Lupus eritematoso sistemico: cause, sintomi, conseguenze e cure

Questa puntata di "Pillole di Salute quotidiana" ci spiega che cos' è il Lupus eritematoso sistemico e cosa accade ai reni e agli altri organi

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Tre parole. Lupus Eritematoso Sistemico. Una sigla: LES. Dietro questi termini c’è la realtà di una patologia che prende il nome proprio dal lupo e che in qualche modo “morde” l’organismo, determinando sintomi e segni a carico di diversi organi ed apparati. Si tratta di una malattia cronica autoimmune che si presenta con lesioni di tipo infiammatorie e può colpire diversi organi o tessuti di chi ne soffre.

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La ricerca, per fortuna, sta portando avanti approcci che consentono di controllare meglio la patologia e le sue varie complicazioni a carico degli organi. Ma rimangono fondamentali alcuni aspetti da non sottovalutare, primo tra tutti la diagnosi precoce. Per poi iniziare con le terapie, mirate caso per caso in base alle condizioni del paziente e allo stato di salute generale del soggetto.

Una patologia multifattoriale

Il LES è una malattia multifattoriale, caratterizzata dalla comparsa di una risposta aberrante del sistema immunitario contro i costituenti del proprio organismo, con potenziale interessamento di diversi organi e apparati. Non esiste una causa unica responsabile della malattia ma più fattori che concorrono alla sua insorgenza. La diversa combinazione di questi fattori è a sua volta causa della variabilità del quadro clinico e della gravità della malattia lupica. Ecco, in sintesi, alcuni elementi che possono favorire la comparsa del quadro:

  1. Predisposizione genetica: numerosi sono i loci cromosomici contenenti geni associati al LES.
  2. Stimoli ambientali: infezioni virali (soprattutto parvovirus b19 e citomegalovirus), raggi UV, sostanze tossiche, steroidi sessuali, prolattina, possono agire da fattori scatenanti. Diversi farmaci, sia pure con meccanismi ancora da determinare possono invece indurre una sindrome autoimmune simile al LES.
  3. Anomalie immunitarie. Nei pazienti è presente un’alterazione della fisiologica regolazione dell’immunità umana e adattiva con anomala risposta da parte dei linfociti. In particolare, una riduzione della morte cellulare programmata (apoptosi) determinerebbe una maggiore longevità delle cellule autoimmuni che, esposte agli stimoli multifattoriali di cui sopra, avrebbero maggiore facilità a produrre autoanticorpi, da cui la cascata infiammatoria, la formazione di immunocomplessi e l’azione diretta degli stessi autoanticorpi su organi e apparati. Allo stesso tempo una minore capacità di rimozione della cellule apoptotiche offrirebbe lo stimolo (auto-antigeni) per la stimolazione delle risposte autoimmuni del lupus.

Il Lupus colpisce di più le donne

Il LES, pur essendo una patologia rara, è diffuso in tutto il mondo con percentuali di prevalenza variabili nelle diverse aree geografiche. In termini generali colpisce più i le persone di colore e gli orientali rispetto alla razza caucasica. In Europa la prevalenza è di circa 15-50 casi ogni 100.000 abitanti, mentre l’incidenza va da 2 a 8 casi per 100.000. I valori sono mediamente più bassi in Europa rispetto agli Usa, ma nel vecchio continente il tasso di prevalenza appare più elevato in Italia e Spagna.

Purtroppo su questo dato incide la scarsa tempestività nella diagnosi, spesso complessa anche per l’oggettiva difficoltà di sospettare la presenza della patologia in pazienti che presentano una sindrome di difficile definizione clinica.  La frequenza è maggiore nel sesso femminile, con un rapporto 9 a 1.

Il rapporto si riduce però a 2 a 1 nei bambini (circa il 20 per cento dei casi si manifesta in età pediatrica e spesso ha una prognosi peggiore) e in età postmenopausale, a conferma del ruolo dei fattori ormonali nella patogenesi della malattia. anche per questo, l’esordio della malattia è più frequente nella fascia d’età giovanile-adulta, tra i 15 e i 44 anni. In questo senso le cifre si modificano drammaticamente se invece di considerare l’intera popolazione si prendono in esame solo i soggetti a maggior rischio, cioè le donne in età fertile, e più in generale tra i 13 e i 55 anni.

Lupus, cosa fare in gravidanza e dopo il parto

Il LES colpisce in prevalenza donne in età fertile. Per questo, fino a qualche anno fa i medici sconsigliavano la gravidanza alle pazienti. Oggi non è più così, ma il rapporto tra LES e gravidanza va comunque valutato con estrema attenzione. È fondamentale che la donna sia sempre in contatto con il proprio medico e che la gestazione sia programmata, anche perché alcuni farmaci vanno sospesi. Occorre infatti avere un controllo della malattia prima della sospensione dei trattamenti. Per questo conviene programmarla, in accordo con il medico, nelle fasi di remissione stabile della patologia.

In questo modo si riduce il rischio di complicanze, che possono verificarsi durante le riacutizzazioni: particolarmente temute sono le complicanze renali e il rischio di insufficienza renale, potenzialmente pericolosa sia per la madre che per il feto. Non bisogna dimenticare che il LES può riacutizzarsi nelle ultime settimane di gravidanza o subito dopo il parto.

Per prevenire questo rischio è importante, su consiglio del medico, monitorare con grande attenzione la malattia nelle fasi finali della gravidanza. Infine, quali rischi può avere il neonato? Pur avendo la malattia una forte base genetica, è molto raro che il LES “passi” dalla madre al figlio. Al momento della nascita, tuttavia, possono essere presenti eruzioni cutanee transitorie che si mantengono per qualche mese e possono essere legate alla presenza di auto-anticorpi materni che hanno attraversato la placenta.

Come nasce il Lupus

Il LES è una patologia autoimmune. Questo significa che il sistema immunitario dell’organismo, quello che normalmente ha il compito di difendere l’organismo dalle aggressioni esterne come le infezioni e di eliminare le cellule “diverse”, come ad esempio accade in caso di trapianto o di tumore, agisce sbagliando il proprio bersaglio. Quindi aggredisce gli organi e i tessuti dello stesso organismo.

In questo processo operano le stesse cellule che normalmente sono attive contro gli elementi esterni, come gli anticorpi e le cellule killer.  Ovviamente, il processo patologico non coinvolge solamente gli anticorpi, ma genera una cascata di eventi in cui entrano in gioco numerosi altri elementi.

Infatti, come avviene normalmente in caso di infezione, quando le cellule e gli anticorpi si attivano vengono “aiutati” da altre cellule (specifici globuli bianchi, chiamati linfociti, monociti/macrofagi e neutrofili) e da fattori circolanti nel sangue (come il complemento e le citochine). In questo modo aumenta esponenzialmente l’entità della risposta difensiva, si genera l’infiammazione e l’organismo si difende nell’area in cui si sviluppa il processo patologico.

Normalmente questo fenomeno si autolimita e l’infiammazione progressivamente si spegne. Nel caso delle malattie autoimmuni, invece, si crea un fenomeno diverso: i linfociti sbagliano il bersaglio e attaccano organi e tessuti dell’organismo stesso, dando il via ad una reazione immunitaria particolarmente sostenuta. L’amplificazione dell’infiammazione, favorita da complemento e citochine, tende ad automantenersi, cronicizzando.

Come si manifesta il LES

Il LES è una malattia estremamente difficile da diagnosticare precocemente perché caratterizzata da manifestazioni variabili e decorso imprevedibile, spesso con fasi alterne di remissione e riesacerbazione. Inoltre in più di otto pazienti su dieci l’esordio della malattia è insidioso, con conseguente ritardo diagnostico che nell’adulto mediamente è di tre anni rispetto ai primi sintomi.

In termini generali le manifestazioni più frequenti come febbre, dolori alle articolazioni, sensazione di stanchezza sono estremamente diffuse e poco specifiche. Purtroppo però sono proprio questi i sintomi presentati dalla maggior parte dei malati: la febbre è in genere intermittente, e quasi sempre non è preceduta da brividi. Per tale motivo sovente la diagnosi iniziale è quella di cause più comuni (ad esempio una sindrome influenzale) e questo ovviamente comporta un’elevata difficoltà nel giungere a riconoscere la patologia.

Sono stati identificati tre stati di malattia in base all’attività:

–         Recidivante-Remittente (RR): fasi alterne di attività e non attività

–         Quiescente (LQ): la malattia rimane in fase di inattività per almeno un anno

–         Cronico-Attivo (CA): la malattia persiste in fase attiva per almeno un anno

Quali sono gli organi e gli apparati più colpiti in caso di LES

Il Lupus può interessare diverse strutture dell’organismo. Ecco, in sintesi, cosa accade ad organi ed apparati più colpiti:

Pelle

Le manifestazioni cutanee sono presenti in circa l’85 per cento dei pazienti. Nel LES acuto, che può essere localizzato o generalizzato, domina nel primo caso il classico eritema a farfalla sul volto (presente nel 30-70 per cento dei pazienti con malattia attiva), mentre nella forma generalizzata l’eritema interessa anche il torace e le estremità. Nella forma subacuta, con varianti dell’eritema anulare o papulosquamoso, le lesioni compaiono soprattutto sull’area a V di collo, torace e dorso superiore, spalle, superficie estensoria delle braccia e delle mani. La forma cronica, infine, si può manifestare in diverse varianti: la più comune o classica è caratterizzata da macule rosso-porpora o papule rilevate, che progressivamente aumentano di dimensione, localizzate soprattutto a volto, orecchie, area a V del collo, superfici estensorie delle braccia e cuoio capelluto.

Articolazioni

Le manifestazioni articolari interessano il 95 per cento dei pazienti e possono precedere di molti anni quelle generali. Le articolazioni maggiormente interessate,  quasi sempre in modo simmetrico, sono le interfalangee prossimali (82 per cento dei casi) e le ginocchia (76 per cento), seguite da polsi e articolazioni metacarpofalangee. Il paziente riferisce sintomi come rigidità mattutina (50 per cento), mialgie (30 per cento) con alterazioni enzimatiche muscolari (20 per cento) oltre a tenosinoviti, soprattutto a carico del ginocchio, della spalla e della caviglia.

Reni

La glomerulonefrite lupica è la forma più diffusa e grave dell’interessamento renale della patologia, presente nel 40% dei pazienti. Nella metà di loro può avere conseguenze gravi ed essere causa di insufficienza renale. Generalmente l’interessamento renale è silente da un punto di vista soggettivo e può essere diagnosticato solo con un esame casuale delle urine o a causa di un rialzo dei valori pressori.

Cuore e vasi

Nei pazienti con LES il rischio cardiovascolare cresce di 7 volte in confronto alla popolazione generale. Il quadro si manifesta soprattutto con pericarditi, spesso asintomatiche, miocarditi (frequentemente associate all’infiammazione pericardica), ed endocarditi.

Sistema nervoso

L’interessamento del LES è particolarmente rilevante e può determinare stato confusionale acuto, psicosi e depressione maggiori, oltre a epilessia, ictus e mielite traversa. Non infrequenti sono poi i disordini del movimento tipo corea.

Cellule del sangue

L’anemia è presente in circa la metà dei pazienti con LES. Nel 10-15 per cento dei casi può essere emolitica, per l’azione di anticorpi anti-eritrociti. Spesso è presente leucopenia, mentre la linfopenia, osservata in almeno 4 casi su 5, è legata all’azione di autoanticorpi. Si può anche registrare una moderata piastrinopenia.

Apparato respiratorio

A volte il LES si “presenta”  con sintomi polmonari, sia per danno diretto della malattia in fase acuta sia per complicanze croniche. I polmoni in ogni caso sono interessati in circa la metà dei casi e può essere presente pleurite, spesso associata a pericardite. Non c’è parte dell’apparato respiratorio, vasi compresi, che non possa essere attaccata dalla malattia.

Come si fa la diagnosi di LES

La diagnosi di LES si basa sulla storia clinica del paziente, sulla visita e su test che permettono di eliminare ipotesi alternative. Secondo quanto riporta la SLICC (Systemic Lupus International Collaborative Clinics), esistono 11 criteri clinici e 6 immunologici per la diagnosi di pazienti affetti da LES. Almeno 4 di questi debbono essere soddisfatti alla prima osservazione o nel follow-up, considerando che deve essere presente almeno un criterio clinico e uno immunologico. Ecco, in sintesi, i principali parametri immunologici da considerare:

  1. Livello di ANA (Anticorpi anti-nucleo) superiori ai valori di riferimento
  2. Livelli di anticorpi anti-dsDNA (Anti-DNA a doppia elica) superiori ai valori di riferimento
  3. Presenza di anticorpi per l’antigene Sm.
  4. Positività agli anticorpi antifosfolipidi
  5. Basso complemento
  6. Test di Coombs diretto in assenza di anemia emolitica

Come si cura il LES

Il trattamento del LES va studiato caso per caso, in base alle condizioni del paziente e al livello di gravità della malattia. La terapia punta quindi a controllare l’attività della malattia, limitando i possibili effetti collaterali, a prevenire le riaccensioni della patologia e ulteriori danni d’organo, il mantenimento della funzionalità quotidiana del paziente. I fattori chiave per il danno d’organo e la mortalità nel LES sono infatti l’incontrollata attività di malattia, la tossicità del trattamento e la comorbidità, ovvero la presenza di patologie concomitanti.

Purtroppo, le terapie attualmente disponibili offrono spesso un controllo non completo dei sintomi e dei possibili risultati a lungo termine.  Oltre alle classi farmacologiche attualmente disponibili: cortisonici, citostatici/immunosoppressori, antimalarici e antiinfiammatori non steroidei (FANS) esiste un anticorpo monoclonale (belimumab) espressamente studiato per la cura del Lupus che è ora indicato anche per la nefrite lupica. Ma ecco, in sintesi, le caratteristiche dei diversi farmaci:

–         Cortisonici. Ancora oggi rappresentano il cardine dei diversi schemi terapeutici, perché hanno dimostrato la capacità di bloccare rapidamente il processo infiammatorio scatenato dalla risposta immunitaria. Possono essere somministrati per via orale o, nelle forme più gravi, anche per via endovenosa. Il loro impiego cronico è gravato da una serie di effetti collaterali, visibili soprattutto a dosaggi medio-alti e per protratti periodi di tempo.

–         Citostatici/immunosoppressori. Agiscono bloccando la moltiplicazione delle cellule coinvolte nella reazione immunitaria ma, per il loro meccanismo d’azione, si dimostrano efficaci solo dopo alcune settimane. Per questo vengono impiegati in associazione ai cortisonici nelle fasi di attacco. Purtroppo questi farmaci non colpiscono solo i linfociti che caratterizzano la risposta immunitaria, ma anche altre cellule dell’organismo che si riproducono rapidamente, prime tra tutte quelle del sangue. Per questo, oltre agli effetti collaterali legati al singolo farmaco, vanno sempre controllati in corso di trattamenti i valori di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine.

–         Antimalarici. Nelle raccomandazioni EULAR è un farmaco sempre consigliato sia nei casi moderati che severi. Gli effetti collaterali sono ridotti, ma attenzione va prestata in particolare agli occhi, che possono risentire dell’azione di questi farmaci: per questo si consigliano visite oculistiche periodiche durante il trattamento.

–         FANS. Il loro impiego è riservato soprattutto ai casi in cui sono presenti dolori articolari, febbre o altri sintomi a carico di muscoli e ossa. Il trattamento cronico con FANS può portare ad effetti collaterali soprattutto a carico dell’apparato digerente e dei reni.

Quando è coinvolto il rene

Dopo la diagnosi iniziale, negli anni possono comparire nuovi sintomi e quadri differenti. Arriviamo così ai reni. La nefrite (infiammazione dei reni) può essere un problema importante perché rende il rene meno efficace nell’eliminazione degli scarti e le tossine prodotte dal corpo. Poiché il rene è un organo fondamentale per la salute dell’organismo, quando il Lupus lo colpisce può richiedere un trattamento intensivo per evitare un danno che può protrarsi nel tempo. Dal punto di vista dei segnali, il coinvolgimento del rene non produce quasi mai dolore ma può causare un gonfiore alle caviglie, cioè l’edema.

Ovviamente caso per caso deve essere il medico specialista a dare tutte le indicazioni necessarie per affrontare al meglio questa situazione.

Fonti bibliografiche

Lupus Eritematoso Sistemico (LES): che cosa è, sintomi e trattamenti, Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, IRCSS

Lupus Eritematoso Sistemico, Auxologico, IRCSS

Lupus, Gruppo LES italiano, ODV

“Pillole di Salute quotidiana” è la serie in podcast di DiLei TakeCare, a cura di Federico Mereta. In ogni puntata si parla di prevenzione, cure e buone abitudini.