Scompenso cardiaco, la diagnosi precoce per una cura su misura: le novità

Esistono due forme principali di scompenso cardiaco: le novità in fatto di terapie e perché il ricovero peggiora la prognosi

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Alla fine, il risultato è quasi sempre simile. Il cuore non riesce a svolgere il suo compito, che è quello di spingere il sangue destinato all’intero organismo. Così, si stanca. E compaiono i disturbi tipici dello scompenso cardiaco, condizione che in Italia interessa circa un milione di persone (soprattutto nella terza età, ma non solo), sia pure se con quadri diversi tra loro per meccanismi che li caratterizzano e gravità. E per questo occorre riconoscere la situazione prima possibile, giungendo alla diagnosi precisa del tipo di scompenso, anche alla luce delle novità farmacologiche disponibili per le cure.

Come nasce lo scompenso

Questa condizione che si verifica quando il tessuto muscolare del cuore è danneggiato e sovraffaticato. Si lega ad alterazioni nella circolazione arteriosa e venosa, che vanno ad affaticare sempre più le prestazioni cardiache, danneggiando in modo irreversibile il miocardio, peggiorando le condizioni cliniche. All’inizio il cuore danneggiato non è in grado di pompare sangue per mantenere la circolazione arteriosa in tutto l’organismo.

La quantità di sangue che viene pompata risulta pertanto ridotta, mentre quella che ritorna dall’organismo al cuore attraverso le vene incontra un’aumentata resistenza. Con il crescere della pressione venosa, il liquido tende a uscire dai vasi sanguigni e crea i sia l’edema polmonare che il rigonfiamento di piedi e caviglie.

Il cuore pompa bene o si riempie male?

Per capire quanto può essere complesso parlare di questa situazione, pensate solo che si conoscono due diverse forme principali di insufficienza cardiaca cronica sintomatica: quella a frazione di eiezione ridotta (HFrEF) e a frazione di eiezione preservata (HFpEF), caratterizzate rispettivamente da una difficoltà del cuore di contrarsi normalmente oppure di riempirsi di sangue in modo adeguato. È proprio per quest’ultima forma di insufficienza cardiaca a frazione di eiezione preservata che esiste un bisogno clinico insoddisfatto, dovuto all’assenza di terapie adeguate.

Ed in questo ambito c’è una novità importante: un farmaco (empaglifozin) è rimborsabile per il trattamento dei pazienti adulti appunto con insufficienza cardiaca cronica sintomatica a frazione di eiezione preservata. Come spiega Francesco Dentali, Presidente di FADOI, Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, “circa il 50% delle persone ricoverate per insufficienza cardiaca cronica sintomatica ha frazione di eiezione conservata.

È noto come in questi pazienti, il ricovero ospedaliero – che avviene prevalentemente in Medicina Interna – condizioni pesantemente la sopravvivenza e la qualità della vita. In questo ambito, quindi, la possibilità di utilizzare un farmaco estremamente efficace nel ridurre le re-ospedalizzazioni indipendentemente dalla frazione di eiezione rappresenta per tutti noi sanitari, ma soprattutto per i nostri pazienti, una opportunità terapeutica senza precedenti”.

Perché è importante evitare i ricoveri

Per chi soffre di questa condizione ogni ricovero in ospedale comporta un peggioramento della prognosi. Come se si scendesse una scala, quella del benessere, si tende a scendere uno scalino e ad ogni ricovero. Con evidenti ripercussioni sulla salute del cuore e della circolazione. Per questo occorre fare attenzione a una malattia così subdola: spesso il paziente dopo un primo ricovero torna a casa e, passato l’episodio acuto, si sente “come prima” ed inizia a trascurare la propria condizione facendosi complice inconsapevole di una progressione silente della patologia.

Ai pazienti con scompenso cardiaco va, quindi, ricordato che la patologia tende a progredire anche in assenza di sintomi evidenti di peggioramento. Ciò che conta, quindi, è controllare le proprie abitudini di vita, cercando sempre di mantenere allenato l’organismo anche attraverso l’attività fisica che è possibile sostenere, facendo attenzione all’alimentazione e a quanto si beve (l’aumento di peso può essere un segnale che il cuore non riesce a funzionare a dovere e che quindi si accumula liquido nell’organismo, e seguendo scrupolosamente quanto il medico propone per la cura. anche e soprattutto se sono presenti altre patologie: lo scompenso è classicamente una malattia della terza età e accade che si associ a problemi renali, malattie respiratorie e diabete, condizioni che possono peggiorare il quadro.

I segnali d’allarme dello scompenso

La diagnosi di insufficienza cardiaca va sempre fatta dal medico, così come la terapia da seguire va indicata dal curante. Ma ci sono ovviamente alcuni segnali che debbono mettere in guardia, anche se magari non sono specifici di questa situazione. Ecco, in sintesi, alcune manifestazioni cui fare attenzione.

  • Edema: accumulo di liquido nell’addome, nei polmoni, nei piedi e nelle gambe.
  • Difficoltà respiratorie: sono legate all’eccesso di liquido nei polmoni, sia sotto sforzo che a riposo.
  • Stanchezza: è una sensazione generalizzata di spossatezza, mancanza di forze per carenza d’ossigeno.
  • Mancanza di appetito: la digestione rallenta ed è presente una sensazione di sazietà precoce o di nausea.
  • Cuore veloce: il cuore batte più velocemente per compensare la perdita della sua capacità di pompa.