Tutto inizia grazie ad una donna. Anche se qualcuno aveva pensato di utilizzare i raggi X alla fine del 1800 per la cura del cancro, la radioterapia ha cominciato a svilupparsi nella prima metà del ’900, in parte dopo le ricerche di Marie Curie che scoprì la radioattività degli elementi (radio e polonio) nel 1898. Oggi la radioterapia, insieme a chirurgia, chemioterapia e sempre di più immunoterapia, è una delle basi per la cura di molti tumori.
Ecco come agisce
La radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia, emesse da sostanze radioattive oppure prodotte da specifiche apparecchiature chiamate acceleratori lineari. Le radiazioni ionizzanti, dirette contro la massa tumorale, sono in grado di danneggiare la struttura del tessuto bersaglio; le cellule tumorali sono scarsamente capaci di riparare i propri danni e quindi una volta colpite dalle radiazioni vanno incontro a morte cellulare o apoptosi.
La radioterapia si basa sul principio di indirizzare la radiazione ionizzante sulla cellula cancerogena per danneggiare il suo Dna. Le radiazioni ionizzanti generano all’interno delle cellule radicali liberi che danneggiano irreparabilmente il patrimonio genetico cellulare. Al fine di risparmiare i tessuti sani, i fasci delle radiazioni vengono sagomati e rivolti da diverse angolazioni e si intersecano al centro della zona da trattare, dove ci sarà un quantitativo di dose assorbita totale superiore a quelle delle aree adiacenti.
In alcuni casi, nella radioterapia esterna, la fonte dei raggi è posizionata all’esterno del corpo mentre la radioterapia interna è somministrata direttamente dentro il corpo. Il trattamento radioterapico è rigorosamente personalizzato per ciascun paziente a seconda del tipo di tumore, delle sue dimensioni, della localizzazione e delle condizioni di salute generali del paziente. Oltre al tipo più indicato di radioterapia, si stabilisce la durata e la dose del trattamento, in quante frazioni vada somministrato e con quale frequenza.
Quando si utilizza
“La radioterapia oncologica può essere utilizzata per la cura esclusiva di un tumore, dove per esclusiva si intende proprio in alternativa all’intervento chirurgico – spiega Renzo Corvò, Presidente eletto AIRO (Associazione Italiana Radioterapia Oncologica) e Direttore di Radioterapia Oncologica IRCCS Policlinico San Martino Genova. Il tumore della prostata, il tumore della laringe, il tumore della cervice uterina, certi tumori iniziali del polmone sono tra gli esempi più comuni; la radioterapia viene utilizzata spesso associata in questo ruolo radicale alla chemioterapia, consentendo di attuare programmi di cosiddetta ‘preservazione di funzione d’organo’. Questo tipo di terapia radiante viene eseguita nel 35-40 per cento dei casi; si utilizza anche una radioterapia molto estesa, post-operatoria“.
Prosegue l’esperto: “Il paziente viene sottoposto prima alla chirurgia e dopo alla terapia radiante che elimina le cellule maligne residue nell’area dove si è intervenuti. Questo trattamento, è chiamato anche adiuvante e l’esempio più classico è il tumore della mammella; abbiamo poi una quota più limitata, 5-10 per cento, ma interessante, di casi trattati con radioterapia neoadiuvante, ossia pre-operatoria.
Si tratta di situazioni in cui lo stesso chirurgo insieme al team oncologico decide di procedere come primo atto terapeutico a un ciclo di radioterapia per ridurre il tumore. In questo modo l’atto chirurgico che segue a distanza di tempo è più conservativo. Esempio è il tumore del colon retto.
Infine, c’è un ultimo importante ruolo: la radioterapia palliativa classica, che ha lo scopo di controllare un sintomo per esempio in un paziente metastatico con una prognosi severa e un dolore incontrollabile; e, ancora più evoluta, la radioterapia palliativa con finalità di stabilizzare nel tempo la malattia avanzata. In pazienti che presentano metastasi, la radioterapia riesce su aree molto piccole a fermare l’evoluzione con una prognosi molto più favorevole e prolungata per anni”.
Va comunque ricordato che questo trattamento può essere impiegato dai tumori pediatrici fino agli ultraottantenni e persino ai centenari, in particolare per i tumori della pelle e i tumori in sede testa-collo.