Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO): cos’è, sintomi e perché la donna è a rischio

Scopriamo cos'è la BPCO, una malattia dell'apparato respiratorio causata dal fumo che può diventare molto grave

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 26 Ottobre 2023 09:00

Dispnea. Questa parola, che non entra nel nostro vocabolario quotidiano, indica la difficoltà di respirare. O ancora, per certi versi, il semplice fatto di “accorgersi” che si sta respirando. Respirare è un atto automatico, di cui non dovremmo accorgerci. In molti casi, e non solo negli anziani, questo sintomo e la conseguente carenza di ossigeno per l’organismo rappresentano il segnale d’allarme della BPCO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva). Questa patologia rappresenta una delle malattie croniche più diffuse, anche se spesso lo dimentichiamo. E non interessa solo l’anziano, come erroneamente si crede. Può comparire in età adulta e soprattutto può colpire anche le donne. A rivelarlo è un’indagine condotta da Doxa Pharma su 100 pneumologi che oltre a valutare se (e come) il Covid ha cambiato nella popolazione italiana la percezione – e di conseguenza i comportamenti – delle malattie respiratorie, e in particolare della BPCO, ha esaminato la situazione al femminile.

Perché la donna è a rischio

Stando all’indagine le donne (35% delle pazienti vs 65% di maschi) sono più brave degli uomini, ma questa non è una novità. Hanno una storia di malattia più breve rispetto a quella degli uomini: 9 anni rispetto a 12. Presentano una condizione e comorbidità meno gravi: disturbi dell’umore e osteoporosi, mentre gli uomini soffrono di patologie cardiovascolari. Quello che fa la differenza è che le donne si preoccupano prima (41% contro l’11% degli uomini); sono più attente alla propria salute (qui il gap è più marcato: 62% vs 22%); alle prescrizioni e ai consigli del proprio medico (39% rispetto al 21%), si curano meglio (39% – 24%). E già che ci siamo aggiungiamo un terzo elemento. La BPCO, se mai lo è stata, non è una patologia da vecchi. L’abitudine al fumo e la precocità nell’accendersi la sigaretta (e vedremo tra qualche tempo le conseguenze dei surrogati) ha abbassato l’età della diagnosi a 50 anni.

Quanto pesano le malattie respiratorie

Nel mondo più di mezzo miliardo di persone convive con malattie respiratorie croniche come l’asma, la BPCO, la bronchiectasia e altre gravi patologie. In Italia sono 2,6 milioni quelle che soffrono di asma, 3,3 milioni di BPCO, più di 50 mila presentano infezioni delle basse vie respiratorie e abbondantemente oltre le 60 mila sono malate di cancro ai polmoni. Mettendo insieme tutto ciò le malattie respiratorie croniche rappresentano la terza causa di morte sul pianeta, con una stima di più di 50 mila decessi l’anno. Che equivale, anche se è brutto dirlo,  a costi diretti e indiretti pari a 45,7 miliardi di euro (assistenza medica, perdita di giornate lavorative, diminuzione della produttività e consumo di farmaci e ossigeno). Numeri che peraltro sono in aumento, a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione e, come si diceva prima, all’aumento dei fumatori. Secondo i dati del Rapporto sul fumo in Italia dell’Istituto Superiore di Sanità, presentati li scorso anno in occasione della Giornata Mondiale contro il tabacco, quasi un italiano su 4, il 24,2%, è un fumatore: una percentuale che non si registrava dal 2006.

Come nasce la BPCO

Si respira male, si ha quasi sempre la tosse e a volte si va incontro a febbre, perché nei bronchi pieni di muco i batteri si sviluppano a grande velocità. Dando luogo a infezioni ripetute. Potrebbe essere questo l’identikit della Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), sigla che comprende due malattie molto diffuse: bronchite cronica ed enfisema polmonare. Ma cosa succede nei bronchi di chi soffre di questa patologia? Le difficoltà a far uscire l’aria dai polmoni e quindi a farne entrare della nuova, ricca di ossigeno, riconoscono due diversi elementi causali. Nel caso dell’enfisema il problema è legato soprattutto alla progressiva distruzione degli alveoli polmonari, che rappresentano la “stazione” anatomica in cui si verificano gli scambi tra l’aria ed il sangue. In pratica è nell’alveolo che il sangue lascia l’anidride carbonica e le altre sostanze tossiche ricuperate dall’organismo e ricupera l’ossigeno che dovrà giungere a tutto l’organismo. Nel momento in cui queste “stazioni” vengono distrutte, la possibilità che avvenga questo scambio si riducono e di conseguenza il sangue che circola nel corpo è sempre meno utile. Nel caso della bronchite cronica, invece, il meccanismo di base consiste nella riduzione del diametro delle vie aeree, che porta ad un’oggettiva difficoltà per l’aria ad entrare ed uscire dalle vie respiratorie. Se poi si pensa che spesso queste due malattie si associano nello stesso individuo ecco spiegato come sia pesante da sopportare il danno per la respirazione, e alla fine per l’intero organismo.

Come si riconosce la BPCO

Chi soffre di BPCO ha quasi sempre nella sua storia un passato da fumatore e quindi tende a sottovalutare sintomi come la tosse o una leggera dispnea. In genere, quindi, il paziente si rivolge al medico non tanto per la comparsa di tosse, quasi sempre mattutina, quanto per la comparsa di febbre con dolore toracico che si accompagnano a tosse con abbondante espettorato. In molti casi può essere presente anche difficoltà di respirazione. In genere, comunque, ecco quali sono i sintomi presenti nelle fasi in cui la BPCO si manifesta più classicamente oppure in caso di riesacerbazioni, che possono portare al ricovero ospedaliero e rappresentano il pericolo principale per chi presenta la malattia. ecco, in sintesi, i segnali cui prestare attenzione, oltre ovviamente a indici di peggioramento come la febbre.

  • Occhio alla tosse. La tosse quasi sempre è presenta giornalmente, e tende a concentrarsi soprattutto nelle prime ore della mattina risultando pressoché assente la notte. Di norma si presenta produttiva, perché la sua azione compensa le carenze di pulizia mucociliare (cioè di quel sistema di filuzzi che si muovono spingendo verso l’alto le secrezionilegate) al deficit di questa funzione. Tuttavia, specie dopo l’esposizione a un elemento esogeno come un’infezione virale, la tosse può diventare secca e stizzosa.
  • Variazione del catarro. L’espettorato assume caratteristiche abbastanza tipiche, mostrandosi viscoso e di colorito grigiastro, frequentemente screziato di sangue. Aumento della dispnea (‘respirazione faticosa’)
  • Attenzione alla dispnea. La difficoltà di respiro rappresenta il segnale che più deve mettere in guardia. Per la sua valutazione si può tenere presente una vera e propria “scala della dispnea”. Questa può essere si manifesta per piccoli sforzi come salire una scala, può essere ‘moderata’, per sforzi di media entità come affrontare una salita, a volte è “intensa” influendo su normali attività quotidiane di toeletta o severa, che compare pure a riposo.

Come scoprire se la BPCO peggiora

Normalmente i malanni più comuni dell’apparato respiratorio portano sintomi come tosse, febbre, spossatezza. Capita con le influenze di stagione, i repentini cambiamenti di temperatura e le infezioni respiratorie. Ma a volte questi fastidi durano anche  per settimane, e magari si accompagnano ad altri sintomi. In questi casi occorre prendere con attenzione questi disturbi, che possono segnalare situazioni patologiche più gravi. Ecco quali sono i principali segnali d’allarme delle vie del respiro.

  • Dispnea: accorgersi che si sta respirando non è certo normale, e non meno “strano” è rendersi conto che si fa fatica a respirare. Sono questi i più tipici segni della dispnea, che a volte è accompagnata dalla sensazione che manchi l’aria. Si tratta di un sintomo che indica quasi sempre l’insufficiente ossigenazione del sangue A volte il problema può avere origine nelle vie respiratorie: spesso fa seguito a bronchiti che si riacutizzano o a enfisema polmonare. Ma in alcuni casi può essere il segno di malattie localizzate in altri settori dell’organismo. Ad esempio una leggera insufficienza cardiaca, il diabete, difficoltà circolatorie diffuse. Se ci si “accorge di respirare” da giorni, quindi, meglio parlarne con il medico.
  • Sibilo: normalmente l’aria entra ed esce senza difficoltà dalle vie respiratorie. Ma quando è in corso un’infiammazione o le strade del respiro sono in qualche modo ostruite il passaggio dell’aria diventa difficoltoso attraverso le “sinuose” curve dei bronchi. E’ a questo punto che può nascere il sibilo, una specie di fischio poco percepibile che si ripete ad ogni passaggio dell’aria. Spesso la causa di questo fastidioso “rumore” è l’asma bronchiale, che restringe i bronchi. Ma anche un enfisema polmonare, che fa “gonfiare” fino a scoppiare gli alveoli, può portare al sibilo. Se il sintomo non è legato ad una banale influenza o altri infezioni, quindi, può essere un importante segnale d’allarme.
  • Cianosi: quando nel sangue non circola ossigeno a sufficienza le prime zone ad accorgersi di questa situazione sono quelle più “lontane” dal cuore come le labbra e le mani di dita e piedi. Se l’ossigeno non basta l’emoglobina non è abbastanza “rossa” e queste parti possono diventare leggermente bluastre, proprio per il deficit del gas vitale. Questo caratteristico sintomo prende il nome di cianosi, una condizione che può essere dovuta tanto a malattie cardiache che respiratorie. Quindi, quando il disturbo non passa, una visita medica è d’obbligo.

Come si studia la BPCO

Incassati nel torace, i polmoni sono assai difficili da raggiungere con le comuni tecniche diagnostiche. Basti pensare ad esempio che l’ecotomografia, l’indagine non invasiva più usata, è praticamente inutile nello studio di questi organi perché i “mantici” sono pieni d’aria, e l’aria non è in grado di riflettere gli ultrasuoni e quindi di dare immagini ecografiche chiare. Questo non significa comunque che non si possano individuare e studiare eventuali lesioni. Ecco come.

  • Radiografia: in pratica con i raggi del torace si fa una “fotografia” dei polmoni. L’esame è estremamente semplice ma purtroppo in alcuni casi non si rivela molto preciso, soprattutto quando si tenta di individuare lesioni di dimensioni molto ridotte. In questi casi occorre far seguire ai raggi indagini più precise. Rimane tuttavia il primo passaggio diagnostico quando si vogliano valutare patologie infettive, come la broncopolmonite o la tubercolosi.
  • Esame dell’espettorato: è un’indagine molto semplice ma purtroppo poco precisa. Serve per individuare eventuali germi presenti all’interno delle vie respiratorie e per valutare l’attività degli antibiotici sui microbi stessi. Per farlo basta ricuperare, in un contenitore sterile, il muco emesso dal naso.
  • Spirometria: l’esame, molto semplice, viene effettuato per valutare quanto le vie del respiro sono ostruite e quanto il polmone riesce a riempirsi e svuotarsi durante un atto respiratorio. L’indagine si applica inspirando ed espirando in un boccaglio collegato ad una macchina (lo spirometro) che registra i diversi parametri del respiro, trasformando ogni atto respiratorio in parametri numerici. I risultati sono fondamentali per valutare lo stato di gravità di malattie che portano alla parziale occlusione delle vie respiratorie, come l’asma bronchiale, le bronchiti croniche, l’enfisema polmonare o i tumori. La spirometria può fornire precise indicazioni sulla gravità dell’ostruzione e sul grado di reversibilità del danno, dimostrabile con la somministrazione di sostanze broncodilatatrici. Il parametro più significativo ai fini prognostici risulta in questo ambito la FEV 1 che normalmente dovrebbe diminuire annualmente di 20-30 millilitri l’anno nel soggetto sano ma può calare anche cinque volte di più nel bronchitico cronico, specie se fumatore.
  • Emogasanalisi. Si effettua soprattutto nei casi in cui si sospetta un’insufficienza respiratoria. E’ un indagine praticata in ospedale quando, per diversi motivi, un malato non ha a disposizione ossigeno sufficiente per garantire le funzioni dell’organismo. Sul sangue prelevato da un’arteria vengono controllati i valori della pressione parziale di ossigeno e anidride carbonica e si ottiene quindi un indice attendibile sull’attività degli alveoli polmonari.

Radiografia al torace

Quali sono i fattori di rischio per la BPCO

Il fumo di sigaretta si correla direttamente all’insorgenza di BPCO. ma anche ambiente, stile di vita e predisposizione endogena del soggetto concorrono a determinare una gran mole di possibili elementi di rischio. Tuttavia, mentre per alcuni è ormai accertato un ruolo preciso nella patogenesi della BPCO, per altri non sono ancora ben definiti le caratteristiche della possibile pericolosità. Ecco comunque, in sintesi, i fattori di rischio certi e ipotizzati.

  • Fumo: l’esposizione cronica a fumo di tabacco induce una serie di reazioni delle vie respiratorie che favoriscono sicuramente l’insorgenza di bronchite cronica. In primo luogo alcune sostanze contenute nella sigaretta portano ad una modificazione dei macrofagi alveolari, le cellule che hanno il compito di “inglobare” i batteri che entrano nelle vie respiratorie, non più in grado di lavorare correttamente. In più fumando si induce un rallentamento del processo di depurazione mucociliare, legato alla maggior difficoltà dell’attività dell’epitelio ciliare, con incremento delle secrezioni bronchiali che divengono più dense e vischiose. Va altresì ricordato che esistono dimostrazioni di come il fumo passivo, specie se l’esposizione è avvenuta nell’infanzia, può favorire la comparsa di bronchite cronica in età adulta. Infine il fumo può peggiorare, nelle persone portatrici di una particolare condizione genetica (il fenotipo P1zz) e quindi a maggior rischio di deficit di alfa 1-antitripsina, la difficoltà legate all’insufficiente produzione di questo enzima, che fluidifica gli alveoli polmonari.
  • Abitazioni: Secondo il Consorzio Air Indoor Quality degli USA, nell’aria di casa ci sono almeno un centinaio di sostanze nocive. Oltre al fumo passivo di sigaretta, la cui eliminazione è estremamente semplice, altre due preoccupano gli studiosi e possono danneggiare le vie respiratorie. La prima è il radon, un gas radioattivo che si trova nel sottosuolo (in particolare nelle zone vulcaniche) e può “risalire” fino all’interno dell’appartamento, la seconda è l’ossido di carbonio. I pericoli sono maggiori nelle case “isolate” ermeticamente, in cui lo smaltimento dei gas nocivi è pressochè impossibile e queste sostanze si concentrano nell’ambiente. Oltre a questi aspetti, tuttavia, vanno considerati anche altre potenziali fonti di emissione di gas che vanno tenute sotto controllo: ad esempio in cucina. Quando si cucina, la combustione del gas può anche favorire l’accumulo di idrocarburi potenzialmente cancerogeni come l’ossido di carbonio ed il biossido di azoto. Per fortuna, comunque, basta un’efficace cappa aspirante a debellare i rischi.
  • Genere e familiarità: La prevalenza maggiore della bronchite cronica nel sesso maschile sembra riconducibile anche alla maggior diffusione del fumo tra i maschi nei decenni scorsi. Ma anche la donna oggi è a rischio. Ci sono evidenze che dimostrano come, a parità di esposizione al fumo, il rischio nei due sessi si equivalga. Per quanto riguarda la familiarità, pur se sembrano esistere predisposizioni, non è ancora ben definito il ruolo di questo elemento.
  • Occupazione: Ci sono alcune indicazioni della letteratura che fanno ipotizzare un rischio legato ad esposizione cronica in ambienti di lavoro. Capita ad esempio per chi lavora alle fornaci o più in generale nella metallurgia, o in chi è esposto ad agenti inalanti nella lavorazione della carta, del legno o del cemento. Per certi versi, anche l’esposizione protratta a polveri di grano e di cotone può determinare un potenziale rischio per le vie respiratorie. Va comunque detto che la funzionalità respiratoria tende a diventare meno soddisfacente in chi fuma in ambienti “pericolosi”.

In collaborazione con GSK