Fibrosi cistica, quando serve il test genetico per scoprire i portatori

In occasione della Giornata Mondiale della Fibrosi Cistica, un'iniziativa per aumentare la conoscenza sulla malattia e far capire l'importanza del test genetico

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 7 Settembre 2023 17:38

In occasione della Giornata Mondiale della Fibrosi Cistica, in programma l’8 settembre, la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (FFC Ricerca) lancia la campagna “1 su 30 e non lo sai,”. L’obiettivo dell’iniziativa è aumentare la conoscenza sulla malattia genetica grave più diffusa in Europa e sul test del portatore di fibrosi cistica per favorire una scelta genitoriale consapevole. La fibrosi cistica interessa in primo luogo i polmoni ma colpisce anche altre parti del corpo come il pancreas.

Perché è importante conoscere lo stato di portatore

1 su 30 è la frequenza con cui si presenta la condizione di portatore sano di fibrosi cistica nella popolazione italiana: da qui prende il nome il progetto di ricerca, formazione e informazione avviato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. Come spiega il presidente di FFC Ricerca Matteo Marzotto, “negli ultimi anni la ricerca ha fortunatamente fatto passi da gigante ma purtroppo ancora oggi, com’è accaduto alla mia famiglia, una diagnosi così difficile come quella di un figlio con fibrosi cistica colpisce i neogenitori quasi sempre ignari di essere portatori della malattia.

Spesso non solo non si conosce la fibrosi cistica, ma nemmeno il test che identifica i portatori, cioè le persone sane che potrebbero trasmettere le mutazioni responsabili della malattia ai figli. Per questo abbiamo investito quasi 320 mila euro dal 2021 a oggi in questa prima fase del progetto e abbiamo organizzato la tavola rotonda del pomeriggio con gli stakeholder interessati, per capire insieme come colmare questo vuoto informativo”.

“Sin dal 2015 con il primo studio finanziato su questa tematica, FFC Ricerca ha posto un’attenzione particolare al test del portatore di FC cercando di comprendere, attraverso la ricerca e le indagini, quale modalità di offerta del test sia più sostenibile e vantaggiosa e, allo stesso tempo, impegnandosi a far conoscere il test a più persone possibili. – commenta Carlo Castellani, direttore scientifico FFC Ricerca – 1 su 30 e non lo sai nasce nel 2021 con il doppio obiettivo di analizzare efficacia, sicurezza e impatto di uno screening allargato a tutte le coppie del test del portatore di FC; e fornire informazioni rigorose e prive di interessi commerciali su questo tipo di test”.

Come e quando fare il test

La fibrosi cistica è una malattia genetica grave multiorgano degenerativa senza ancora una cura risolutiva con un importante effetto sulla salute, nonché correlata a un significativo impatto economico e sociale. Il Servizio Sanitario Nazionale attualmente offre il test per l’identificazione del portatore di FC a soggetti considerati ad alto rischio di poter mettere alla luce un bambino affetto da FC, in particolare persone con parenti affetti dalla patologia.

In collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (IRFMN) IRCCS e con la LIUC – Università Cattaneo, FFC Ricerca ha promosso la conduzione di una valutazione di Health Technology Assessment, ossia un processo standardizzato di analisi multidisciplinare degli impatti economico-organizzativi, sociali, etici, e degli aspetti di sicurezza e di efficacia correlati all’introduzione di uno screening organizzato di offerta del test del portatore di fibrosi cistica agli individui e alle coppie in età fertile, indipendentemente dal grado di familiarità.

“La revisione della letteratura ha rilevato la mancanza di dati aggiornati sull’efficacia dello screening del portatore di fibrosi cistica – dichiara Cinzia Colombo, ricercatrice IRFMN – in particolare in termini di quanto e come fossero informate le persone al momento di scegliere se avere figli. Uno studio di coorte comparativo condotto in Italia suggerisce l’esistenza di un’associazione tra lo screening dei portatori e la diminuzione dell’incidenza della patologia.