Mamma e neonato, il legame che nasce con il “Mutual Gaze” e come controllare la vista dei piccoli

Il Mutual Gaze è quella condizione dinamica in cui mamma e neonato mantengono il contatto visivo: perché è importante e che indicazioni può dare

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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La vista si sviluppa durante la vita fetale secondo tre momenti di scatto di crescita: a 16-20 settimane, 28-32 e infine dopo 37 settimane di età gestazionale. Lo hanno recentemente ricordato gli esperti presenti al Congresso Nazionale della Società Italiana di Neonatologia (SIN), appena concluso a Montesilvano (Pescara).

Ma attenzione: la vista riveste un ruolo fondamentale nella precoce costruzione della sfera relazionale del neonato. Anche e soprattutto quando il bebè punta il suo sguardo, ricambiato, verso gli occhi della mamma. Cosa succede? E quanto è importante nell’ambito della percezione sensoriale, considerando i cinque sensi?

Cos’è il “Mutual Gaze”

Tecnicamente si può definire come una condizione dinamica in cui madre e neonato mantengono e regolano mutualmente il loro sguardo diretto l’uno verso l’altro. Questo speciale contatto visivo è in grado di influenzare reciprocamente le risposte comportamentali e gli stati emozionali e cognitivi.

Si può, infatti, ipotizzare che i bambini che vivono precocemente esperienze frequenti e positive, ma soprattutto durature, di “mutual gaze” con i propri genitori siano maggiormente predisposti allo sviluppo di relazione, al controllo dell’attenzione e alla regolazione emotiva negli anni successivi.

In presenza di deficit neurosensoriali quali la sordità, studi condotti sul “mutual gaze”, in cui almeno uno dei due soggetti della diade madre-neonato ne era affetto, hanno osservato che i bambini trascorrevano meno tempo guardando altrove e più tempo guardando la propria mamma, enfatizzando l’importanza dell’attenzione visiva in presenza di ipoacusia.

Le madri sorde, inoltre, usavano di più strategie visive di contatto, mentre le madri normoudenti si basavano di più sulla vocalizzazione, pur in presenza di figli sordi.

L’assenza di interazioni di “mutual gaze” può rappresentare un motivo di preoccupazione, in quanto un contatto oculare assente o debole potrebbe essere un segno precoce di condizioni atipiche, in particolare nell’ambito del neurosviluppo, oltre che di alterata funzione visiva – evidenzia Gabriella Araimo, Segretario del Gruppo di Studio Organi di senso della SIN”.

L’importanza della prevenzione dei controlli

Grazie all’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nel 2017, i neonati sono sottoposti a screening visivi (come il test del riflesso rosso), che permettono di prevenire alcune forme di ipovisione e cecità.

La prevenzione a tutela della vista dei neonati è sempre più importante non solo per l’identificazione precoce e la presa in carico tempestiva di patologie potenzialmente invalidanti, quali la retinopatia del prematuro e la cataratta congenita, ma anche per lo sviluppo relazionale sin dai primi momenti di vita – segnala il Presidente SIN Massimo Agosti”.

Ma attenzione. Il controllo degli occhi e della vista non deve essere solamente nel periodo neonatale, ma è necessario che prosegua regolarmente anche per evidenziare precocemente eventuali difetti. Quindi parlate con il pediatra sul comportamento da tenere ricordando che l’epoca del primo controllo degli occhi con la visita oculistica dovrebbe essere intorno al nono mese. A volte questo primo appuntamento con la salute degli occhi può comunque essere anticipato o ritardato, ma comunque viene quasi sempre effettuato entro l’anno di vita. L’obiettivo è quello di valutare se, oltre al colore definitivo dell’iride che tanto piace a mamma e papà, sia presente qualche difetto visivo che potrebbe pregiudicare la future possibilità visive del bambino.

Cosa vede il piccolo

Anche se la vista è presente già dalla vita intrauterina, tanto che le ecografie effettuate nelle ultime settimane di gravidanza dimostrano chiaramente che il feto può percepire la luce all’interno dell’utero, è dopo la nascita che il processo visivo diventa efficace.

Il neonato sa riconoscere la luce dal buio e dopo cinque settimane di vita inizia a fissare negli occhi chi gli parla, seppur per pochi secondi. A due-tre mesi l’acutezza visiva è inferiore a un decimo, a quattro mesi si avvicina ai due decimi, a cinque-sei mesi arriva a vedere fino a molti metri intorno a sé. A nove mesi l’acutezza visiva è di cinque decimi, e arriva ai sei decimi al termine del primo anno di vita.

Tuttavia è con l’inizio della scuola che le possibili situazioni negative si slatentizzano, perché quando il bambino comincia a leggere o a scrivere si possono manifestare leggere forme di strabismo, la stanchezza visiva che porta a fastidiosi mal di testa o addirittura i primi segni di miopia.

A cosa fare attenzione

I genitori possono cogliere i segnali che non tutto funziona per il meglio semplicemente facendo qualche semplice test casalingo, e quindi portare il bambino dall’oculista. Nel bambino un difetto visivo, soprattutto se lieve, riguarda quasi un solo occhio. Un occhio che, almeno all’apparenza, sembra del tutto normale. E non è semplicissimo rendersi conto che qualcosa non funziona perché il sistema bioculare, fatto ovviamente da due organi della vista, può compensare da solo le alterazioni di un solo lato. Cioè l’occhio che non funziona alla perfezione può essere “compensato” nella sua funzione dall’altro, e quindi non dare alcun segno delle sue difficoltà.

Anche se solo il medico può fare le prove necessarie a svelare un eventuale difetto, qualche test artigianale può essere fatto anche a casa. Ad esempio basta coprire alternativamente un occhio del bebè e mettere il piccolo davanti ad un oggetto, come le lettere scritte su un libro o un gioco. Se l’oggetto è davvero interessante per il bambino, il suo comportamento dovrebbe essere identico in tutti e due i casi. Se ciò non avviene e la mamma nota che il piccolo si comporta in maniera diversa quando ha un occhio coperto, c’è da sospettare che la capacità visiva non sia la stessa in entrambi gli occhi.

Dopo questa prova, se avete sospetti, meglio parlarne subito con il pediatra che potrebbe consigliarvi un ulteriore test, sempre del tutto indolore, ma più efficace del vostro esame “fatto in casa”. Più semplice, pur se da fare già nel corso della scuola materna, è il “covertest” effettuato con occhiali speciali che coprono un occhio. In pratica con questi strumenti si coprono prima un occhio e poi l’altro. Se il bambino rifiuta di muoversi oppure si arresta o inciampa dopo il primo posto c’è da pensare che l’occhio scoperto non funzioni come l’altro.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.