BPCO, malattia che lascia senza fiato, perché fumare è pericoloso

Le malattie respiratorie croniche, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva o BPCO, sono la terza causa di morte. Quanto incide il fumo e le nuove cure

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 18 Novembre 2024 12:22

Respirare? Facile. Tanto che nemmeno ce ne accorgiamo. Ma quando si manifesta la dispnea, ovvero ci rendiamo conto di respirare perché questo atto naturale diventa difficile, così come quando manca il fiato…. Allora ci rendiamo conto di cosa voglia dire il benessere di bronchi e polmoni. E non solo per chi soffre di asma. Perché di malattie respiratorie croniche si ammalano moltissime persone.

A ricordarlo sono gli esperti presenti a Milano per il Congresso Nazionale della Società Italiana di Pneumologia (SIP – IRS). Sotto la lente d’ingrandimento ci sono appunto le patologie respiratorie, che rappresentano la terza causa di morte dopo quelle cardiovascolari e oncologiche, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione e degli effetti nocivi dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici ed anche e soprattutto del fumo da tabacco.

Il fumo incide moltissimo sulla salute delle vie respiratorie. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre 300 milioni di persone soffrono di asma e circa 384 milioni vivono con la broncopneumopatia cronica ostruttiva o BPCO. Quest’ultima, in particolare, è responsabile di circa 3,23 milioni di decessi ogni anno, pari al 6% di tutte le morti globali.

Perché bisogna non fumare o smettere

Nel 90% dei casi la BPCO è fumo-correlata. Secondo l’OMS, il consumo di tabacco rappresenta il primo fattore di rischio delle malattie croniche non trasmissibili a livello globale. Ad oggi 1/3 della popolazione dei Paesi industrializzati fuma e si registra un significativo incremento anche nei Paesi in via di sviluppo.

Ogni anno, circa 7 milioni di persone nel mondo vengono uccise dal tabacco. Si può parlare di una vera e propria emergenza sanitaria, che secondo l’OMS ha assunto i tratti di “epidemia pediatrica”, visto che l’età media dei fumatori si è molto abbassata e oggi il fenomeno riguarda anche gli adolescenti. In Italia, ad esempio, un terzo dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni ha provato prodotti contenenti nicotina negli ultimi 30 giorni.

Il tabagismo però è diventato anche un fenomeno che va diffondendosi in modo preoccupante nella popolazione femminile. Uno studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha dimostrato un aumento di 1 milione di fumatrici in Italia solo tra il 2017 e il 2018. I dati diventano ancora più preoccupanti se si pensa che metà dei fumatori che hanno avuto un infarto o che sono affetti da BPCO continuano a fumare.

La diffusione delle sigarette elettroniche in molti casi aggrava questo quadro: i sali di nicotina che vi sono contenuti creano una dipendenza addirittura 4 volte maggiore rispetto alle sigarette tradizionali.

Inoltre, desta preoccupazione il fenomeno dei “fumatori duali”, ovvero di coloro che fumano sia le puff bar o i prodotti con tabacco riscaldato che le normali sigarette e per i quali il rischio di ammalarsi di tumore al polmone si quadruplica. In pratica, chi “svapa” cercando di ridurre così il numero delle sigarette adotta un comportamento ancora più dannoso del solo fumo e corre quindi maggiori rischi di ammalarsi di patologie cardiovascolari e oncologiche.

Uno studio italiano prospetta nuovi approcci

Nei casi più severi di BPCO i pazienti affermano che, tosse insistente e mancanza di fiato costante, rendono la vita difficile per almeno 24 giorni al mese. I trattamenti farmacologici, broncodilatatori e antinfiammatori, aiutano a gestire la situazione.

A queste efficaci terapie ormai consolidate, si aggiunge ora un promettente approccio “naturale”, con arginina e vitamina C che, agendo sinergicamente, riduce la dispnea con un impatto positivo importante sulla qualità della vita dei pazienti.

A dimostrarlo è uno studio multicentrico italiano, che ha coinvolto la UOC Pneumologia dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano e l’Ospedale Civico di Codogno, in provincia di Lodi.  “Nel nostro Paese la bronchite cronica registra numeri importanti, con una prevalenza al di sopra dei 40 anni del 5-10%, che raggiunge il 20% negli over 70, con 28mila decessi ogni anno e costi diretti e indiretti di circa 15 miliardi di euro – segnala Pierachille Santus, Professore di Malattie Respiratorie presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore di pneumologia all’ospedale Sacco di Milano e autore principale dello studio.

È essenziale riuscire a trovare nuovi approcci terapeutici in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti, costretti a convivere con una patologia cronica caratterizzata da sintomi fortemente impattanti, quali fiato corto, stanchezza, tosse secca e difficoltà respiratorie”.

Lo studio  è stato condotto su 150 pazienti con BPCO, divisi in due gruppi: in aggiunta alla terapia inalatoria standard, a 77 soggetti è stato dato il mix di arginina e vitamina C e a 74 solo un placebo.

All’inizio dello studio tutti i soggetti mostravano caratteristiche simili e avevano un livello simile di gravità della malattia, ma successivamente sono emerse significative differenze fra i due gruppi in termini di qualità della vita e di benessere percepito.

Dopo 4 settimane di trattamento, infatti, i ricercatori hanno registrato un significativo miglioramento nella scala CRQ, un questionario di misurazione utilizzato per valutare la qualità della vita dei pazienti e che tiene conto, nello specifico, di quattro aspetti: dispnea, affaticamento, funzione emotiva e capacità di svolgimento delle attività quotidiane. Gli stessi pazienti hanno beneficiato, in particolare, di una significativa riduzione della dispnea.