Può colpire a tutte le età, l’epilessia. Ma non vi sono dubbi che la fascia dell’infanzia e dell’adolescenza siano tra le più interessate dalla condizione patologica. Lo dicono le cifre. Pur se nessuna età è esente dal quadro, nel maggior numero dei casi la condizione neurologica si manifesta entro i 12 anni.
In Italia si registrano circa 500-600 mila casi. Occorrono una corretta e precoce diagnosi ed una terapia adeguata la patologia per porre le condizioni in grado di controllare la malattia farmacologicamente. In alcuni casi, del resto, occorre invece trovare altre vie terapeutiche. Ma c’è un aspetto da non dimenticare: è la conoscenza che aiuta a superare lo stigma e i tanti falsi miti sull’epilessia. Lo ricordano gli esperti della LICE (Lega Italiana contro l’Epilessia).
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Come aiutare il bimbo a scuola
L’insegnante gioca un ruolo fondamentale, se consideriamo il valore dell’inserimento, del sostegno e dei trattamenti educativi personalizzati. E ancor di più, quando si tratta di bambini e adolescenti con epilessia, la formazione degli insegnanti diventa imprescindibile per sapere come comportarsi di fronte ad una crisi.
“Il bambino e l’adolescente con Epilessia – evidenzia Laura Tassi, Presidente LICE e neurologo presso la Chirurgia dell’Epilessia e del Parkinson del Niguarda, Milano – hanno spesso difficoltà di inserimento nell’ambito scolastico, talvolta per un eccesso di protezione da parte dei genitori, talvolta per una scarsa preparazione degli insegnanti sulle problematiche legate alla patologia. È molto importante, quindi, che i docenti e gli operatori scolastici siano adeguatamente formati per agire in modo efficace in caso di un’eventuale crisi e siano in grado, d’accordo con la famiglia e l’epilettologo curante, di assicurare la somministrazione dei farmaci, sia di routine che per il trattamento d’urgenza di crisi convulsive prolungate, secondo le raccomandazioni previste dalle linee guida nazionali e regionali”.
Per facilitare l’inserimento scolastico del bambino con la malattia sono fondamentali interventi educativi e formativi che devono coinvolgere, a diversi livelli, genitori e insegnanti da una parte, il ragazzo stesso e i suoi compagni dall’altra. Riflessioni di carattere generale certamente, che necessitano di essere personalizzate poi nella realtà: vi sono forme di epilessia più o meno invalidanti che richiedono considerazioni e interventi diversi. L’epilessia di per sé, non incide sulle capacità di apprendimento o su quelle relazionali e il bambino può prendere parte a tutte le attività che vengono svolte in classe e al di fuori.
Cosa fare?
La LICE propone una serie di consigli da tenere presenti. Occorre ricordare che il 90% delle crisi dura meno di 2 minuti. In alcuni casi possono durare di più ma solo molto raramente è necessaria un’assistenza medica urgente e il ricovero in ospedale. Chiamare un’ambulanza non è quasi mai necessario, mentre la priorità per chi assiste ad un episodio convulsivo è quella di non commettere errori nei soccorsi.
La maggior parte degli episodi non necessita di manovre particolari, ma solo della vicinanza al bambino durante l’episodio critico e subito dopo, in attesa che si riprenda. La classe va tranquillizzata ed invitata a prendersi cura del compagno insieme all’insegnante. Nei casi invece in cui le crisi comportino una caduta a terra, rigidità, scosse agli arti e forte salivazione, introdurre, per esempio, le mani o un oggetto nella bocca non è manovra consigliabile né tantomeno utile, pericolosa sia per chi la pratica che per chi la subisce.
È un falso mito, infatti, che vi sia necessità di afferrare la lingua ed estrarla dalla bocca, pena la sua discesa verso le cavità aeree rendendo così impossibile il respiro. È anche errato trattenere o cercare di immobilizzare il bambino, pensando di arrestare o di rendere la crisi meno forte. È invece consigliabile mettere qualcosa di morbido sotto il capo per evitare eventuali contusioni, togliere gli occhiali, slacciare vestiti stretti e girare il paziente su un fianco appena possibile per facilitare la respirazione e la fuoriuscita della saliva. Bisogna poi attendere che la crisi si concluda e offrire sostegno ed aiuto.
“L’accettazione dell’epilessia, in particolare durante l’adolescenza – interviene Oriano Mecarelli, Past President LICE – è una questione complessa, proprio perché è un periodo della vita molto delicato anche per altri aspetti. Il ragazzo spesso “non si piace” e le crisi epilettiche sono viste quindi come un’ulteriore incrinatura che rischia di aggravare una preesistente visione pessimistica del proprio futuro. È questa un’età di transizione in cui il sostegno psicologico può rappresentare un aiuto efficace”.
10 regole per aiutare un bambino o un ragazzo con epilessia
Cosa bisogna saper fare se ci si trova di fronte ad una crisi di uno studente o un compagno e cosa invece non è indicato, o addirittura pericoloso?
Ecco le 10 raccomandazioni della Lega Italiana Contro l’Epilessia:
- Restare calmi: agitazione e panico sono da evitare
- Posizionare sotto la testa qualcosa di morbido
- Allentare gli indumenti se troppo stretti e togliere gli occhiali se presenti
- Non mettere mai oggetti o le mani in bocca e non cercare di estrarre la lingua
- Non cercare di tenere fermo il bambino durante la crisi
- Girare il bambino di lato per facilitare la respirazione e la fuoriuscita della saliva
- Non lasciare il bambino da solo e attendere che si riprenda
- Offrire sostegno e aiuto appena la crisi è conclusa
- Somministrare se consigliato il farmaco di emergenza
- Se la crisi dura più di cinque minuti chiamare l’autombulanza