Imperfetta e felice: perché l’errore favorisce il benessere

Essere impeccabili sembra un punto di forza, ma può diventare un'ossessione che alimenta ansia, insicurezza e paura di sbagliare

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Donatella Ruggeri

Psicologa

Psicologa, fondatrice di “Settimana del Cervello”. È una nomade digitale: lavora da remoto e lo fa viaggiando.

Pubblicato: 26 Marzo 2025 09:21

C’è una frase che sentiamo spesso: «Sono ossessionata dai dettagli». A volte è detta con orgoglio, altre come una battuta, ma quasi sempre nasconde una realtà diffusa: il perfezionismo è visto come una qualità, un marchio di serietà e affidabilità.

Sul lavoro, essere pignole e rigorose è spesso usato come un punto di forza nei colloqui o nei curriculum. Eppure, dietro questa apparente virtù, si cela una trappola psicologica: un’ansia costante di non essere abbastanza.

Da dove nasce questa esigenza di impeccabilità e perché ci aggrappiamo all’idea che solo la perfezione ci renda meritevoli?

Psicologia del perfezionismo

Dietro l’ossessione per la perfezione non c’è solo il desiderio di fare bene. Spesso c’è una storia più profonda, che affonda le radici nell’infanzia, nei primi legami e nel modo in cui abbiamo imparato a sentirci “abbastanza”.

Le teorie dell’attaccamento spiegano che le nostre prime esperienze con le figure di riferimento – solitamente i genitori – lasciano un’impronta profonda sul modo in cui ci relazioniamo a noi stesse e alle altre persone.

Se da bambine abbiamo ricevuto cure coerenti e affettuose, è più probabile che da adulte sviluppiamo un senso di sicurezza e valore personale che non dipende dai risultati. Ma se l’amore è arrivato in modo incostante, condizionato dalle nostre performance o accompagnato da critiche, allora potremmo aver imparato che per essere accettate dobbiamo dimostrare di valere qualcosa.

Chi ha vissuto un attaccamento evitante, ad esempio, potrebbe aver sviluppato la convinzione che mostrare fragilità sia pericoloso. Dall’altro lato, chi ha sperimentato un attaccamento ansioso potrebbe aver interiorizzato l’idea che ogni errore metta a rischio il proprio valore agli occhi delle altre persone.

Ma l’attaccamento non è l’unico fattore in gioco. Il perfezionismo si nutre anche di schemi cognitivi disfunzionali, quei piccoli inganni della mente che ci portano a vedere la realtà in modo distorto.

Alcuni tra i più comuni sono:

  • il pensiero tutto o niente: vedere le cose in bianco e nero, senza sfumature. “O faccio tutto alla perfezione o è un fallimento totale”;
  • catastrofizzazione: esagerare le conseguenze di un errore, come se un piccolo sbaglio potesse rovinare tutto. “Se sbaglio questa presentazione, la mia carriera è finita.”;
  • attenzione sui difetti: ignorare i successi e concentrarsi solo sugli aspetti negativi. “Ho ricevuto dieci complimenti e una critica, quindi il mio lavoro è pessimo.”

Perfezionismo e salute mentale: quando l’asticella è troppo alta

Più cerchi di essere perfetta, più cresce la paura di sbagliare. E quando la paura diventa troppo forte, inizi a rimandare, a bloccarti o a mettere così tanta pressione su te stessa da non riuscire più a goderti nulla.

Il perfezionismo è una trappola subdola: ha quest’aura di precisione e bellezza, sembra una perenne spinta a migliorarti e a raggiungere obiettivi ambiziosi. Ma presto ti accorgi che qualsiasi risultato non è mai abbastanza, che ogni successo raggiunto apre subito la strada a un nuovo traguardo, ancora più alto, ancora più faticoso.

A lungo andare, questa ricerca estenuante della perfezione può logorare la salute mentale.

Vivere con la sensazione di essere sempre “indietro”, come se non avessi mai fatto abbastanza, può aumentare il rischio di ansia e depressione.

Ogni errore diventa un segnale di inadeguatezza.

In alcuni casi, il bisogno ossessivo di controllo porta a sviluppare disturbi ossessivo-compulsivi, con rituali e schemi rigidi per evitare qualsiasi sbaglio. Nei casi più estremi, il perfezionismo si intreccia con i disturbi alimentari, trasformando il corpo in un campo di battaglia dove il rigore diventa sinonimo di valore personale.

Ma non è solo la tua salute a risentirne. Il perfezionismo pesa anche sulle relazioni. Se hai standard altissimi, è probabile che tu faccia fatica a delegare, che tu senta che nessuno possa fare le cose “nel modo giusto”, ovvero come le faresti tu.

Questo può renderti ipercritica non solo con te stessa ma anche con chi ti sta intorno; può creare tensioni nelle amicizie, in famiglia e sul lavoro.

Nelle relazioni di coppia, la paura di non essere abbastanza può diventare una barriera emotiva: se temi il giudizio o il rifiuto, potresti evitare di mostrarti davvero per ciò che sei e questo rende impossibile costruire un legame autentico.

E poi c’è la questione più profonda: il perfezionismo ti fa credere che il tuo valore dipenda dai tuoi risultati. Se fai bene, ti senti all’altezza; se sbagli, ti senti un fallimento. Questo porta a un’identità fragile che dipende costantemente dall’approvazione esterna.

Con il tempo, potresti perdere il contatto con ciò che vuoi davvero, con i tuoi desideri e bisogni autentici, perché tutto ruota attorno a ciò che dovresti essere anziché a ciò che sei veramente.

Ma esiste un’alternativa: abbracciare la vulnerabilità e riscoprire la libertà dell’imperfezione.

La vulnerabilità per la crescita personale

E se non fosse necessario essere perfette per sentirsi all’altezza? Se proprio quelle imperfezioni che cerchi di cancellare fossero, in realtà, la soluzione per una vita più autentica e libera?

Il perfezionismo ti spinge a nascondere le fragilità, a temere il giudizio, a costruire un’immagine di te stessa che sia sempre all’altezza delle aspettative.

Ma l’identità non si costruisce sulla perfezione, bensì sull’accettazione.

Non si tratta di rassegnarsi ai propri limiti, ma di riconoscere che sono proprio le sfumature, le particolarità, ciò che esce dagli schemi a renderti unica, a darti profondità, a permetterti di entrare davvero in connessione con le altre persone, nel tuo modo irripetibile.

Se ci pensi, non sono le persone impeccabili quelle che ti ispirano, ma quelle che, con i loro inciampi, il loro coraggio di mostrarsi vulnerabili, riescono a comunicarti qualcosa di vero.

La vulnerabilità è il collante che unisce – più che la perfezione! – e il ponte che permette di abbassare le difese e creare legami autentici tra le persone. Infatti, più cerchi di sembrare perfetta, più rischi di isolarti, di perdere il contatto con te stessa e con chi ti circonda.

Vedila così: ogni errore, ogni momento di incertezza è un’occasione per crescere, per scoprire nuove parti di te. La psicologia positiva lo dimostra: chi riesce a interpretare i propri fallimenti come parte del processo di apprendimento affronta meglio le difficoltà e sviluppa una maggiore capacità di adattamento.

Gli errori non sono il segnale che dovresti smettere o che non sei abbastanza, ma informazioni che ti aiutano a correggere il tiro, a capire cosa funziona per te e cosa no. Spesso, proprio dalle esperienze che avresti voluto evitare nascono le intuizioni più utili, le decisioni più consapevoli, i percorsi più autentici.

Il cambiamento non arriva quando raggiungi un ideale di perfezione, ma quando inizi a tollerare l’incertezza, a lasciarti spazio per provare, sbagliare e aggiustare il percorso senza sentirti in difetto.

Quando l’errore diventa possibilità

Diciamola tutta: l’idea che l’errore sia qualcosa da evitare a tutti i costi, oltre che inibire la tua autenticità, è uno dei più grandi ostacoli alla creatività.

Hai mai evitato di provare qualcosa di nuovo – un corso, un’attività, un cambiamento di lavoro – solo perché non eri sicura di riuscirci alla perfezione? Oppure ti è capitato di passare ore a scrivere e riscrivere un messaggio, una mail o un post per timore di non trovare le parole giuste?

La possibilità di rinnovarsi, crescere e scoprire nuove strade nasce proprio quando smetti di cercare la soluzione perfetta e inizi a sperimentare senza paura di sbagliare.

Se guardiamo oltre i nostri confini, in molte culture esiste un profondo rispetto per l’imperfezione, che viene vista addirittura come una forma di bellezza.

Il concetto giapponese di Wabi-Sabi, ad esempio, celebra l’incompleto, l’irregolare, il segno del tempo che passa. Un vaso riparato con la tecnica del Kintsugi, dove le crepe vengono evidenziate con oro anziché nascoste, non è meno prezioso di uno perfetto, anzi: porta con sé una storia, una forma di unicità.

Lo stesso vale per la vita: ciò che ti rende speciale è il modo in cui accogli ciò che accade e trovi un nuovo equilibrio.

Se temi di sbagliare, finirai per restare ferma, ripetendo schemi sicuri senza mai davvero esplorare il tuo potenziale. La felicità spesso arriva quando abbassi la guardia e ti concedi di vivere senza pretendere il controllo su tutto.

Quindi, anziché giudicare ogni scelta con il metro della perfezione, inizia a vederla come un passaggio necessario, un’opportunità per imparare qualcosa di nuovo.

Un suggerimento: la prossima volta che senti l’ansia del dover fare tutto nel modo giusto, chiediti: «E se provassi comunque? E se lasciassi spazio alla possibilità di sorprendermi?»

Consigli pratici per liberarsi del perfezionismo

Come si può evadere dalla gabbia del perfezionismo?

Un buon punto di partenza è ridurre la pressione sul risultato e concentrarti sul processo.

Se un’attività ti incuriosisce, concediti di provarla senza l’aspettativa di dover essere subito brava.

Vuoi iscriverti a un corso di yoga, ma temi di non essere abbastanza flessibile? Fallo comunque, con l’idea di divertirti e sperimentare, non di dimostrare qualcosa. Hai voglia di scrivere un post o di inviare una candidatura ma ti blocchi a perfezionare ogni parola? Metti un timer di 10 minuti e scrivi senza correggerti, poi invia senza pensarci più.

Un altro esercizio utile è normalizzare l’errore.

Ogni sera, prima di andare a dormire, prova a scrivere tre cose che hai fatto anche se non erano perfette. Magari hai cucinato una nuova ricetta ed è venuta diversa da come te la immaginavi, ma l’hai comunque assaporata. Forse hai detto qualcosa in una conversazione che avresti potuto formulare meglio, ma il messaggio è passato lo stesso.

Questo allenamento ti aiuta a vedere che la vita non crolla quando qualcosa non è eseguito alla perfezione e che c’è un valore anche nell’imperfezione.

Infine, prova a fare qualcosa di “imperfetto” di proposito.

Scrivi un messaggio senza rileggerlo tre volte. Disegna qualcosa sapendo che non sarà un capolavoro. Indossa un abbinamento che di solito eviteresti perché “non è perfetto”.

Ti accorgerai che il mondo non si ferma, che nessuno si aspetta davvero da te la perfezione assoluta e, soprattutto, che concederti di sbagliare rende tutto più leggero – e divertente.