Le affinità elettive esistono davvero?

Goethe parlava di affinità elettive per spiegare quella connessione, con l'altro, che va oltre la ragione

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Alludendo esplicitamente all’esistenza di magiche e misteriose corrispondenze tra fenomeni fisici e comportamenti sociali Goethe ha insinuato in tutti noi quel dubbio sulla veridicità di quella che spesso chiamiamo attrazione fatale, chimica o colpo di fulmine. Lui, quelle percezioni, le ha definite affinità elettive, in quel suo omonimo romanzo che, ancora oggi, resta un capolavoro, nonché oggetto di discussione tra le persone.

Si dà atto a tali esseri di una sorta di volontà e capacità di scelta, e si trova del tutto legittimo un termine tecnico come “Affinità elettive”.

Cosa sono le affinità elettive?

Legami speciali, incontri destinati a stravolgere la vita delle parti coinvolte e poi, ancora, relazioni ai limiti della perfezione, sintonia e attrazione spiegabile: queste sono le affinità elettive, quelle di cui parlava Goethe, quelle di cui parliamo noi, oggi, tutte le volte che proviamo a dare un senso a quei rapporti che nascono e si evolvono in maniere indite e straordinarie.

Secondo l’autore, infatti, nonostante i numerosi incontri e scontri che facciamo durante la nostra vita ce ne sono alcuni che sono speciali, diversi, predestinati. Quelli con persone che, senza una spiegazione logica e razionale, si incastrano perfettamente col nostro essere. Un po’ come l’anima gemella, introdotta da Platone nel suo Simposio.

Romantico, poetico e bellissimo. Ma quanto è reale la teoria delle affinità elettive? Senza andare ad addentrarci nella filosofia o nella scienza, basta guardare alle nostre esperienze personali per renderci conto che sì, tutti abbiamo avuto una spinta verso qualcuno in maniera unica e irripetibile. Tutti abbiamo incontrato quella persona, forse l’unica, capace di comprenderci e rassicurarci, di completarci in qualche modo. Quella con la quale, indipendentemente dal legame, si è instaurato una sintonia e una connessione così profonda da rivelarsi indistruttibile.

E magari non è successo con quell’amico di sempre o con un partner affidabile no, ma con un perfetto sconosciuto. Con una persona che senza alcuna spiegazione logica e senza alcun preciso criterio, è entrata nella nostra vita incastrandosi perfettamente con tutto quello che siamo. È questa l’affinità l’elettiva? E cosa accade quando questa sensazione si insinua nel cuore e nella pelle?

Ci si attrae per “affinità”

Secondo Goethe, quando viviamo una situazione simile, in noi si replica quel fenomeno scientifico conosciuto come affinità chimica: alcuni elementi si legano con delle sostanze a discapito delle altre. E questo avviene perché il composto di partenza trova un’affinità maggiore con la nuova specie chimica rispetto all’affinità che aveva con il precedente componente.

Secondo lo scrittore tedesco, ancora, esiste una forza più grande di noi alla quale, nonostante gli sforzi, opporsi è impossibile. La ragione viene meno perché pare che questa forza abbia più potere di ogni scelta consapevole.

Ed è qui che entrano in dubbio le domande, senza risposta, delle persone: esiste davvero l’affinità elettiva o è solo un paracadute per giustificare un’attrazione fatale o quell’impulso che ci spinge verso una persona che non è quella giusta per noi? Che dire però di chi ha abbracciato lo sguardo di quello sconosciuto, e in quello si è perso, fino a innamorarsi?

I più romantici potrebbero trovare nelle affinità elettive la spiegazione al colpo di fulmine. Che è vero, molto spesso si rivela in fuoco di paglia ma a volte diventa un grande amore. In effetti non siamo proprio come gli elementi che si incontrano in natura? Ci leghiamo, ci lasciamo per poi riunirci ad altri e poi, di nuovo allontanarci.

Alcuni si incontrano come amici e vecchi conoscenti che subito si uniscono e si accordano senza mutarsi reciprocamente in nulla, così come si mischiano l’acqua e il vino. Altri invece restano estranei uno accanto all’altro e non si congiungono neppure quando siano mescolati e strofinati meccanicamente; così come l’olio e l’acqua che, agitati assieme, tornano immediatamente a separarsi.[…] Chiamiamo affini quelle nature che incontrandosi subito si compenetrano e si determinano reciprocamente. Questa affinità è piuttosto evidente negli alcali e negli acidi, che sebbene siano opposti gli uni agli altri, o forse proprio per questo, si cercano e si compenetrano nel modo più netto, si modificano e, insieme, formano un nuovo corpo.

E forse Goethe aveva ragione: siamo attratti, inevitabilmente, da alcune persone e poi, di nuovo da altre. E questo giustificherebbe la fine di quelle relazioni apparentemente perfette che però giungono al capolinea lentamente, senza neanche rendersene conto. Così come spiegherebbe la nascita di nuovi amori, quelli sui quali non avremmo scommesso mai, quelli che arrivano “come per fortuna” e che ci sembrano siano sempre stati lì, ad attenderci.

E lo stesso principio è applicabile all’amicizia: conosciamo persone da una vita e per circostanze diverse le frequentiamo, salvo poi considerare amico qualcuno che magari è entrato nella nostra vita all’improvviso. E non è chimica questa? O fortuna come preferiscono chiamarla gli scaramantici o, ancora, destino per i più romantici. Alla fine, però, quello che conta è scontrarsi con chi sceglie di restare.