Arrivare presto. In caso di ictus cerebrale, non perdere tempo è fondamentale. Perché così si possono limitare i danni della carenza di ossigeno alle cellule nervose. Pensate: per ogni secondo che si ritarda dopo l’ictus vengono bruciati 32mila neuroni e per ogni minuto ben 1,9 milioni.
Per questo si dice che l’ictus cerebrale è una patologia strettamente correlata al tempo: più precocemente si interviene, migliori possono essere i risultati ottenuti grazie alle terapie disponibili (trombolisi e trombectomia meccanica).
In genere segnali come la debolezza da un lato del corpo, la bocca storta, difficoltà a parlare o comprendere (afasia), la perdita di forza di un braccio, uno stato confusionale improvviso, l’incapacità di coordinare i movimenti e stare in equilibrio debbono mettere in guardia. Ma non dimenticate che anche l’occhio “vuole la sua parte”. Lo ricordano gli esperti di A.L.I.Ce. Italia odv.
Indice
I segnali da non sottovalutare
A volte l’ictus può manifestarsi con problemi di vista. La visione offuscata, doppia o una improvvisa cecità in uno o entrambi gli occhi potrebbero infatti essere collegati a questa condizione. Ma non si tratta delle uniche possibili avvisaglie. Non vanno sottovalutati l’amaurosi, ovvero l’impossibilità alla visione da un solo occhio, la visione sdoppiata di oggetto osservato con entrambi gli occhi (in questi casi si parla di ”diplopia” e la visione doppia scompare se si guarda con un occhio solo) la difficoltà alla visione degli oggetti in una metà del campo visivo, a destra o a sinistra (“emianopsia”) o la visione offuscata per una oscillazione degli oggetti fissati (“oscillopsia”).
Nel primo caso si tratta di un disturbo circolatorio a carico dell’occhio, in particolare della retina; poiché le arterie che conducono sangue verso il cervello lo portano anche verso l’occhio, un disturbo con queste caratteristiche, a livello oculare, deve destare sempre il sospetto di un disturbo della circolazione cerebrale. Negli altri casi, invece, il sistema circolatorio interessato è quello delle arterie vertebrali, quelle cioè che decorrono lungo le vertebre cervicali.
Quando entra in gioco l’occhio
Le stime dicono che almeno una persona su cinque tra quante vanno incontro ad un ictus ischemico, la forma più frequente, possano avere segni e sintomi a carico della vista. Purtroppo non è facile avere dati precisi, perché può capitare che i disturbi della vista passino magari inosservati o sottostimati, in parte e poi perché è difficile pensare ad un problema di natura neurologica.
“È importante che la popolazione sia consapevole che anche i disturbi visivi vadano annoverati tra i sintomi di un possibile ictus cerebrale – segnala Massimo Del Sette, Direttore U.O.C. Neurologia Policlinico San Martino di Genova. Riconoscerli è fondamentale perché può fare risparmiare tempo prezioso per iniziare le terapie prima possibile, consentendo una diagnosi più precoce e garantendo un trattamento più efficace. I problemi visivi spesso vengono sottovalutati, o attribuiti a problemi oculari, oppure, specie se associati a cefalea, attribuiti a crisi emicranica”.
L’importanza della riabilitazione
La perdita parziale o totale del campo visivo, in uno o entrambi gli occhi, è uno dei problemi visivi più comuni dopo un ictus e necessita di una riabilitazione specifica per aiutare la persona a gestire il cambiamento del suo campo visivo. In Italia si stima che il 60% delle persone sopravvissute ad un ictus sviluppino un’emianopsia; di queste, circa il 50% guarisce spontaneamente nel primo mese, mentre dopo 6 mesi l’emianopsia diventa cronica. Una volta superata la fase acuta dell’ictus, è possibile seguire un percorso di riabilitazione in modo da migliorare quanto più possibile le funzioni visive perdute.
Dopo un ictus, il nostro cervello non può far crescere cellule nuove in sostituzione di quelle che sono state danneggiate, ma ha la capacità di riorganizzare quelle non danneggiate e compensare, quindi, quello che è andato perduto grazie alla sua neuroplasticità. Oggi vi sono diverse possibilità di recupero anche attraverso strategie di riabilitazione o di rieducazione alla visione, una funzione che è fondamentale per l’autonomia delle persone.
La riabilitazione visiva richiede un lavoro in équipe multidisciplinare e la creazione di un progetto personalizzato, che preveda un percorso capace di accompagnare anche i possibili risvolti psicologici. La diagnosi, realizzata da un oculista, da un ortottista o da un neurologo specializzato in ictus e ipovisione, dovrebbe avvenire prima di lasciare l’ospedale, ma la persona colpita da ictus potrebbe essere in seguito indirizzata ad un Centro di Riabilitazione per le Disabilità Visive.
Si possono imparare esercizi da fare a casa e, grazie all’utilizzo di dispositivi medici per la telemedicina che consentono quindi di essere seguiti da remoto dal professionista di riferimento, è possibile migliorare notevolmente la visione.