Si dice spesso di limitare l’impiego dei social media nei giovani. E soprattutto si segnala quanto e come possa risultare controproducente per il benessere psicologico stare per ore attaccati a smartphone, tablet e PC in connessione con gli altri attraverso video, chat e simili.
Ora, ad aggiungere un tassello alle conoscenze sull’uso problematico (quindi con vere e proprie esagerazioni ed impossibilità a staccarsi dal dispositivo) dei social arriva una ricerca delle Università di Firenze, Pisa e dell’Università di Toledo negli USA. Lo studio mette in luce un aspetto davvero preoccupante: l’uso problematico dei social può aumentare il distacco corporeo e l’immersione nella fantasia.
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Cosa cambia
In sintesi, per chi va in “overdose” da social c’è il pericolo di sentirsi meno in contatto con il proprio corpo, prestare meno attenzione alle sue sensazioni, percepirsi più distanti dalla propria esperienza fisica. con ripercussioni che vanno oltre i semplici mutamenti dell’umore e i cali di attenzione. La ricerca segnala proprio questo. Ed è apparsa sul Journal of Behavioral Addictions.
Lo studio è firmato da Silvia Casale dell’Università di Firenze, Simon Ghinassi dell’Università di Pisa e Jon D. Elhai dell’ateneo americano. La ricerca è stata condotta su 216 studentesse e studenti universitari italiani tra i 18 e i 33 anni in due momenti, a distanza di quattro mesi, tra il 2023 e il 2024. Oltre la metà dei partecipanti ha dichiarato di trascorrere almeno due ore al giorno sui social. Instagram è risultata la piattaforma più usata, seguita da TikTok, e in misura minore da X e Reddit.
“Quello che la ricerca chiarisce per la prima volta è la direzione del legame tra dissociazione corporea e uso problematico dei social – spiega Simon Ghinassi – I risultati suggeriscono che non è il sentire il proprio corpo estraneo a portare a perdere il controllo sul proprio uso dei social. Succede il contrario. È l’uso compulsivo dei social cosiddetti appearance-based, per esempio Instagram, che, nel tempo, porterebbe ad un aumento del distacco dal proprio corpo”.
“Il funzionamento delle piattaforme social – basato sull’editing e la manipolazione di immagini di sé – spinge a rappresentarsi attraverso una versione modificata del proprio corpo, a identificarsi temporaneamente con un’immagine idealizzata di sé e, al tempo stesso, a guardarsi da una prospettiva esterna, come se si fosse osservatori di se stessi. Con il tempo, questa visione in terza persona può favorire un distacco dal proprio corpo e alimentare esperienze di dissociazione” aggiunge Silvia Casale.
Come affrontare la situazione
Purtroppo, dallo studio emerge anche come l’uso problematico dei social possa favorire la concentrazione sui mondi immaginari a discapito di quelli reali è infatti un’altra possibile conseguenza. Si tratta di un fenomeno noto come assorbimento immaginativo: la tendenza a lasciarsi trascinare e immergersi nelle proprie fantasie portando a una ridotta consapevolezza di ciò che ci circonda.
Anche in questo caso “l’antidoto”, sempre secondo lo studio, è promuovere un uso più consapevole dei social media, considerando i possibili effetti negativi nel rapporto con le proprie esperienze corporee e con il mondo circostante. D’altro canto, non è la prima volta che si propone la massima attenzione al tema, con un percorso che deve essere soprattutto culturale senza puntare troppo sulle proibizioni.
Scuola ed educazione
Secondo uno studio apparso qualche tempo fa su Lancet Regional Health Europe, che ha preso in esame per più di un anno studenti di 20 istituti con politiche restrittive e di 10 scuole con politiche invece permissive, non sono state osservate differenze significative tra gli istituti con regolamenti maggiormente permissivi e quelli con indicazioni più stringenti all’impiego dello smartphone, anche sul fronte del rendimento scolastico in materie chiave come inglese e matematica.
Il tutto, pur considerando un calo nell’uso dei telefoni da parte degli studenti (di circa 40 minuti) e dei social media (circa 30 minuti) a scuola in caso di proibizione. Ciò che conta, insomma, è creare competenza e cultura per limitare l’esposizione totale a questi stimoli.
La ricerca, in qualche modo, conferma come e quanto occorre regolamentare l’impiego degli smartphone nell’arco della giornata, senza necessariamente fissarsi su specifici ambienti come la scuola ma ragionando nell’ambito di un percorso quotidiano che comprenda anche la vita in famiglia e il tempo libero. Magari iniziando fin da piccoli. L’abitudine ad un sano uso dei dispositivi deve quindi iniziare fin da bambini, anche attraverso l’esempio dei grandi.