La selfie disformia e quell’ossessione dei filtri bellezza

Il confine tra il divertimento e l'ossessione è stato ampiamente oltrepassato e quello che doveva essere un semplice strumento goliardico, si è trasformato in una spasmodica ricerca di perfezione

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Qualche anno fa guardavo con curiosità quei filtri che andavano diffondendosi su Snapchat, quelli da utilizzare nelle storie live quando Instagram non aveva ancora questa funzione. Occhi e orecchie da gatta, cesti di frutta sul capo e sguardi da cerbiatta: la magia di questi filtri mi ha sedotta. Alcuni mi rendevano più bella e luminosa del solito, altri erano meno seducenti, ma simpatici e quindi meritevoli. Così, senza pensarci troppo, quell’applicazione era già sul mio telefono perché la possibilità di utilizzare quei filtri mi divertiva. “Sarà un passatempo”, pensavo.

Non ci è voluto poi molto affinché Instagram, che era a quei tempi il social che più utilizzavo, proponesse prima le storie e poi i medesimi filtri. Ma a quei tempi si trattava soprattutto di strumenti goliardici e divertenti, più che di qualcosa in grado di trasformare la percezione del mio essere.

I filtri bellezza

Sono passati i giorni, le settimane e poi i mesi e i filtri sul social sono cominciati a cambiare. Accanto alle gattine, ai cagnolini e ai mostri che si adattavano perfettamente al mio viso, e a quello degli altri, sono apparsi i filtri bellezza. Quelli che aumentano le labbra e sfilano i naso, quelli che fanno sembrare più magra. Ci sono quelli che rendono le imperfezioni della pelle solo un lontano ricordo, quelli che cambiano il colore degli occhi e quello dei capelli. Alcuni, persino, aggiungono eyeliner e ombretto sugli occhi e un rossetto rosso scarlatto sulle labbra. Altri, ancora, sono in grado di ricreare delle bellissime lentiggini sul viso.

selfie dismorfia
Fonte: iStock
Dismorfia da selfie

Ho iniziato a utilizzarli, tutti a dire la verità. L’ho fatto per curiosità, ma non ci è voluto poi molto affinché io ne diventassi dipendente. Ricordo bene che un anno fa ho trovato quello che ho definito “il filtro della mia salvezza”, quello con cui mostrarmi al mondo. E quello che doveva essere un semplice escamotage per nascondere le occhiaie e i segni evidenti dei bagordi della notte precedente, è diventato lo strumento con il quale ho iniziato a mostrarmi alle persone. Sempre.

Una vera e propria dipendenza, la mia, della quale però ne ho avuto consapevolezza dopo 12 lunghi mesi. Ma non ero l’unica. Perché ormai tutte le persone che seguivo su Instagram, più o meno famose, avevano il mio stesso problema. Ma era davvero un problema?

Dalla consapevolezza di non sentirmi più a mio agio senza un filtro bellezza, ho cominciato a fare qualche ricerca sul web e ho scoperto che esiste la dismorfia da social. Ho scoperto anche che ci sono tantissime persone, soprattutto giovani, che si recano dal chirurgo plastico con la richiesta di trasformare la loro immagine in un filtro bellezza. Ho capito che non volevo esserne affetta, così ho cancellato tutti i filtri da Instagram e ho iniziato a mostrarmi in maniera naturale, con tutti i miei difetti.

Dismorfia da selfie

Si chiama dismorfia, ma si traduce in selfie o social dismorfia, perché è da questi che nasce. Avere un’identità digitale perfetta, oggi, conta più che mai, ma le conseguenze possono essere davvero disastrose, soprattutto per la nostra autostima.

Quello che doveva essere un semplice strumento goliardico, si è trasformato nel giro di qualche anno in una spasmodica ricerca di perfezione che avviene proprio attraverso i filtri bellezza.

Il confine tra il divertimento e l’ossessione, però, è stato ampiamente oltrepassato al punto tale che sempre più persone hanno iniziato a rivolgersi ai chirurgi plastici con l’obiettivo di assomigliare ai loro avatar digitale.

Dismorfia da selfie
Fonte: iStock
Dismorfia da selfie

Il caso Anika

Nel gennaio del 2019 Elle Hunt pubblicava sul The Guardian la storia della londinese Anika, conosciuta sul web come la regina degli “snap”. Appena ventenne, la ragazza, ha scoperto questa grande passione nei confronti di Snapchat creando, proprio su quel social network, la sua community. Ed è proprio per questa che è arrivata a scattarsi più di 25 selfie al giorno, tutti accompagnati da un filtro bellezza.

Ma la popolarità, certo, ha delle conseguenze e Anika stava per farci i conti. I suoi follower, infatti, hanno iniziato a chiedere a gran voce di incontrarla, ed è stato in quel momento che la giovane inglese si è resa conto di non essere pronta. L’ansia di apparire per quella che realmente era, e senza filtri, ha preso il sopravvento. Lei che si era sempre mostrata con il viso luminoso, le orecchie da gatto, e il naso più fino, come poteva presentarsi ai suoi follower con quel suo aspetto così reale?

Anika, allora, ha iniziato a contattare i medici chirurghi per somigliare ai suoi filtri. E non è stata di certo l’unica. Il fenomeno che vede le persone che richiedono procedure chirurgiche per assomigliare alla loro immagine digitale, è stato definito dal medico estetico Tijion Esho, come dismorfia da Snapchat. Non ci è voluto poi molto affinché il fenomeno si estendesse anche agli altri social network.

Non solo under 25

Così, mentre sui social network le influencer del movimento body positive incalzano gli utenti ad accettare il proprio corpo e tutti i difetti annessi, dall’altra un’importante fetta di popolazione si reca ogni giorno dai chirurghi con la richiesta di migliorare la propria immagine e trasformarla come il risultato di un filtro bellezza qualunque.

Protagonisti semi assoluti del fenomeno sono gli Under 25 (Ansa). Sarebbe loro, infatti, a scegliere consapevolmente di porre fine al disagio di vivere senza filtri, diventando gli avatar digitali di loro stessi. Ma non sono gli unici, s’intende. Perché l’ossessione della bellezza colpisce tutti quelli che non riescono ad accettare il loro corpo. Ma è sicuramente più preoccupante quando interessa i giovanissimi che ancora devono fare i conti con i cambiamenti naturali che interessano il loro aspetto.

Quali sono i rischi?

Accettarsi è il primo grande passo per amare se stessi. Non c’è nulla di male, quindi, nel ricorrere alla chirurgia o ai trattamenti estetici per migliorarsi. La questione, però, diventa allarmante quando si iniziano a voler cambiare i connotati per piacere agli altri. Quando apparire diventa più importante dell’essere, anche a discapito della propria identità.

Quello che accade con la dismorfia da selfie è bel lontano da una rinoplastica effettuata per correggere un’imperfezione del naso, per esempio, che ci fa sentire a disagio. In questi casi, infatti, si sceglie di cambiare i tratti del proprio volto per diventare più belli, ma soprattutto per essere riconoscibili e accettabili sui social.

E così i filtri bellezza, da semplici strumenti di divertimento, si trasformano in qualcosa di molto più pericoloso che induce alla credenza che essere belli sia sinonimo di successo. Ci portano a chiuderci in un isolamento virtuale in cui la nostra immagine modificata è l’unica che riusciamo ad accettare.

Da qui, al disturbo di dismorfismo, e all’insoddisfazione perenne del proprio aspetto, il passo è breve. Ecco perché dobbiamo conoscere il fenomeno. Ed evitarlo.

Dismorfia da selfie
Fonte: iStock
Dismorfia da selfie