Il diabete, più propriamente denominato “diabete mellito” è una patologia metabolica la cui manifestazione è correlata all’insulina, l’ormone che controlla la glicemia nel sangue e che viene prodotto dal pancreas. In modo particolare, il diabete può essere legato:
- a una ridotta disponibilità di insulina (la cui produzione non soddisfa l’esigenza dell’organismo)
- a una scarsa sensibilità all’ormone da parte dei tessuti bersaglio
- a un’azione combinata di questi fattori
Una caratteristica clinica del diabete è l’iperglicemia, derivante dalle alterazioni a carico dell’insulina appena menzionate.
Indice
Le tipologie di diabete
Rispetto a un tempo, la classificazione delle tipologie da parte della comunità scientifica appare più semplificata e include tre gruppi principali:
- il diabete di tipo 1
- il diabete di tipo 2
- il diabete gestazionale.
Il Diabete di tipo 1 e di tipo 2
Chiamato anche diabete giovanile per la sua caratteristica tendenza a svilupparsi durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune: il sistema immunitario, identificando le cellule del pancreas che producono insulina (cellule Beta) come estranee e dannose, è portato ad attaccarle e quindi distruggerle.
Il diabete di tipo 2 è contraddistinto da una condizione secondo cui il pancreas riesce a produrre insulina ma questa è insufficiente oppure non è utilizzata in modo ottimale dall’organismo. In entrambi i casi, questa circostanza porta a un eccesso di glucosio nel sangue.
Il diabete gestazionale
È una forma che colpisce le donne durante il periodo della gravidanza. Durante la gestazione alcuni ormoni prodotti dalla placenta contrastano l’azione dell’insulina: solitamente l’organismo della donna reagisce generando insulina in quantità maggiore.
Se il pancreas, invece, non riesce a rispondere a quest’esigenza, la glicemia aumenta, causando questa particolare forma di diabete. Circa il 4% delle donne gravide è interessato da questa condizione, che però tende a risolversi alla fine della gravidanza.
Diffusione del diabete in Italia
Dal punto di vista epidemiologico, negli ultimi venti anni, le persone diabetiche in Italia sono aumentate in tutte le regioni, passando dal 3,8 % della popolazione al 5,8 % a livello nazionale, coi livelli più alti osservati in Calabria, Sicilia e Campania.
Il diabete è in continua ascesa anche nel resto d’Europa. Tra il 2008 e il 2014 il numero di cittadini europei con diabete è cresciuto di 4,6 milioni, ovvero del 28 % in sei anni, con una crescita 24 volte maggiore rispetto a quella della popolazione nello stesso periodo.
Fattori scatenanti
Quest’incremento è evidente anche In Italia, dove le stime Istat dicono che dal 2000 al 2019 le persone con diabete hanno registrato un aumento di circa il 60%, passando dal 3,8 % della popolazione al 5,8 % (ovvero oltre 3 milioni e mezzo di persone).
Questo trend di crescita è da addebitare a vari fattori come:
- l’invecchiamento della popolazione
- la sedentarietà
- l’obesità
- la scarsa attenzione a uno stile di vita sano
I sintomi del diabete
Molto frequentemente questa patologia resta silente per vario tempo: la presenza di iperglicemia non genera sintomi, i quali fanno piuttosto la loro comparsa quando la patologia è in corso già da anni.
Tipiche manifestazioni cliniche nei casi acuti sono:
- spossatezza
- polidipsia, ossia aumento della sete
- poliuria, ossia perdita di peso non voluta (certe volte anche in presenza di appetito aumentato)
- dolori in zona addominale
- confusione mentale e perdita di coscienza nelle situazioni più compromesse
La costante presenza di valori di glicemia superiori alla norma genera un aumento del rischio di complicazioni macrovascolari e microvascolari (danno che riguarda i vasi sanguigni).
I danni causati dal diabete
Le primarie complicanze possono classificarsi in:
- neurologici (neuropatia), attraverso l’alterazione anatomica e funzionale del sistema nervoso centrale, periferico e volontario, deficit sensitivi, motori, visivi e acustici
- renali (nefropatia), ossia danneggiamento alle strutture filtranti del rene (glomeruli e tubuli renali) che può condurre in casi limite alla dialisi, procedura atta a rimuovere le i rifiuti prodotti dall’organismo e l’eccesso di liquido dal sangue quando la funzionalità renale del paziente presenta un grado di compromissione oltre l’85-90%. In Italia il 30% dei pazienti in terapia dialitica risulta affetta da diabete
- oculari (retinopatia), generata da iperglicemia cronica e ipertensione che conducono all’alterazione dei vasi sanguigni con conseguente progressivo peggioramento della vista fino anche alla cecità
- cardio-cerebrovascolari, attraverso infarto miocardico o cardiopatia ischemica, ictus cerebrale.
Le cause del diabete
Sotto il profilo eziologico e patogenetico il diabete tipo 1 e il diabete tipo 2 presentano distinzioni rilevanti.
Il diabete tipo 1 è una patologia autoimmune ed è la conseguenza di una distruzione, relativamente veloce, delle cellule del pancreas responsabili della produzione di insulina.
Per questo tipo di diabete è necessaria la terapia con le iniezioni di insulina in quanto in poco tempo l’organismo non la produce (carenza assoluta di insulina). Il diabete tipo 1 compare principalmente in bambini, adolescenti, giovani adulti e raramente insorge dopo i 40 anni.
In una variante del diabete tipo 1, denominata, LADA (Latent Autoimmune Diabetes of the Adult) cui l’attacco autoimmune alle cellule che producono insulina è lento e più contenuto la malattia si sviluppa nell’arco di anni, comparendo in età più avanzata rispetto al classico diabete tipo 1, e in cui sono presenti alcuni caratteri clinici del diabete tipo 2 (come, per esempio, la possibilità di trattamento con farmaci orali per molto tempo).
Per quanto riguarda il diabete di tipo 1, oggi le cause che ne determinano la manifestazione non sono stata ancora individuate. Esistono tuttavia fattori in grado di svolgere un’azione importante nella sua insorgenza. Nella fattispecie si parla di:
- fattori genetici: è stata infatti osservata una maggiore predisposizione alla malattia in individui con genitori o parenti affetti di diabete di tipo 1
- fattori ambientali: si ipotizza che alcune infezioni virali, anche comuni, possano innescare la malattia in soggetti già predisposti dal punto di vista genetico
Il diabete tipo 2 si sviluppa, nell’arco di molti anni, per un deficit di produzione di insulina che però non risulta mai così grave come quello riscontrato nel diabete tipo 1 e non dipende da un processo autoimmune.
Si tratta di un deficit di insulina che generalmente si associa anche ad una minore efficacia della stessa. Queste due condizioni sono entrambe da attribuire a multiple alterazioni genetiche che interagiscono con fattori acquisiti (ambientali).
In questo tipo di diabete non c’è abbastanza insulina per far fronte alle necessità dell’organismo (carenza relativa di insulina).
Il diabete tipo 2 insorge soprattutto dopo i 40 anni ma l’età di comparsa sta progressivamente diminuendo per la sempre maggiore diffusione dell’obesità anche nella fascia d’età più giovane.
I diversi fattori predisponenti individuati sono:
- obesità
- dieta non equilibrata, ricca di zuccheri
- sedentarietà
- età superiore ai 40 anni
- fattori di natura genetica.
Come curare il diabete
Il diabete è una malattia cronica che tuttora rimane senza una cura definitiva. I pazienti affetti da diabete mellito devono rimanere in terapia e osservare accorgimenti quotidiani per tutta la loro vita.
Per quanto riguarda il diabete di tipo 1, la terapia insulinica è il pilastro più importante. Consiste in iniezioni sottocutanee ed è essenziale per mantenere nel range di normalità il livello di glucosio nel sangue. Questa terapia unita a un corretto stile di vita consente alla maggior parte dei pazienti una vita normale ed è anche in grado di prevenire l’insorgenza delle complicanze a lungo termine della malattia.
Una nuova frontiera nell’ambito della terapia del diabete, specialmente quello di tipo 1 sono le pompe per l’insulina. Si tratta di dispositivi che offrono una nuova prospettiva di gestione per i pazienti con diabete stanchi delle tradizionali iniezioni.
Questi apparecchi computerizzati di piccole dimensioni erogano insulina in due modi: un dosaggio continuo impostato per mantenere i livelli basali di glicemia e un dosaggio a “bolus”, su indicazione dell’utente in prossimità dei pasti. La somministrazione avviene tramite un tubicino flessibile e un piccolo ago che viene inserito nel tessuto sottocutaneo e fissato.
Le pompe possono integrarsi con il monitoraggio continuo del glucosio (CGM) per una migliore comprensione e gestione dei livelli di glicemia. La decisione di utilizzare una pompa di insulina è personale e dipende dalle preferenze individuali, in quanto è possibile gestire il diabete in modo efficace sia con le pompe che con le iniezioni multiple. L’importante è l’impegno e la prontezza nel monitorare frequentemente i livelli di glucosio per prevenire possibili complicazioni.
Il diabete tipo 2 invece prevede differenti approcci di prima linea rispetto alla terapia insulinica. Attualmente non esiste un farmaco valido per tutti i pazienti colpiti da diabete tipo 2, motivo per cui è fondamentale costruire una terapia personalizzata sulle esigenze specifiche di ciascun paziente, in relazione alla diversa situazione clinica e alle differenti caratteristiche individuali.
Solo il 10% dei pazienti colpiti da diabete tipo 2 mantiene un buon controllo della patologia metabolica in assenza di trattamento.
Le società diabetologhe internazionali raccomandano i seguenti obiettivi terapeutici, volti non solo a correggere i sintomi e i segni della malattia e a prevenire le complicazioni gravi, ma anche a migliorare la qualità e l’aspettativa di vita del paziente diabetico:
- glicemia a digiuno e pre-prandiale compresa tra 90-130 mg/dl;
- glicemia post-prandiale (circa 2 ore dopo i pasti) inferiore (<) 180 mg/dl;
- emoglobina glicata inferiore (<) 7%.
Il trattamento del diabete prevede inoltre:
- valori pressori diastolici (pressione minima) <80 mmHg e sistolioci (pressione massima) <130 mmHg;
- valori di colesterolo LDL <100 mg/dl, livelli di HDL >40 mg/dl nell’uomo e >50 mg/dl nella donna.
Come prevenire il diabete
A scopo preventivo, di grande importanza sono anche le azioni volte a incidere su un migliore stile di vita, come un regolare esercizio fisico di intensità moderata ( ad esempio 20/30 minuti al giorno) e la riduzione del peso pari al 10%. Si stima che interventi simili possano ridurre del 60% l’incidenza del diabete di tipo 2.
Una dieta ricca di acidi grassi saturi (grassi animali) aumenta il rischio di sviluppare il diabete, mentre la parziale sostituzione di questi ultimi con acidi grassi insaturi lo riduce (i cosiddetti omega 3).
Uno screening, volto a individuare la malattia anche nei soggetti asintomatici, è in genere raccomandato a tutta la popolazione, in quanto si configura come un semplice esame del sangue (glicemia a digiuno).
In modo particolare, esistono poi soggetti ritenuti maggiormente a rischio, i quali devono monitorare costantemente il valore della glicemia.
Si tratta di coloro che:
- abbiano riportato un valore della glicemia a digiuno compreso tra 100 e 126 mg/dl (alterata glicemia a digiuno),
- manifestano la BMI (body mass index cioè rapporto peso in chili/altezza in m2) con valore >25 kg/m2
- hanno familiarità di primo grado per diabete tipo 2.
Il diabete gestazionale, forma che come si è visto può colpire le donne durante la gravidanza, è solitamente transitorio ossia si conclude al termine della gestazione.
Già nella gravidanza fisiologica gli ormoni antagonisti dell’insulina, prodotti da placenta e corteccia surrenale, diminuiscono l’ingresso del glucosio nei tessuti materni con iperglicemia più duratura dopo i pasti.
Questo meccanismo, insieme all’attività placentare, è volto a rifornire il feto in via di sviluppo dell’energia necessaria per la propria crescita, una reale deviazione delle risorse che tutela e privilegia gli interessi del nascituro. In caso di diabete gestazionale questo meccanismo di resistenza all’insulina trova la sua espressione massima e si verifica quindi uno stato di iperglicemia.
I trattamenti consigliati in fase prenatale sono:
- attività fisica (aumentare il consumo calorico)
- dieta (ridurre l’apporto non necessario)
- sorveglianza della glicemia a digiuno e dopo i pasti
- monitoraggio dello sviluppo fetale per evitare la macrosomia ed i problemi ad essa correlati.
Dopo il parto, con la conseguente eliminazione della placenta, l’insulina non risulta più antagonizzata dalle sostanze ormonali: il metabolismo materno può così tornare alla modalità pregressa, con recupero dei corretti livelli glicemici.
È comunque consigliabile rivalutare il metabolismo dopo qualche tempo dal parto, in quanto una percentuale di donne con diabete gestazionale svilupperà nel tempo un diabete clinicamente evidente.
Fonti bibliografiche:
- American Diabetes Association, Insulin Pumps: Relief and Choice
- Medline Plus, Diabetes Medicines