifestazioni cliniche si ripresentano costanti nel tempo e con una periodicità abbastanza regolare: si presenta, in genere, prima dei cinque anni e si caratterizza per una febbre che tende a ricorrere con regolare periodicità (ogni 3- 8 settimane, tipicamente 1 mese) con periodi di completo benessere. La febbre, spesso ben sopportata si accompagna a stomatite aftosa (le afte sono di piccole dimensioni e generalmente localizzata alla gengiva labiale), aumento dei linfonodi laterocervicali ed arrossamento del faringe e delle tonsille. Il tutto in assenza di segni di infezione respiratoria. Questi segni non sono tutti presenti. Gli antibiotici non hanno alcun ruolo nel trattamento e devono essere utilizzati solo in presenza di una obiettività che suggerisca una infezione batterica. I corticosteroidi sono efficaci nella grande maggioranza dei casi.

Scarlattina e gola, qual è il legame?

La scarlattina è provocata da uno specifico streptococco definito beta emolitico di gruppo A piogeno. Il germe produce delle tossine, dette eritrotossine, che determinano la comparsa dei sintomi. Ma soprattutto la scarlattina entra nel novero delle patologie esantematiche? Cosa significa? Provoca un’eruzione cutanea, cioè delle macchie rosse puntiformi in lieve rilievo sulla pelle che durano mediamente tre o quattro giorni e poi si schiariscono.

È caratterizzata da una faringite causata dal batterio, placche in gola, arrossamento delle tonsille e puntini rossi sul palato che si chiamano petecchie. La lingua si ricopre dapprima di una patina bianca e poi, desquamandosi, diventa di colore rosso fragola o lampone. Si osserva un aumento dei linfonodi sotto il collo che appaiono tumefatti e dolenti, febbre variabile da poche linee a temperature sui trentanove o quaranta gradi e possono comparire anche brividi, cefalea, vomito.

Le classiche macchie arrossate tendono a presentarsi prima in prossimità dell’inguine e alle ascelle, ma poi si diffondono, con una particolare curiosità ben apprezzabile alla vista. Le zone che circondano la bocca e il naso non presentano infatti alcuna lesione e rimangono bianche, tanto da far pensare nelle forme più serie ad una vera e propria maschera definita maschera di Filatow. Il batterio può essere trasmesso attraverso il contatto diretto con il malato o con le goccioline respiratorie emesse con la tosse, gli starnuti o anche parlando. In pratica, come capita con il raffreddore e l’influenza, le goccioline possono passare da una persona all’altra con la voce, il respiro, la tosse e gli starnuti. Ma non basta.

Bisogna ricordare che la trasmissione della malattia può avvenire attraverso un contagio indiretto con la manipolazione degli oggetti utilizzati dai pazienti malati come asciugamani, stoviglie, lenzuola, termometri.  Il periodo di incubazione della scarlattina è breve e in genere varia da due a cinque giorni con inizio improvviso dei sintomi.

Per prevenire la malattia, in assenza di un vaccino, sono molto importanti le misure igieniche. Occorre che i bambini si lavino bene le mani, perché questo riduce in modo drastico l’insorgenza di questa e di moltissime altre malattie. È molto importante anche spiegare loro come starnutire e come tossire per non contagiare gli altri. Occorre poi insegnare ai bambini a non tossire o starnutire nella mano con la quale poi toccano giocattoli, mobili o oggetti disseminando virus e batteri ma in un fazzoletto monouso da gettare via. La diagnosi è clinica: viste le caratteristiche dell’esantema e quanto può emerge dalla visita, il pediatra può individuare la patologia.

A volte per confermare la situazione può servire il tampone faringeo che aiuta a verificare la presenza dello streptococco. Il test rapido, effettuato nell’ambulatorio del pediatra, consente di avere un risultato in pochi minuti e decidere così la terapia più appropriata. Visto che si tratta di un’infezione batterica, il pediatra può indicare un trattamento antibiotico specifico.  È importante che sia la diagnosi che la prescrizione dell’impiego dell’antibiotico siano fatte dal medico e non autodecise da parte dei genitori, visto che il tampone, oltre a non rilevare sempre e comunque la presenza del batterio (i cosiddetti falsi negativi) potrebbe anche risultare positivo in bimbi che non hanno un quadro patologico ma ospitano comunque in gola il batterio.

Una guida per lo streptococco

Alla luce dell’incremento di episodi infettivi causati dallo Streptococco beta emolitico di gruppo A e del concomitante calo di disponibilità dell’antibiotico più usato, amoxicillina, il Tavolo Tecnico Malattie Infettive e Vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria, guidato dal Susanna Esposito, ha redatto un documento finalizzato a favorire una maggiore adesione alle linee guida nazionali per un uso appropriato degli antibiotici. Il tutto per rispondere a dubbi e incertezze dei genitori, che debbono avere sempre come riferimento il pediatra.

Fonti bibliografiche

A. G. Cheng, Faringotonsillite, Manuale MSD

Streptococco: ecco la guida della SIP, Società Italiana di Pediatria

Tonsillite, Cro Firenze

Tonsillite, Humanitas

Tonsillite, ISSalute